Scritto per Il Fatto Quotidiano del 10/10/2016
Due famiglie di immigrati, una in parte americana da quattro generazioni,
l’altra da tre, una partita dall’Inghilterra mineraria, l’altra dalla Germania
rurale: Hillary Rodham Clinton e Donald Trump, candidati 2020 alla Casa Bianca,
non hanno il pedigree dei discendenti dai Padri Pellegrini, i mitici coloni
puritani che sbarcarono dal Mayflower nel 1620 lungo la costa del Massachusetts
e fondarono Plymouth, il più vecchio insediamento anglo-sassone degli Stati Uniti
abitato continuativamente.
Verso la fine dal XIX Secolo, chi lasciava l’Inghilterra o la Germania per
gli Stati Uniti non fuggiva più dalla fame, come poteva ancora essere per chi
arrivava dall’Irlanda o dall’Italia, né si sottraeva alle persecuzioni, ma andava
a cercare la fortuna, o l’avventura, o semplicemente libertà e una vita meno
grama.
Nella famiglia di Hillary, c’è un’eco dei romanzi di Archibald Cronin, E le
stelle stanno a guardare, soprattutto, ma anche La Cittadella, ambientati
nell’Inghilterra mineraria e ormai industriale: Jonathan Rodham, minatore in
una miniera di carbone, e Isabella Simpson Bell, bisnonni di Hillary, migrarono
da East Kyo, nel villaggio di Oxhill, nella contea di Durham, a Scranton in
Pennsylvania tra il 1881-82 e lì restarono. Loro non partirono alla conquista
del West, che a quell’epoca era già largamente conquistato, né alla ricerca
dell’oro, ma s’inserirono in una delle comunità protagoniste della rivoluzione
industriale americana.
Loro figlio Hugh (1879-1965) era già nato quando loro arrivarono in America.
Lui e sua moglie Hannah Jones (1882-1952) sono i nonni paterni di Hillary. Loro
figlio Hugh Ellsworth Rodham (1911–1993) lavorava, sempre a Scranton, in un'industria
tessile – la produzione manifatturiera prima della guerra era fiorente -. Sua
moglie, Dorothy Emma Howell Rodham (1919-2011), era un’immigrata più recente:
era nata in Galles e di lì era giunta in Pennsylvania con tutta la famiglia,
minatori anch'essi. La conobbe in fabbrica: lui tentava di piazzare la sua
merce, lei cercava lavoro.
Hugh e Dorothy sono i genitori di Hillary: la mamme faceva la casalinga,
accudendo alla figlia nata nel 1947, ed ai fratelli minori Hugh (1950) e Tony (1954).
Il matrimonio dei Rodham durò oltre mezzo secolo, dal 1942, quando si sposarono
nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, alla morte di Hugh.
Dei suoi genitori e della sua famiglia, la prima donna candidata alla Casa
Bianca, oggi ormai nonna di due nipotini, parla diffusamente nel suo libro
biografico di 562 pagine Living History, che, pubblicato nel 2003, le fruttò
otto milioni di dollari solo come anticipo e che nel giro di un mese vendette
oltre un milione di copie. Hilary descrive la sua come una tipica famiglia “
del MidWest e della classe media”, gente che credeva nel lavorare sodo e non
contava sui diritti acquisiti, che si dava sempre da fare e non stava a
lamentarsi.
Il libro più recente Hard Choices, del 2014, è invece una
ricostruzione dell’esperienza politica, specie come segretario di Stato, di
Hillary: sicuramente scritto in proiezione Casa Bianca, il volume non lascia più
spazio ai ricordi familiari.
Hugh Rodham sapeva farci, con i tessuti, sia a produrli che a venderli:
lavorò per la Scranton Lace Company, un’azienda fiorente, la stessa dove aveva
lavorato suo padre; poi, senza dirlo ai suoi, lasciò il posto e si mise in
proprio. Gli affari non mandavano male, ma, quando scoppiò la guerra, lasciò il
lavoro e s’arruolò in Marina: lo mandano alla Great Lake Naval Station in Illinois,
non proprio in prima linea. Come sottocapo, deve istruire e formare i marinai
destinati al Pacifico. Trova tempo per sposarsi con Dorothy e per progettare un
nuovo futuro per la sua famiglia.
Così, concluso il conflitto, i Rodham muovono all’Ovest. In realtà, non
vanno molto lontano: s’installano a Chicago, lui trova lavoro alla Rodrik
Fabrics, un’azienda molto conosciuta; e più tardi apre una propria azienda che
trova clienti negli uffici, gli hotel, i teatri, le compagnie aeree.
I Rodham non sono ricchi, ma stanno bene. Hugh, però, è roso dal tarlo
della politica, che mescola con il senso degli affari: qualcosa che, insieme
all’etica del lavoro, trasmette a sua figlia. Vuole farsi strada nel partito
democratico del potente sindaco Richard J. Daley e, nel 1947, l’anno in cui
nasce Hillary, si candida a un posto di assessore fra i democratici, ma come
indipendente. Viene, però, sconfitto dal candidato democratico ‘ortodosso’.
Secondo alcuni suoi familiari, questo episodio è all’origine della forte
avversione da quel momento sviluppata da Hugh nei confronti dei democratici: si
schiera con i repubblicani, è ultra-conservatore, è persino fra i sostenitori
più convinti nel 1964 della campagna presidenziale di Barry Goldwater, senatore
dell’Arizona, dichiaratamente razzista, contrario alle norme anti-segregazione di
JFK e Lyndon Johnson.
Spinta dal padre, Hillary lavorò come volontaria per la campagna di
Goldwater, che portò a una delle più pesanti sconfitte presidenziali
repubblicane: il senatore vinse in appena sei Stati del Sud, dove i neri non
riuscivano a votare. Poco dopo, all'Università, in un ambiente più liberal, Hillary
fece la propria conversione democratica.
Ma, neppure dopo il matrimonio della figlia con Bill Clinton, il padre di
Hillary non abbandonò mai la speranza che il genero lasciasse i democratici e
s’unisse ai repubblicani nella battaglia per ridurre la tassazione dei redditi
da capitale. Prima di morire, fece in tempo a vedere Bill insediarsi come
presidente e la figlia entrare da first lady alla Casa Bianca.
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