Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/08/2013
La possibilità
d’un intervento militare della comunità internazionale in Siria non è mai stata
così vicina come in queste ore, dopo il cruento attacco con armi chimiche di
mercoledì scorso, che neppure il regime di Damasco e l’Iran suo alleato ormai
negano, attribuendone la responsabilità, però, a elementi dell’opposizione e
chiamando in causa Berlino, Riad e Doha.
Ieri, alla Casa
Bianca, c’è stato un consulto di crisi convocato dal presidente Barack Obama,
presenti i consiglieri per la sicurezza nazionale: una riunione interlocutoria,
al termine della quale “tutte le opzioni restano in tavola”, mentre
l'intelligence sta ancora valutando fatti e prove.
Prende corpo
l’ipotesi di un intervento “tipo Kosovo 1999”, mentre i partner europei degli
Usa hanno pareri contraddittori: la Germania è recisamente contraria a passare
all'azione, la Francia, certa del “massacro chimico”, giudica una reazione “necessaria”.
Medici senza Frontiere testimoniano di avere assistito a 355 decessi in Siria
con sintomi neurotossici.
"Abbiamo una vasta gamma di opzioni
disponibili, che stiamo valutando in modo ponderato”, dice a Washington una
fonte dell’Amministrazione. Per il presidente, è giunto “il momento delle
scelte”, anche se, fino a venerdì, pareva escluso un intervento militare senza
un chiaro mandato dell’Onu. E gli ispettori delle Nazioni Unite devono ancora
riferire le loro conclusioni sulla strage chimica, mentre il conflitto continua
a fare vittime: ieri, 54 morti in un bombardamento ad Aleppo.
A illustrare a
Obama le opzioni militari è stato il generale Martin Dempsey, capo di Stato
Maggiore delle Forze armate. Per la Cbs, Dempsey non cela le proprie perplessità
su un eventuale intervento, che potrebbe essere dal cielo e/o dal mare, non sul
terreno: il generale pensa che sostenere i ribelli, fra cui operano elementi
integralisti e terroristi, non tuteli gli interessi americani.
E c’è pure il
rischio che un intervento militare possa avere conseguenze non volute'', come
destabilizzare i paesi vicini –in Libano, la tensione resta altissima, con al
Qaida contro gli Hezbollah- e ingigantire i flussi di profughi.
Gli Stati Uniti
hanno comunque già rinforzato la presenza nel Mediterraneo, con la nave da
guerra USS Mahan. La marina non ha tuttavia ricevuto l’ordine di prepararsi a
intervenire. In viaggio verso la Malaysia, il segretario alla Difesa Chuck
Hagel ha spiegato che le forze devono essere pronte ad attuare le decisioni del
presidente, quali che esse siano.
Ad evocare il
precedente della guerra della Nato in Kosovo, solo aerea, è il NYT: sarebbe un piano ''per un'azione
senza mandato dell’Onu'', dove un veto di Mosca è scontato. Il Kosovo offre
spunti di similarità evidenti: i legami tra Russia e Serbia –come tra Russia e
Siria- e le molte vittime civili. I 78 giorni di incursioni aeree non causarono
perdite alleate.
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