Scritto per Il Fatto Quotidiano del 18/06/2015
“Costruite dei ponti, non dei muri”, chiedeva domenica ai boyscout cattolici in piazza San Pietro Papa Francesco. Eccolo servito: l’Ungheria annuncia la costruzione d’una barriera alta quattro metri e lunga 175 chilometri al confine con la Serbia, per bloccare il flusso di clandestini. Come se l’Europa, proprio quella parte d’Europa, non ne avesse avuto abbastanza di cortine e di muri.
Ma il Papa non demorde e, nell’udienza del mercoledì, ieri, invita tutti a pregare “perché le persone e le istituzioni che respingono questi nostri fratelli migranti chiedano perdono", anticipando i temi della Giornata mondiale del rifugiato, indetta per sabato dall'Onu. Parole che gli costano la perdita di una pecorella già smarrita: Matteo Salvini replica da Radio Padania, "Noi non abbiamo bisogno di essere perdonati - afferma -. Il Papa dice che chi chiude la porta ai rifugiati chieda perdono ... Ma quanti ce ne sono in Vaticano di rifugiati?".
Si scatena una ridda di reazioni. Tanti stanno con il Papa. Qualcuno sta con Salvini. Il ministro dell’Interno Angelino Alfano s’inventa una terza via: dopo l’incontro con gli Amministratori locali, che non va proprio bene, twitta un lapidario “bisogna smantellare i campi rom” che non c’entra nulla con l’emergenza immigrazione, ma che fa tanto rincorsa populista. E la giornata aveva già visto uno scivolone di sapore razzista di Beppe Grillo: un “Roma sommersa da topi e clandestini” poi rettificato sul blog.
Il muro anti-migranti ungherese non è una trovata originale: ce n’è uno nel triangolo tra Bulgaria, Grecia e Turchia, dove si incrociano tre etnie storicamente diffidenti – ed è un eufemismo - l’una con l’altra. E c’è quello, per lunghi tratti ‘naturale’ - il Rio Bravo - e per altri tecnologico, tra Usa e Messico dal Texas all’Arizona. Il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto spiega che, mentre l'Europa discute, "l'Ungheria non può più aspettare". In realtà, noi avevamo capito che stesse discutendo di accoglienza e di redistribuzione, ma ungheresi e altri non condividono l’approccio.
L’imbarbarimento dei toni in Italia e la radicalizzazione delle decisioni nell’Europa dell’Est fanno contrasto con la relativa distensione del dibattito europeo: c’è persino un’iniziativa congiunta d’Italia, Francia e Germania presso la Commissione europea “per uno sforzo ulteriore”, afferma il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, che non esclude un accordo a luglio.
In visita all’Expo, il premier britannico David Cameron incontra Matteo Renzi e s’impegna a dare gente e mezzi per l’emergenza in Sicilia. Attenzione!, però: la Gran Bretagna, con Irlanda e Danimarca, è uno dei tre Paesi che si sono legittimamente chiamati fuori dal dibattito sulle quote, invocando una clausola del Trattato di Lisbona. In Danimarca, oggi si elegge il Parlamento: il tema dell’immigrazione si profila determinante nelle scelte degli elettori, col centro-sinistra al potere che rincorre il centro-destra, in vantaggio nei sondaggi, sul terreno del populismo.
In Francia, il governo annuncia un piano per creare 10.500 nuovi posti letti per accogliere rifugiati e richiedenti asilo. Il ministro dell'Interno Bernard Cazeneuve studia come velocizzare le procedure per i richiedenti asilo –in Italia, ci vogliono mesi -, ma insiste sul pugno duro contro gli immigrati non in regola.
E, in effetti, a Ventimiglia l'atteggiamento delle Autorità francesi non cambia. Per il quinto giorno consecutivo, sugli scogli dei Balzi Rossi, nella zona di Ponte San Ludovico, decine di migranti restano fermi nei pressi del confine, in attesa di trovare il modo d’entrare in Francia.
L’assistenza dei volontari e la generosità della gente tamponano la drammaticità della situazione. E la Crose Rossa ridimensiona l’allarme scabbia. Anche se l’imminenza del Ramadan crea altri timori per l’impatto del digiuno su persone già debilitate.
La Camera vota una risoluzione: tutti o quasi d’accordo su “equa ripartizione e risolvere il problema a monte”. Ma il dialogo tra il Governo e le Regioni resta difficile. Il governatore della Lombardia Roberto Maroni snobba Alfano (“Ci convochi Palazzo Chigi”); quello del Veneto Luca Zaia vede Alfano e sostiene che il Veneto è al collasso e non ha più posto: "Di questo passo, dovremo optare per le tendopoli, ma non è un fatto di civiltà ospitare uomini, donne e bambini sotto le tende". Se è per questo, neppure lasciarli senza assistenza, o respingerli senza accertarne il diritto a restare.
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