Scritto per www.GpNewsUsa2016.eu e Formiche.net e, in altra versione, per il blog de Il Fatto Quotidiano lo 05/10/2016 e per Il Fatto Quotidiano dello 06/10/2016
Doveva essere - ed è stato - il dibattito fra i vice, ma né è venuto fuori un dibattito aggiuntivo tra Hillary Clinton e Donald Trump per interposta persona. Perché Tim Kaine e Mike Pence non si sono confrontati l’un l’altro, ma hanno costantemente messo avanti, difeso o attaccato, le posizioni dei loro boss.
Doveva essere - ed è stato - il dibattito fra i vice, ma né è venuto fuori un dibattito aggiuntivo tra Hillary Clinton e Donald Trump per interposta persona. Perché Tim Kaine e Mike Pence non si sono confrontati l’un l’altro, ma hanno costantemente messo avanti, difeso o attaccato, le posizioni dei loro boss.
Sul palco della Longwood University di Farmville in
Virginia, con lo stesso allestimento già usato per il primo dibattito presidenziale
il 26 settembre alla Hofstra University nello Stato di New York, la moderatrice
è stata Elaine Quijano giornalista di origine filippine della Cbs News, la più
giovane a gestire un dibattito nazionale degli ultimi 28 anni.
Pence e Kaine si sono presentati a cravatte invertite,
blu il repubblicano, rossa il democratico, entrambi con completi scuri, camicia
chiara, spilletta sul bavero sinistro: Pence con i capelli bianchi ancora folti
e in ordine; Kaine con i capelli grigi più radi e meno controllati. Il
democratico giocava in casa perché è stato sindaco di Richmond, governatore
della Virginia ed è ora senatore dello Stato.
Per i due vice, era l’occasione per farsi conoscere
perché il 40% degli americani manco sa chi sono, non ne ricorda i nomi. I
telespettatori hanno scoperto due ligi numeri due, non due leader, anche perché
Kaine e Pence si sono costantemente ‘annullati’ dietro l’immagine del loro
boss. Soltanto verso la fine, alle domanda sulla loro fede, e a tratti a quella
sull'aborto, i due hanno entrambi risposto con accenti personali e convinti:
Kaine è cattolico, è stato missionario in Honduras e ha raccontato la sua
difficoltà a gestire la pena di morte da governatore, Pence è un cattolico
‘convertito’ evangelico, per entrambi la religione è importante.
Più aggressivo Kaine, più controllato Pence, i due non
si sono scontrati sul piano personale, proprio perché entrambi non
rappresentavano se stessi, ma il rispettivo candidato presidente, e non si sono
quasi mai attaccati l’un l’altro, ma hanno sempre attaccato l’altro candidato
presidente. I ruoli, però, sono stati quasi invertiti, rispetto al primo
dibattito presidenziale: Pence era la ‘forza tranquilla’, Kaine aveva nello
sguardo lampi d’energia e aggressività.
I temi del confronto sono stati l’immigrazione, la
sicurezza, la lotta contro il terrorismo, l’economia – poco – e l’assistenza
sanitaria, gli errori fatti e gli insulti lanciati nella campagna. Kaine ha
così contestato a Trump le offese e le discriminazioni contro i messicani, i
musulmani, le donne; Pence ha ricordato il “cesto di miserabili” detto dalla
Clinton di metà dei sostenitori di Trump.
Kaine s’è dichiarato “spaventato a morte” dalla
prospettiva di Trump comandante-in-capo. Pence ha giudicato “brillante”
l’abilità di Trump nel pagare meno tasse possibile, o nel non pagarle del
tutto, e ha rinnovato l’impegno a cancellare la riforma sanitaria del
presidente Obama, l’ ‘obamacare’, che il marito di Hillary, Bill, con una
evidente gaffe, ha appena definito, in un comizio nel Michigan, “la cosa più
folle del mondo”.
La battuta più incisiva è stata quella di Kaine,
secondo cui Trump ha il suo Monte Rushmore personale, con le effigie di
Vladimir Putin, Kim Jong-un, Saddam Hussein e Muammar Gheddafi. “Questa se l’è
preparata a lungo”, gli ha fatto eco, un po’ invidioso, Pence, che cercava di
difendere le posizioni di Trump su Putin – “E’ un leader più forte di Obama” -
o sul nucleare, quando Kaine ha ricordato le tesi del magnate sulla
proliferazione nucleare, a favore del fatto che Arabia saudita, Giappone e
Corea del Sud si dotino della bomba (“Questo è più sicurezza?”, ha chiesto,
senza ottenere risposta).
Kaine ha pure ricordato che Ronald Reagan era
preoccupato che qualcuno come Trump diventasse presidente, quando ammonì che
"qualche idiota o maniaco poteva scatenare un evento catastrofico"
con le armi nucleari. Pence ha replicato che si trattava di un commento basso e
ha contrattaccato sulle responsabilità della Clinton nel Medio Oriente e
nell’accordo nucleare con l’Iran. Entrambi hanno criticato l'altrui Fondazione.
Scontati i commenti dei due boss a fine dibattito.
“Mike ha vinto alla grande: dobbiamo essere orgogliosi di lui”, firmato Donald.
E “Non otrei essere più orgogliosa di Tim”, firmato Hillary. Addirittura, il
partito repubblicano ha ‘postato’ le congratulazioni a Pence in anticipo: una
sorta di premonizione, visto che gruppi d’ascolto e un sondaggio Cnn/Orc danno
la vittoria al vice Trump, 48 a 42%.
Hillary
salda in testa - Sondaggio dopo sondaggio, Hillary
Clinton si conferma salda in testa dopo il primo match con Donald Trump in
diretta televisiva: la Nbc le dà sei punti sul suo rivale. E il vice-presidente
Joe Biden si sbilancia: “Hillary vincerà nettamente”.
Mentre Trump perde posizioni anche nella classifica di
Forbes dei più ricchi d’America: scende di 35 alla 156°, e si ritrova con un
patrimonio ora valutato a 3,7 miliardi – lui lascia intendere che sia più del
doppio -, 800 milioni in meno dello scorso anno. La classifica è guidata per il
23° anno consecutivo da Bill Gates e Trump vi figura dagli esordi, cioè dal
1982,, all’inizio in coppia con il padre. Forbes attribuisce l’arretramento del
magnate non al tempo da lui dedicato alla politica, ma a un raffreddamento del
mercato immobiliare ed a ulteriori informazioni sui suoi beni. (gp)
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