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domenica 21 giugno 2015

Usa: Obama non disarma l'America, nè ammaina la bandiera dell'odio

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 21/06/2015

Neppure dopo i morti di Charleston, gli americani depongono le armi e ammainano la bandiera dell’odio raziale, quella che Barack Obama vorrebbe riposta nei musei: la bandiera confederata evoca la Guerra di Secessione, Nord contro Sud, abolizionisti contro schiavisti, Lincoln contro Lee. Al Sud, ma non solo, è ancora spesso esibita, sempre abbinata alle note di Dixie, inno non ufficiale della Confederazione. Una bandiera che, fino a venerdì, sventolava sul Parlamento e il Governo della South Carolina, a Columbia, la capitale, nonostante il massacro mercoledì di 9 afroamericani nella storica 'Black Church' della vicina Charleston, mentre le bandiera a stelle e strisce e statale erano a mezz'asta.

Le famiglie delle vittime e le comunità dei neri attraverso l’Unione hanno percepito quello sventolio come “un insulto”. La bandiera confederata, adottata nel 1861 dagli Stati del Sud che volevano staccarsi dal Nord (tra essi, la South Carolina), è tuttora un simbolo per chi crede nella supremazia dei bianchi. E alcuni Stati del Sud ne conservano l’immagine nella loro bandiera o la innalzano ufficialmente per onorare quanti combatterono nella Guerra Civile.

Un clima ‘culturale’ che ha esaltato Dylann Roof, 21 anni, il killer di Charleston che voleva innescare proprio una Guerra Civile: su un suo sito, creato a febbraio, un 'proclama’ della supremazia bianca e decine di foto, con le armi in pugno oppure nei luoghi delle sconfitte confederate.

Fatti che testimoniano come l’America di Obama fatichi a superare i suoi pregiudizi razziali. Anzi, Le Monde rileva che il primo nero alla Casa Bianca non solo non ha attenuato le tensioni razziali, ma, per il solo fatto di essere stato eletto, le ha acuite. Così, c’è stata una scia di morti e di violenze a sfondo razziale, negli ultimi 18 mesi, senza precedenti da anni: neri inermi e per lo più giovani uccisi dalla polizia da New York al Texas, dalla Florida al Missouri.

‘Disarmato’ contro il razzismo, il presidente non è neppure riuscito a smuovere la politica e la gente sulla limitazione delle armi: il diritto a possederle si basa sul II emendamento della Costituzione, che risale addirittura al 1981, ai tempi della Guerra d’Indipendenza. Dopo numerose sentenze talora contraddittorie, nel luglio 2008 la Corte Suprema ha riaffermato tale diritto, attribuendogli un’importanza confrontabile con il diritto di voto e la libertà di espressione, bocciando una legge del Distretto di Columbia, dove sorge Washington, che vietava ai residenti il possesso.

Le regole variano da Stato a Stato e, in genere, nel Sud e nel West sono più lasse che nel Nord-Est. Non è una battuta dire che può essere più facile per un giovane acquistare una pistola che ordinare una birra al bar.

Dopo il massacro di Charleston –nove neri uccisi dal giovane supremazista bianco-, Obama dice: “Sul controllo delle armi, dobbiamo smuovere l’opinione pubblica”, ricordando che se la riforma che lui aveva in mente fosse stata adottata le stragi sarebbero meno frequenti. Il presidente non cede all’idea che Charleston sia “la nuova normalità” e crede che gli americani faranno “la cosa giusta”.

I sondaggi gli danno torto, anche se armi se ne vendono di meno. La Colt, la cui pistola è un’icona del Far West, ha appena chiesto la bancarotta controllata, sommersa dai debiti dopo 179 anni d’attività, e s’è messa in vendita. A gravare sui bilanci, più che le minori vendite ai privati, sono però state mancate commesse federali.

Difeso dalla lobby della National Rifles Association, il diritto al possesso delle armi è radicato nell’opinione pubblica. Il sito FiveThirtyEight scrive che il massacro di Charleston non avrà impatto: i repubblicani non ne vogliono sentire parlare, molti democratici sono contrari o tiepidi. Secondo i sondaggi, il sostegno anti-armi è addirittura andato calando negli ultimi 25 anni. Episodi come le stragi nel liceo di Columbine (Colorado) nel 1998 e nella scuola di Newtown (Connecticut) nel 2012 hanno provocato picchi d’indignazione e di preoccupazione di breve durata, perché dopo due a tre settimane l’attenzione si riassorbe. Fino alla strage successiva.

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