Scritto per Il Fatto Quotidiano del 29/10/2016
Adesso, speriamo di non dovere ammettere, di qui a
qualche giorno, o qualche mese, che su Mosul aveva ragione Donald Trump. Il
candidato repubblicano alla Casa Bianca sostiene che l’offensiva, lanciata una
dozzina di giorni fa, si sta rivelando “un disastro totale” e dà la colpa agli
strateghi dell’Amministrazione Obama: “Abbiamo dato agli jihadisti mesi di
preavviso”, per prepararsi o andarsene, mentre a suo avviso l’effetto sorpresa
sarebbe stato determinante.
Come ottenerlo, l’effetto sorpresa, il magnate non lo
spiega. E gli specialisti ne liquidano i giudizi con sufficienza: “Quel che
dice prova che non sa nulla di tattiche militari”, sentenzia il colonnello Jeff
McCausland, già decano dell’Army War College e oggi esperto dell’Abc. Ma intorno
a Mosul, dove si prepara l’assalto alla città, come minimo non va tutto a
gonfie vele. E gli italiani, appostati alla diga a una trentina di chilometri,
rischiano di trovarcisi in mezzo.
Le forze governative irachene, che avanzano lentamente
da Sud, e i peshmerga curdi, che muovono più speditamente da nord-est,
avrebbero praticamente circondato, col costante supporto aereo Usa, la capitale
irachena dell’autoproclamato Califfato. L’attacco finale sarebbe imminente. Ma l’Onu
avverte che l’intera popolazione sarà in pratica utilizzata come scudo umano
dai miliziani jihadisti, la cui presenza dentro il perimetro
dell’accerchiamento sarebbe ridotta a 3/4 mila unità, avendo molti combattenti
abbandonato preventivamente la città divenuta insicura.
Gli attacchi jihadisti compiuti nei giorni scorsi a
Kirkuk e altrove testimoniano che il sedicente Stato islamico conserva la
capacità di colpire, anche se lo fa solo sporadicamente e non è più in grado di
avanzare né di consolidare le proprie conquiste. Da Damasco, fonti del regime insinuano
che l’accerchiamento di Mosul non sia completo: ai miliziani, sarebbe stata
lasciata aperta una via di fuga a ovest verso la Siria, così da alleggerire il
fronte iracheno e da appesantire quello siriano della Guerra al Terrorismo.
Secondo la portavoce dell’Alto Commissariato dell’Onu
per i diritti umani Ravina Shamandasani, decine di migliaia di civili, donne,
uomini, bambini, sono stati rastrellati dai miliziani tutto intorno alla loro
capitale e portati dentro la città a fare da scudi umani, una pratica proibita –
ricorda l’Onu -dal diritto militare. L’Alto Commissariato denuncia pure
uccisioni di massa, fra cui i 190 ex militari iracheni e i 40 civili giustiziati
mercoledì per non avere ottempoerato agli ordini del Califfo. E’ impossibile
verificare l’accuratezza di tutte queste informazioni, anche se la Shamandasani
cita “rapporti credibili” e fornisce il dettaglio villaggio per villaggio dei
trasferimenti di civili forzati: oggi 60mila persone sarebbero attualmente ad
Hamam al-Alil, una roccaforte jihadista che aveva, fino a pochi giorni fa, 23 mila
abitanti.
L'inviato speciale americano per la coalizione
anti-Isis, Brett McGurk, ieri a Roma per partecipare al seminario del Gruppo Speciale
sul Mediterraneo e il Medio Oriente dell'Assemblea parlamentare della Nato, ha
incontrato il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni ed è stato prodigo di
complimenti all’Italia, la cui presenza militare e imprenditoriale rende più
sicura la diga di Mosul e che dà “straordinari contributi alla coalizione
anti-terroristi”.
I circa 500 militari italiani e le maestranze che
lavorano al consolidamento della diga sono, però, vicini a un fronte instabile.
E il ministro Gentiloni stempera ottimismi e trionfalismi: la strada verso
Musul resta “molto lunga e difficile”, anche se l’esito della battaglia sarà
“positivo”.
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