Scritto per Il Fatto Quotidiano del 13/10/2016 e ripreso da www.GpNewsUsa2016.eu
C’è già chi chiede indietro i soldi del biglietto: lo
show dell’istrione non piace più e gli spettatori cominciano ad andarsene,
prima ancora che cali il sipario. Alcuni donatori di Donald Trump vogliono
farsi restituire decine di migliaia di dollari versati. Il candidato
repubblicano s’ingegna: per allontanare l’attenzione della gente dalle battute
sessiste del video scandalo di sabato scorso, accetta l’aiuto degli hacker
amici di Vladimir Putin e di Julian Assange e nemici della sua rivale Hillary
Clinton e se ne inventa una nuova tutti i giorni.
Di comizio in comizio, dalla Florida alla
Pennsylvania, avverte che le elezioni potrebbero essere truccate, sprona a
vigilare che non gli rubino la vittoria ed evoca il caso della Brexit – dove,
però, non risultano brogli -. Arruffone, invita i suoi sostenitori ad andarlo a
votare nel giorno sbagliato: “Uscire di casa il 28 novembre, andate ai seggi”,
dice a Palm Beach, suscitando più ilarità che sconcerto – il voto è l’8
novembre -.
Sempre in Florida, ma a Panama City, Trump plaude a
Wikileaks, l’organizzazione di Assange che continua a sfornare email hackerate
dello staff di Hillary (già almeno 50mila quelle del presidente della campagna
John Podesta). I documenti rivelano al più beghe fra i famigli dell’ex first
lady, ma il magnate bolla la rivale nella corsa alla Casa Bianca come
"strumento di un establishment corrotto che pervade il Paese e mina la
sovranità della Nazione".
Nelle richieste di rimborso, i donatori di Trump pentiti
testimoniano delusione e frustrazione: “Mi spiace d’avere partecipato ad eventi
in suo sostegno e soprattutto d’averci portato mio figlio", dice uno,
quasi fossero spettacoli per adulti. E un altro spiega di avere “tre figli
piccoli” e di non potere proprio sostenere “un volgare sessista”. La campagna
di Trump dice di non saperne nulla, ma il sito della Nbc è circostanziato in
merito.
Il fundraiser che svela le richieste di rimborso,
rimasto anonimo, è anch’egli un pentito: dopo avere raccolto quasi un milione
di dollari, con eventi in Florida, Ohio e California, vuole ora sospendere l’attività
per il candidato repubblicano: "Lascio, sono deluso, sono veramente
imbarazzato, gli ho stretto la mano la scorsa settimana e ora voglio lavarmi le
mani”.
Dal carro di Tespi dello showman, dunque, non scendono
solo i vip della politica. Per USAToday, oltre un quarto dei governatori (31),
senatori (54) e deputati (246) repubblicani si sono schierati contro il
candidato del partito: 87 su 331, una fronda senza precedenti negli Usa in un
grande partito in un’elezione presidenziale. Nel 2012, i repubblicani
dissidenti da Mitt Romney furono solo tre.
Buona parte dell’ultima Amministrazione repubblicana,
quella di George W. Bush, sta con Hillary: in una lettera aperta, 13 ex
ministri o loro vice, fra cui gli ex responsabili dei trasporti Mary Peters e
dell’ambiente Christine Todd Whitman, dicono che Trump non incarna i valori di
civiltà e d’onestà che dovrebbero ispirare ogni governo. Il gruppo fa un passo
in più della famiglia Bush e degli ex segretari di Stato Colin Powell e Condy
Rice, dissociatisi da Trump senza però cambiare di campo.
Alla frustrazione dei repubblicani contribuiscono i
sondaggi: in alcuni degli Stati in bilico, come Pennsylvania e Ohio, Hillary
vola a +9; mentre Stati già assegnati ai repubblicani, come Indiana e Utah,
tornano in ballo. I democratici possono riconquistare la maggioranza al Senato
e Nancy Pelosi punta a riprendersi la Camera.
Se si votasse oggi, la Clinton vincerebbe nettamente: un calcolo del Washington Post le attribuisce 341 Grandi Elettori, ne dà a Trump 197. Il sito fivethirtyeight.com dà l’83,5% di chances di vittoria a Hillary, solo il 16.5% a Donald. (gp)
Se si votasse oggi, la Clinton vincerebbe nettamente: un calcolo del Washington Post le attribuisce 341 Grandi Elettori, ne dà a Trump 197. Il sito fivethirtyeight.com dà l’83,5% di chances di vittoria a Hillary, solo il 16.5% a Donald. (gp)
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