Per settimane, è stato l’uomo più presente sui media egiziani e più
intervistato da quelli esteri, tanto che i critici gli contestavano un ritorno
al culto della personalità “come ai tempi d’Hosni Mubarak”, il ‘faraone’
deposto nel 2011.
Ma dopo che è scattata la repressione della protesta dei Fratelli musulmani
contro la deposizione ‘manu militari’ del presidente eletto Mohamed Morsi, il
generale Abdel Fattah al-Sissi è quasi sparito dalle cronache. Così come
l’esercito non è stato coinvolto nei massacri, compiuti dalle forze di
sicurezza del Ministero dell’Interno.
Al-Sisi è ricomparso ieri, dando ordine al Genio militare di ricostruire la
moschea e la chiesa copta distrutte negli incidenti: un gesto di
riconciliazione, nella carneficina.
Nato al Cairo il 19 novembre 1954, il generale al-Sisi, laureatosi
nell'Accademia militare egiziana nel 1967, ha fatto la sua gavetta nella
fanteria meccanizzata, senza mai combattere in conflitti. Sotto il regime di
Mubarak, fu capo dell'intelligence e della sicurezza al Ministero della Difesa,
addetto militare in Arabia Saudita, capo di Stato Maggiore e comandante della regione
settentrionale militare, di stanza ad Alessandria, fino a divenire direttore
dell'Intelligence militare.
Durante il periodo di transizione dal regime di Mubarak alla elezione di Morsi,
il generale al-Sissi, visto da molti come l’uomo dei Fratelli nell’Esercito, è stato
il più giovane membro del Consiglio supremo delle Forze armate egiziane. Dopo
l'insediamento alla presidenza della Repubblica, Morsi, l’anno scorso, lo
chiamò al Ministero della Difesa e lo volle a capo delle Forze armate, dopo
avere mandato a casa tutti i più anziani capi militari, legati a Mubarak,
compreso il presidente ad interim Mohamed Hussein Tantawi.
Vice-premier, ministro, capo delle Forze armate, è stato proprio il
generale al-Sissi ad annunciare il 3 luglio la deposizione di Morsi e la
sospensione della Costituzione. Un mese dopo, intervistato dal Washington Post,
il nuovo ‘uomo forte’ egiziano negava di volersi candidare alla presidenza:
“Non aspiro al potere”. Ma con lui gli americani mantengono il dialogo,
sperando di pescare il jolly della stabilità.
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