Scritto per Il Fatto Quotidiano del 26/06/2015
Una soluzione “rivoluzionaria”. Federica Mogherini non ha paura delle
parole, o forse non le misura, quando tratteggia le conclusioni del Vertice dell’Ue
sull’immigrazione: “Una soluzione non perfetta – riconosce -, ma comunque
rivoluzionaria nell’accogliere il principio di solidarietà". E poco
importa che, pochi minuti prima, nello stesso luogo, il presidente
dell’incontro, il polacco Donald Tusk, abbia detto papale papale: “Non c’è
consenso fra i Paesi dell’Ue sulle quote”.
L’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza europea mutua
la tattica del suo mentore, Matteo Renzi: dà le cose per fatte e poi si vedrà.
Il premier, all'arrivo al Vertice, afferma deciso: “L’Italia farà sentire la
sua voce”, che, nella cacofonia tra governo e regioni, non è ben chiaro quale
sia. Poi, con altrettanta sicumera, nega che la Grecia possa spodestare l’immigrazione
dall'agenda della riunione.
Invece, i leader dei 28 cominciano a parlare di Grecia e, fino alle 20.00, non
affrontano l’immigrazione. Dove la discussione pare spianata: c’è un documento che
riconosce il principio della solidarietà –la ‘rivoluzione’ della Mogherini-,
salvo poi delegare la ripartizione ai ministri degli esteri. Come dire che il
lavoro più difficile resta da fare.
Sono passati due mesi abbondanti dal Vertice
straordinario dell’Unione europea, dopo la sciagura nel Mediterraneo del 18
aprile, la più grave di sempre –centinaia le vittime, forse 900-. Sul tavolo del Vertice, allora, c’erano 10 misure urgenti
individuate dalla Commissione di Bruxelles, che hanno poi preso la forma di una
Agenda dell’Immigrazione sottoposta ai governi dei 28 e rivista e limata dopo
le prime reazioni negative di numerose capitali.
Su quote d’accoglienza, interventi umanitari,
missioni contro gli scafisti schiavisti, allestimento di centri di selezione
nel Nord Africa degli aspiranti migranti, aiuti per lo sviluppo, a che punto
siamo? Qualche passo piccolo è stato fatto: “Più solidarietà, meno tensione”, è
la ricetta di Angela Merkel.
Le quote – Si tratta di
ripartire fra i 28 in due anni 40 mila richiedenti asilo approdati in Italia e Grecia
(rispettivamente 24 e 16 mila) dopo il 15 aprile. Ci sono Paesi che se ne
chiamano fuori – Gran Bretagna, Irlanda, Danimarca hanno il trattato dalla loro
– e altri che non ne vogliono sapere – tutti quelli dell’Est Europa, dai
Balcani al Baltico-. Poi ci sono quelli che possono starci, ma contestano le
cifre o i criteri di ripartizione o eccepiscono sull'obbligatorietà. L’input
dei leader dovrebbe servire ai ministri degli esteri dei 28 a chiudere la
discussione a luglio, ma le riluttanze restano.
Dublino 2 – Le regole per l’asilo
impongono che la richiesta avvenga nel Paese d’ingresso nell’Ue: quindi, per i
migranti dei barconi, l’Italia o la Grecia, nonostante nessuno di loro, in
pratica, voglia fermarsi in Italia o in Grecia. Vanno cambiate, ma non c’è, al
momento, consenso per farlo.
Triton - Qui, va meglio: i
fondi sono stati triplicati, i mezzi moltiplicati, il raggio d’azione esteso. E
infatti i salvataggi in mare sono aumentati e le tragedie diminuite, grazie
pure ai fattori climatici. Però, tutte le navi, di qualsiasi nazionalità siano,
scaricano i migranti raccolti sulle coste italiane.
Missione anti-scafisti – L’operazione
è stata approvata e il comando è stato affidato all’Italia. Mancano, però,
l’avallo dell’Onu, senza cui l’uso della forza è un atto di guerra, e pure le
regole d’ingaggio.
Centri di smistamento –
L’allestimento di centri di smistamento dei migranti in Nord Africa, dove
funzionari dell’Unione le identifichino e ne accertino il diritto all’asilo,
richiede una ‘pacificazione’ della Libia, con un accordo fra i belligeranti.
Gli sforzi dell’Onu in tal senso sono finora falliti.
Miglioramento delle condizioni di vita nei Paesi d’origine – Siamo alle affermazioni di principio. Come per la
semplificazione delle concessioni di visti a chi vuole migrare per motivi
economici o per ricongiungimento familiare.
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