Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 06/06/2015
Cristiano caldeo, era
l’uomo del dialogo del regime di Saddam Hussein con l’Occidente e la Chiesa. Un
dialogo che però non riuscì mai a tradurre in risultati quando ce n’era davvero
bisogno: ministro degli Esteri dal 1983 al ‘91, vice-premier fino al 2003, la
sua diplomazia, pur intrisa di raffinatezze arabe e vaticane, non sventò la
Guerra del Golfo nel 1991 –era oggettivamente difficile, con l’Onu e gli arabi
contro-, non attenuò le successive sanzioni, non evitò l’invasione dell’Iraq
nel 2003.
Tareq Aziz è morto ieri in un ospedale di
Nassiriya: aveva 79 anni, da 12 era in carcere, dall’aprile del 2003, quando si
consegnò agli americani poco dopo la caduta di Baghdad, sperando di restare
loro prigioniero e di divenire loro interlocutore. Non fu così, ma l’errore lo
fece pure Washington, che lo consegnò agli
iracheni.
Condannato
a 15 anni nel 2009 per l’esecuzione di 42 commercianti condannati per
speculazione, fu poi condannato a morte nel
2010 per ‘crimini contro l’umanità’, per il suo ruolo nell'eliminazione di
oppositori sciiti. La pena venne sospesa, grazie a
una forte mobilitazione internazionale – si mossero il Vaticano e l'Ue, Marco
Pannella inscenò un suo sciopero della fame-.
Nel 2012, il ministero della
Giustizia di Baghdad ammise che l'anziano ex vice premier, sofferente di cuore,
era ormai costretto su una sedia a rotelle. Ma l’Iraq respinse le istanze di
scarcerazione. Secondo al Jazira, a
stroncarlo è stato un infarto: dopo l’attacco cardiaco, Aziz è stato portato in
ospedale, dov’è deceduto.
Mikhail Yuhanna –questo il suo vero nome-,
era nato il 28 aprile 1936 vicino a Mosul, seconda città del Paese, ora nelle
mani del Califfo. Unico cristiano nel gruppo di potere laico e sunnita del
Baath, divenne il volto ‘presentabile’ e il portavoce del regime sui media
occidentali: intesseva dialoghi, conduceva trattative, gettava ponti che
raramente raggiungevano l’altra sponda.
'Alter ego’ umano del feroce Saddam, Tareq
Aziz era laureato in lingua e letteratura inglese; ed era stato giornalista. Per
la sua imperturbabilità, per la fedeltà al regime anche a scapito della verità
(come quando cercò d’addossare agli iraniani l’uso dei gas contro i curdi), per
la grande conoscenza dei meccanismi diplomatici venne definito il 'Gromiko di
Bagdad'.
Nel maggio 1998, Tareq Aziz venne a Roma,
dove era già stato nel 1994 e nel ‘95: vide il premier Prodi e il ministro
degli Esteri Dini, fu ricevuto dal Papa. Ebbi con lui un’intervista faccia a
faccia in ambasciata alla Camilluccia: “Chiederò alla Santa Sede –disse,
anticipando il discorso che avrebbe fatto a Giovanni Paolo II- di essere più
attiva nell’appoggiare la nostra richiesta di ritiro delle sanzioni”. E invitò
l’Italia a tornare a essere “uno dei partner principali dell’Iraq, perché non
abbiamo rivalità e non abbiamo sanzioni”. Fu un’altra missione a vuoto.
Un mese prima dell’invasione,
il 15 febbraio 2003, dopo tre giorni di incontri diplomatici in Italia, Tarqe
Aziz andò ad Assisi, città della Pace, e a Santa Maria degli Angeli recitò il
Padre Nostro insieme ai frati nella Porziuncola, ascoltò una lettura del Santo
fatta da un frate americano. Poi,
salì al Sacro Convento, pregò davanti alla tomba di San Francesco, nella
basilica inferiore. Aveva ragione quando
disse all’allora vescovo di Assisi, monsignor Sergio Goretti, che Bush
era “un prepotente”, forse ne aveva meno quando descrisse Saddam come “un padre
per il suo popolo”.
La diplomazia vaticana,
dopo quella sua missione, si mobilitò, per sventare il conflitto: il Papa mandò
da Bush il cardinale Laghi, ma non servì. Quell’America voleva la guerra e la
ebbe; e, oggi, l’Iraq probabilmente rimpiange, se non Saddam Hussein, di sicuro
una figura come Tareq Aziz.
Che non
fosse uno dei ‘cattivi’ del regime, lo sapevano anche gli americani. Nel mazzo
di carte distribuito per indicare i ricercati di primo piano del deposto
regime, subito dopo l’abbattimento delle statue a Baghdad il 9 aprile, lui era
solo un fante di picche. Gli assi e i re
erano altri: il re di fiori, Al Douri, sarebbe stato recentemente ucciso mentre
combatteva per il Califfo.
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