Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 09/06/2015
Se abbiano avuto torto, come vuole la saggezza popolare,
o ragione, è difficile stabilirlo a caldo. Ma di certo al Castello di Elmau, nelle
Alpi bavaresi, i Grandi di un Mondo che fu hanno soprattutto parlato degli
assenti: anatema sul Califfo, sanzioni a Putin, mille dubbi per il premier
greco Tsipras e il presidente turco Erdogan. E, alla fine, più sorrisi che
decisioni, a sancire la diplomatica ritualità sostanzialmente inutile di questi
consessi, ormai poco rappresentativi degli equilibri mondiali: il G8 vale già
poco; se poi pensi di risolvere la crisi ucraina estromettendone la Russia e
tornando al G7, vale ancora meno.
Sulla melassa del Vertice, il premier Renzi poteva trovarsi
a proprio agio. Le immagini lo mostrano impegnato a conquistarsi l’attenzione
del presidente Obama e della signora Lagarde e a mascherare talora l’imbarazzo
con una risata. La palma del disagio gliela leva Hollande, giacca troppo
stretta e pantaloni troppo corti. Ma i risultati sono scarsi: sulla Libia, non si
muove foglia, al punto che Renzi ammette che “serve un accordo” fra le parti e
che “la risoluzione dell’Onu non basta”; e sull’accoglienza ai migranti, che ne
è il corollario in chiave europea, il premier viene ‘gambizzato’ dai nordici -no,
non i finlandesi e compagnia bella; quelli nostrani, leghisti e apparentati. Negando
la solidarietà alle regioni del Sud fanno un assist ai Paesi europei reticenti
a quote e ripartizioni.
Ucraina,
sanzioni e basta – Una tavola su cui fare snowboard fra i
Grandi a Renzi la offre Putin, che sembra scegliere l’Italia come interlocutore
privilegiato. L’ultimo occidentale a Mosca prima del G7 è il ministro degli
Esteri Gentiloni, il giorno della ritorsione russa alle sanzioni diplomatiche
occidentali, quelle per cui determinati personaggi russi o ucraini filo-russi
non possono venire nell’Ue o andare negli Usa. E, appena finito il Vertice, Putin
sarà in Italia, all’Expo per la giornata della Russia, e a Roma, al Quirinale,
a Palazzo Chigi, ma anche a Palazzo Grazioli (e, ovviamente, da Papa
Francesco).
Ma, come cuscinetto, Renzi non funziona (e neppure ci
prova). A Elmau, con Putin sono tutti duri:. Obama lo accusa di rivolere l’Urss
e i suoi fasti imperiali. Li divide pure la lite sul calcio: la Russia
difendere Blatter, che le ha dato i Mondiali; l’America lo indaga, perché
glieli ha tolti.
Is
e Libia, parole e basta – Sulla guerra contro il Califfato e
la situazione in Libia, dove più l’Onu annuncia l’accordo tra le parti
imminente più gli jihadisti avanzano, il G7 non dice nulla di nuovo:
l’Occidente non è pronto a un cambio di strategia tra Iraq e Siria –Obama dice
che l’addestramento degli iracheni è “incompleto”, ma assicura che “cacceremo gli
Jihadisti dall’Iraq e li batteremo”- e non è pronto a intervenire in Libia,
neppure se l’Italia volesse prendersi la guida d’una missione. L’Onu, i barconi
non ce li ferma e neppure ce li lascia fermare: con gli arrivi dei migranti,
noi europei dobbiamo convivere.
L’esito del voto in Turchia evidenzia la fragilità
politica di quello che una volta era il bastione sud dell’Alleanza Atlantica e che
oggi è il perno nord della coalizione anti-Califfo e anti-Assad. Fra i Grandi,
Erdogan non è popolare. E la prospettiva di fermenti tra islamismo, nazionalismo,
autonomismo accresce la nostalgia di una Turchia laica e stabile nella sua
alternanza.
Grecia,
l’ombra sulla ripresa - La Grecia, troppo piccola per esserci
fra i Grandi, getta un’ombra di dubbio sulla ripresa dell’economia: “Se Atene
va in bancarotta, si torna indietro alla crisi?”. Tutti rispondono “no”,
perché, tanto per cominciare, Atene non andrà in bancarotta. Non è il G7 il
luogo dove discuterne: qui, Obama fa l’elogio della crescita e Renzi gli va in
scia, “non come altri” -ma perché?, qualcuno è contro la ripresa?-; e tutti
giurano che il Ttip sarà chiuso entro l’anno, sapendo di mentire. Da domani, a
Tsipras ci dovrà pensare nonno Jean-Claude, spalleggiato dalla coppia di zii,
François e Angela.
L’accordo
sul clima - Ah, dimenticavamo. C’è stato l’accordo sul clima,
che gli ambientalisti non promuovono. Adesso pare che i cattivi del Mondo verde
siano solo Cina e India. Ma chissà quanti dei Grandi saranno coerenti con le
parole di oggi a dicembre, quando la conferenza di Parigi dovrà davvero
prendere decisioni e trasformare le affermazioni di principio in impegni
concreti. I Sette ne riparleranno fra un anno a Shima in Giappone. Magari, nel
frattempo, saranno tornati a essere Otto.
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