Gli stranieri residenti in Italia solo l’8.2% della popolazione. I cittadini stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana nel 2014 sono circa 130mila, di cui il 39.4% ha meno di 18 anni. Numeri dell'Istat che, presi al netto dell’infuocato dibattito politico e confrontati con quelli di altri Paesi Ue, mostrano che il peso dell’immigrazione sulla demografia italiana è inferiore a quello che ha in Gran Bretagna e in Germania, in Francia e in Svezia. Ma i numeri sono aridi e, spesso, non bastano a convincere. Se, però, sono calcistici, possono avere più presa. E allora guardiamo le nazionali delle quattro grandi potenze calcistiche europee, Germania, Italia, Inghilterra, Francia, 11 titoli di campione del Mondo (più uno alla Spagna), mettiamole al confronto e ricaviamone qualche considerazione sull’integrazione e l’immigrazione.
INGHILTERRA – Con la Francia, è la potenza
coloniale per antonomasia. Ed è la patria del calcio, anche se dovette
attendere il 1966 per vincere il suo primo –e finora unico- titolo mondiale:
allora, con calciatori tutti rigorosamente ‘made in England’. Bisognò attendere
il 1979 per vedere il primo giocatore di colore con i ‘bianchi’: il difensore
Viv Anderson esordì a 22 anni a Wembley contro la Cecoslovacchia. Spezzato il
tabù, calciatori di colore arrivarono anche a mettersi al braccio la fascia di
capitano: il primo fu il centrocampista Paul Ince (visto anche in Italia, all’Inter)
nel 1993; dopo di lui, l’onore toccò a Rio Ferdinand –per entrambi, sette
volte- e a Sol Campbell in tre occasioni. All’ultimo Mondiale, i giocatori
dell’Inghilterra con origini extra-europee erano sei: Barkley, Johnson,
Oxlade-Chamberlain, Sterling, Sturridge e Welbeck.
FRANCIA – Il primo giocatore di colore a
indossare la maglia dei ‘Galletti’ fu nell’ormai lontano 1971 il difensore
Marius Tresor, che nel 1976 divenne anche capitano dei ‘bleus’. E quando i
transalpini si aggiudicarono il loro Mondiale, nel 1998, giocando in casa come
l’Inghilterra nel ’66, erano ben 11 i giocatori nati od originari delle varie
ex colonie sparse per il mondo (Boghossian, Desailly, Diomede, Djorkaeff,
Henry, Karembeu, Lama, Trezeguet, Thuram, Vieira, Zidane), senza contare il
‘basco’ Lizarazu, l’ex difensore di Parma e Juventus Liliam Thuram, è il
recordman di presenze nella nazionale maggiore francese con 142 gare.
All’ultimo mondiale brasiliano, la Francia presentava 10 giocatori di colore o
con origini extraeuropee (Benzema, Evra, Mangala, Matuidi, Mavuba, Pogba, Sagna,
Sakho, Sissoko, Varane).
GERMANIA – Nella solida Germania il debutto del
primo calciatore di colore in nazionale arriva solo nel 2001. A infrangere il
tabù è il ghanese naturalizzato tedesco Gerald Asamoah: l’attaccante prenderà
parte anche alla spedizione del Mondiale 2002 ed a quello del 2006 giocato in
casa, dove insieme a lui, c’era anche un altro giocatore di origini africane,
David Odonkor. Negli anni, l’inserimento di calciatori di origini extra-Ue
nella ‘Nationalmannschaft’ è aumentato. Al Mondiale in Brasile, vinto proprio
dalla Germania, erano in quattro, tre dei quali costituivano la spina dorsale
della formazione tipo: il difensore Jerome Boateng, il centrocampista Sami
Khedira, il fantasista Mesut Ozil. Con loro, pure l’ex doriano di origini
albanesi Shkodran Mustafi.
ITALIA – Rispetto a quelle degli altri Paesi di
punta del calcio europeo, le presenze di giocatori di colore nelle fila degli
Azzurri sono decisamente minori. Nel 1996, si parlò molto del debutto nella
Under 21 di Joseph Dayo Oshadogan, di padre nigeriano e madre italiana, un
difensore che non arrivò mai alla Nazionale maggiore. Il primo a raggiungere questo traguardo fu
Fabio Liverani, figlio di padre italiano e madre somala venuta in Italia per
sfuggire alla guerra: esordì il 25 aprile 2001, in amichevole a Perugia contro
il Sudafrica. Dopo di lui toccò a Matteo Ferrari, novembre 2002 (padre italiano
e madre guineana). Ai giorni nostri, la coppia Mario Balotelli (33 presenze‘azzurre’)
e Stephan El Shaarawy avrebbe dovuto essere, salvo le bizze dell’uno e gli
infortuni dell’altro, quella del futuro del calcio italiano. Con loro, Angelo
Ogbonna, difensore nato a Cassino da genitori nigeriani.
IL CASO IBRA – In Svezia, un’intera nazione
calcistica è letteralmente ai piedi di un uomo che non ha nulla di scandinavo,
tranne il luogo di nascita. Zlatan Ibrahimovic da Rosengard, sobborgo di Malmoe
densamente popolato da persone trapiantate in Svezia, è il testimonial del
successo dell’immigrazione di seconda generazione. Suo padre Sefik è bosniaco,
sua madre Jurka è croata. La sua patria è la Svezia, che lo ha lanciato nel
calcio che conta, E lui non dimentica il quartiere dove è cresciuto e dove è
diventato Zlatan perché, come dice lui stesso nella sua autobiografia: “Puoi
togliere il ragazzo dal ghetto, ma non il ghetto dal ragazzo”.
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