Scritto per Il Fatto Quotidiano del 22/08/2013
La
risposta dell’Ue al dramma dell’Egitto è da minimo sindacale. L’Europa blocca le forniture d’armi al nuovo regime, ma i singoli Paesi
decideranno ciascuno per conto proprio come e quando procedere all'embargo. E
l’Ue non chiude il rubinetto degli aiuti, anche se, naturalmente, s’impegna e
elaborare un nuovo approccio al mondo arabo: tempi lunghi, mentre la tragedia
incombe.
Catherine Ashton, l’impalpabile
‘ministro degli esteri’ europeo, esprime la forte condanna di “tutti gli atti
di violenza" e denuncia come “sproporzionate” le azioni del regime. I
Ventotto – afferma - "sono d'accordo a sospendere le licenze di
esportazione di qualsiasi equipaggiamento che possa essere utilizzato per la
repressione e a rivedere la loro assistenza al settore della sicurezza
egiziano".
I ministri degli Esteri dei 28 si
riuniscono a Bruxelles mentre dal Cairo arrivano notizie paradossali: agli
arresti, c’è il presidente democraticamente eletto Morsi; e a giudizio,
addirittura per tradimento, finisce l’ex vice-premier El Baradei, un amico
dell’Occidente fattosi da parte dopo le stragi della scorsa settimana; mentre
sta per uscire di prigione il ‘faraone’ Mubarak, il cui rovesciamento nel 2011
aveva segnato il culmine delle Primavere arabe.
Le sanzioni di natura economica non
scattano perché, viene spiegato, l’Ue dal 2012 non dà più sussidi all’Egitto in
modo diretto e vuole continuare a finanziare "il settore socioeconomico e
la società civile", riservandosi "aggiustamenti" in linea con
l'evolversi della situazione. Ma il segno
che i 28 non sono uniti è che non c’è intesa neppure sulle indicazioni da dare
ai turisti in partenza per l’Egitto: fonti italiane parlano della necessità
“d’una riflessione di natura giuridico-legale”.
La sostanza è che l'Ue non vuole
precludersi il dialogo con l'Egitto del generale al-Sisi, in attesa, magari, di
capire come evolvono i rapporti di forza nel Paese arabo e nel Mondo musulmano;
ee anche per evitare di vedere la propria influenza, già modesta, azzerata, a
favore in particolare dell’Arabia saudita.
Emma Bonino, fautrice del blocco
delle forniture d’armi –già attuato dall’Italia-, afferma che l’Ue non ha a disposizione "la leva
economica” e vuole che “i canali di dialogo restino aperti", in vista
"di un riposizionamento e di un ripensamento" europei
“indispensabili”, "alla luce dello scontro nella famiglia sunnita, che si
aggiunge agli scontri tra sciiti e sunniti".
Per il ministro italiano, bisogna
premere sul Cairo perché il regime rispetti i diritti civili. L'inchiesta sui
massacri contro i Fratelli musulmani "va fatta con organismi
internazionali", mentre le accuse ad el Baradei sono "poco
motivate" e frutto di una "ritorsione". "Bisognerebbe
basarsi sullo stato di diritto e sulle leggi, ovunque nel mondo: in Italia e
altrove", dice e ribadisce la
Bonino.
Sul dibattito egiziano s’è innestata, ieri a Bruxelles, la denuncia d’un nuovo episodio d’utilizzo d’armi chimiche da parte del regime siriano contro civili inermi: l’Ue, come gli Usa, condannano l’uso delle armi chimiche, ma attendono l’esito dell’inchiesta dell’Onu in corso per pronunciarsi.
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