P R O S S I M A M E N T E

Buone Feste - Sereno Natale - Un 2017 Migliore - Buone Feste - Sereno Natale - Un 2017 Migliore - Buone Feste - Sereno Natale - Un 2017 Migliore

sabato 14 giugno 2014

Iraq: ancora e sempre sunniti contro sciiti, in tutto il Golfo

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 14/06/2014

L’avanzata jihadista verso Baghdad rimescola rancori atavici, in una delle regioni del pianeta più divisa e dilaniata da odi religiosi e contrasti d’interessi. La contrapposizione tra le due grandi componenti dell’islam, sciiti e sunniti, s’intreccia con strategie dinastiche, visioni nazionalistiche e corse ai pozzi di petrolio.

E gli Stati Uniti rischiano di trovarsi al fianco dell’Iran, nel tentativo di sbarrare la via di Baghdad ai miliziani qaedisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (Isis). Teheran ha ieri ribadito l'impegno a combattere il "terrorismo sunnita" e ad impedire a Paesi stranieri “d’esportare il terrore in Iraq”, superando le diffidenze spesso nutrite in passato per il nazionalismo degli sciiti iracheni.

Il presidente iraniano Rohani ha telefonato al premier iracheno al Maliki. E tutto il mondo sciita iracheno si mobilita, paventando il ritorno a una nuova dittatura dalla minoranza sunnita, stavolta non fondamentalmente laica, come ai tempi di Saddam Hussein, ma guidata dai fanatici dell'Isis. Uno dei maggiori esponenti del clero sciita, l'ayatollah Ali al Sistani, chiama il popolo “a prendere le armi in difesa del Paese e dei luoghi sacri”. Ma si ha pure notizia di defezioni in massa di sunniti dalle forze armate.

L’Iran, tramite gli Hezbollah, che dal Libano tengono sotto tiro Israele, appoggia in Siria il regime di al Assad, un alauita, esponente d’una setta in odore d’eresia, ma d’estrazione sciita.

A sud dell’Iraq, l’Arabia saudita, la cui casta al potere è sunnita, antepone la tutela dello statu quo e degli interesse petroliferi alle considerazioni religiose: è fermamente anti-jihadista e, in Egitto, nega l’appoggio ai Fratelli Musulmani. Fra gli Stati del Golfo, le cui dinastie sono tutte sunnite, il Qatar sfida i sauditi: in Siria, arma l’opposizione ad al Assad e pure i miliziani qaedisti.

Un ruolo l’ha pure la Turchia, al cui presidente Erdogan c’è chi presta un disegno politicamente egemone su tutto l’Islam, quasi la rifondazione dell’Impero Ottomano: Ankara, come il Qatar, foraggia i miliziani siriani, pur temendo l’esodo dei curdi siriani; e, ora, incoraggia i curdi  iracheni a conquistare i campi petroliferi intorno a Kirkuk, la loro capitale storica.

In questo intreccio di tensioni e rivalità, muoversi è difficile. Il presidente Usa Barack Obama ribadisce che non invierà "truppe in Iraq", ma valuta diverse opzioni per sostenere, anche militarmente, il governo iracheno. Obama, però, cerca pure di scuotere l’inetto al Maliki: lo spinge a fare scelte mai fatte per dieci anni, mettendo “da parte le divisioni settarie (sciiti-sunniti)". E Kerry, il segretario di Stato, avverte che l'avanzata jihadista è una minaccia non solo per la regione, "Iran compreso", ma per l'Occidente.

Secondo la Cnn, Washington starebbe spostando Golfo Persico la portaerei a propulsione nucleare George H. W. Bush –il padre, non il figlio: l’uomo che liberò il Kuwait, ma non invase l’Iraq-. Lunga 332 metri, l’unità della classe Nimitz trasporta 90 tra caccia-bombardieri ed elicotteri.

L’emergenza militare innesca quella umanitaria: mezzo milione di sfollati a Mosul, decine e decine di migliaia in fuga dalle altre città cadute o dove si combatte. L’Isis ha ieri preso Sadiyah e Djalaoula, nella provincia di Diyala, nell'Iraq orientale, e alcuni villaggi sui monti Himrine. Vicino a Baquba, 60 km appena da Baghdad, esercito e miliziani di sanno battaglia. Centinaia di americani che lavorano nel centro-nord dell'Iraq sono stati trasferiti a Baghdad.

L'offensiva jihadista è segnata da esecuzioni sommarie: l'Onu da Ginevra cita l'uccisione per strada a Mosul di 17 civili che lavoravano per la polizia e di 12 agenti. Si parla di "centinaia di persone uccise e di un migliaio di feriti", ma le informazioni non sono confermate.

Le tensioni in Iraq spingono su il prezzo del petrolio e l’oro e potrebbero frenare una ripresa appena accennata.

Nessun commento:

Posta un commento