Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/06/2014
Se lo ha fatto, per cinque
anni, in modo impalpabile, Catherine Ashton, lo può fare –e meglio- Federica
Mogherini. Ma che il gioco sia chiaro: in quel posto dal nome sonoro, Alto
Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune, i governi che
contano dell’Unione non vogliono qualcuno che possa fare valere peso e
prestigio, ma qualcuno che non dia fastidio.
Del resto, se i leader dell’Ue
avessero voluto un vero e proprio ‘ministro degli Esteri’ europeo, lo avrebbero
chiamato così, invece di inventarsi quell’Alto Rappresentante che suona
funzionario e che nessuno capisce né chi è né cosa fa. E se poi ci aggiungete che
dirige il Seae è peggio: la sigla sta per Servizio europeo di azione esterna, oltre
2000 addetti (con la prospettiva di arrivare a 7000), provenienti da ministeri
nazionali, Commissione europea e Consiglio dei Ministri.
Quando Lady Ashton fu nominata,
tra la sorpresa generale, Alto Rappresentante, nel 2009, non aveva quasi
nessuna esperienza di diplomazia internazionale: a 51 anni, era stata per un
anno commissario al commercio internazionale nella prima Commissione presieduta
da Manuel Barroso. Appena assunse l’incarico, si capì che avrebbe fatto
rimpiangere Javier Solana, il suo predecessore, che, senza avere tutti i poteri
conferiti dal Trattato di Lisbona, era stato capace di rendere l’Europa
presente in molte crisi internazionali.
L’Alto Commissario è anche
vice-presidente della Commissione e presiede i Consigli dei Ministri degli
Esteri dei 28: insomma, occasioni per farsi valere e per farsi notare ne ha.
Lady Ashton ne ha colte ben poche, anche se col tempo qualche risultato
positivo, nei Balcani o nei negoziati con l’Iran sul nucleare con la formula
dei 5 + 1, l’ha magari ottenuto.
Ora, la Mogherini sarebbe, negli
intenti dei leader dell’Ue, una scelta alla Ashton: ministro junior rispetto ai
suoi colleghi, il più junior del lotto dei Grandi dell’Ue, senza l’autorità né
l’esperienza per imporsi loro. Non sarebbe una scelta per cambiare le cose, ma
per lasciarle come sono.
E questo a prescindere dalle
qualità della Mogherini, che è coscienziosa e preparata e alla cui credibilità
non giova la carriera rapidissima: 41 anni, eletta deputata nel 2008 e rieletta
nel 2013, presidente per pochi mesi della delegazione italiana all’Assemblea
atlantica, poi responsabile esteri del Pd di Matteo Renzi per due mesi, quindi
ministro degli Esteri a sorpresa. Il posto pareva sicuro per Emma Bonino –lei
sì, che a metterla a Bruxelles al posto della Ashton cambierebbe le cose-.
Ora, i giochi non sono ancora
del tutto fatti e suona persino strana la disinvoltura con cui la stessa
Mogherini e altri esponenti del governo italiano parlano della candidatura.
Ieri, Sandro Gozi, sottosegretario agli Affari europei, diceva a Bruxelles che
la carica può "benissimo spettare all'Italia", anche se la questione
va affrontata "in un quadro di equilibrio fra paesi e forze politiche".
In palio, ci sono le presidenze
della Commissione –c’è un consenso sull’ex premier lussemburghese Jean-Claude
Juncker, candidato dei popolari- e del Parlamento europeo –si va verso una
riconferma del presidente uscente Martin Schulz, socialdemocratico tedesco- e
quelle del Consiglio europeo e dell’Eurogruppo, oltre che l’Alto
Rappresentante. Dietro ogni nomina, competenze istituzionali, diverse l’una
all’altra; e l’insieme deve tenere conto d’un mix di nazionalità, provenienze
politiche, genere. Nei calcoli degli equilibri, entra che l’Italia ha la
presidenza della Bce con Mario Draghi.
Interpellati da Il Fatto, un ex rappresentante permanente presso l’Ue e un ex alto dirigente Bce commentano allo stesso modo l’ipotesi Mogherini: “Per l’Italia, non sarebbe un affare. O metti lì qualcuno che conta, oppure non conti lì e perdi peso in Commissione, perché l’Alto Rappresentante è spesso assente per i suoi impegni internazionali”. E in Commissione transitano, ogni settimana, decisioni delicate per l’Italia, dalle raccomandazioni economiche alle procedure d’infrazione (che non sono rare).
Interpellati da Il Fatto, un ex rappresentante permanente presso l’Ue e un ex alto dirigente Bce commentano allo stesso modo l’ipotesi Mogherini: “Per l’Italia, non sarebbe un affare. O metti lì qualcuno che conta, oppure non conti lì e perdi peso in Commissione, perché l’Alto Rappresentante è spesso assente per i suoi impegni internazionali”. E in Commissione transitano, ogni settimana, decisioni delicate per l’Italia, dalle raccomandazioni economiche alle procedure d’infrazione (che non sono rare).
Nessun commento:
Posta un commento