Scritto per Il Fatto Quotidiano del 12/10/2016
Cercate di ricordare il nome di qualche repubblicano
degli Stati Uniti. Quasi certamente, è contro Donald Trump. Difficile trovarne
uno a favore nell’establishment del partito, fra chi ha già avuto
responsabilità di governo a livello nazionale, fra i conservatori moderati,
tutti preoccupati, se non spaventati, dalla candidatura alla Casa Bianca del
magnate e showman.
Molti si sono schierati fin dalle prima battute contro
la sua nomination, moltissimi sono sbottati dopo le battute sessiste. E, ora,
Hillary Clinton lancia loro un’esca: “Sono l’’ultima cosa che si frappone fra
voi e l’Apocalisse”, dice in un’intervista al New York Times.
Il che ha però contribuito in qualche modo alla
fortuna popolare (e mediatica) di Trump, che si presenta come il campione del
nuovo contro il vecchio, utilizzando l’arma del populismo e sfruttando
l’ostilità alla politica, e soprattutto ai politici, di larghi settori
dell’opinione pubblica.
Cominciamo dagli ex presidenti. I due repubblicani,
Bush padre e figlio, gliel’anno giurata (e pure le loro first ladies): non sono
andati alla convention repubblicana e non lo voteranno. Un po’ per scelta
politica e un po’ per solidarietà familiare, visto che Trump, nelle primarie,
ha fatto fuori, dopo averlo irriso in tutti i dibattiti, Jeb, l’ex governatore
della Florida, che doveva giocare la rivincita 2016 del match 1992 Bush –
Clinton.
E Ronald Reagan? Uno potrebbe pensare che l’attore
prestato alla politica avrebbe apprezzato quest’istrione. Non ditelo al figlio,
Michael, che diffida Trump dallo spendere il nome del padre e assicura che sua
madre, Nancy, da poco scomparsa, avrebbe votato per Hillary. Brent Scowcroft,
che fu consigliere per la sicurezza nazionale di Gerald Ford, è contro Trump,
come – va detto – quasi tutta la nomenklatura della diplomazia statunitense:
ambasciatori in servizio e a riposo hanno scritto una lettera aperta con
centinaia di firme in calce.
I segretari di Stato di Bush Colin Powell (“è una
disgrazia naturale”) e Condoleezza Rice sono contro Trump. E il guru per
definizione della politica estera degli Stati Uniti, Henry Kissinger, l’uomo
dietro Nixon, ha sempre respinto le lusinghe del magnate per averlo con sé.
Mitt Romney, candidato alla presidenza nel 2012, guida
la fronda a Trump nel partito da sempre. John McCain, candidato alla presidenza
nel 2008, senatore dell’Arizona, è sempre stato freddo, ma ora s’è schierato
contro. Sul Campidoglio di Washington, sono decine i ‘congressman’ che chiedono
a Trump di ritirarsi dalla corsa: almeno 16 i senatori, quasi uno su tre: con
McCain, ci sono Lindsey Graham, uno degli aspiranti alla nomination sconfitti
dal magnate, Kelly Ayotte, Mark Kirk e altri.
Il capogruppo al senato Mitch McConnell mantiene
l’endorsement, ma prende le distanze. Come Ted Cruz e Marco Rubio, avversari di
Trump nelle primarie. Lo speaker della Camera Paul Ryan, che non l’ha mai
digerito, non lo ‘scarica’, ma non fa campagna per lui. Il capo del partito,
figura che qui conta poco, Reince Preibus, si tura il naso e tira avanti.
Contro Trump, anche il governatore dell’Ohio John
Kasich, un altro in lizza per la nomination, come Carly Fiorina, donna con le
donne, l’ex numero uno della Cia e della Nsa Michael Hayden, l’ex responsabile
della sicurezza nazionale Tom Ridge, l’ex segretario al Tesoro Henry Paulson e
l’ex super-diplomatico John Negroponte. E l’elenco s’allunga di ora in ora.
E Rudolph Giuliani? Ecco un repubblicano che conoscete e che sta con Trump, ne è l’anima ‘Law & Order’. Ma la figlia Caroline Rose è una fan di Hillary sfegatata.
E Rudolph Giuliani? Ecco un repubblicano che conoscete e che sta con Trump, ne è l’anima ‘Law & Order’. Ma la figlia Caroline Rose è una fan di Hillary sfegatata.
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