Donald Trump trova un alleato inatteso (e
probabilmente involontario): Julian Assange, il biondino di Wikileaks, che la
giustizia svedese vuole processare per violenza sessuale. Nel 2010, al culmine
della marea di mail e cablo del Dipartimento di Stato divulgata da Wikileaks,
Hillary Clinton, allora capo della diplomazia statunitense, si sarebbe chiesta:
"Non possiamo lanciare un drone contro quest’uomo?". Lo sostiene
Wikileaks, che è parte in causa, citando fonti del Dipartimento di Stato
ovviamente anonime.
Non è un biglietto da visita ideale per un aspirante
presidente, progettare di eliminare con un drone un giornalista, per quanto
scomodo possa essere. La Clinton avrebbe pure elaborato il suo pensiero: "Dopo
tutto, è un bersaglio facile, uno che se ne va in giro a ficcare il naso
ovunque, senza temere reazioni da parte degli Usa". Ma la pista è labile e
scivolosa; e Trump, per il momento, non ci si avventura, tanto più che neppure
lui deve avere simpatia per Assange e Wikileaks.
Le illazioni arrivano nel decimo anniversario
dell’organizzazione dedita alle fughe di documenti e coincidono con la pubblicazione
di informazioni sulle condizioni psico-fisiche di Assange, che si sarebbero
deteriorate perché il ‘cacciatore di notizie’ australiano é, da quasi sei anni
confinato nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra per sottrarsi all’arresto e
all’estradizione in Svezia.
Da una settimana, dopo il primo
dibattito in diretta televisiva tra i due candidati alla Casa Bianca, e mentre
s’apprestano al confronto, stasera, i loro due vice, Tim Kaine e Mike Pence, la
campagna Usa 2016 è un susseguirsi di punzecchiature e rivelazioni, più scomode
in questa fase per Trump che per la Clinton. Ma il magnate fa salire l’attesa
del prossimo dibattito, domenica notte, e mette pressione sulla rivale,
promettendo di essere più cattivo ... di qui in avanti estratti di altri post già pubblicati ...
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