Pubblicato da AffarInternazionali il 27/06/2014, con lo pseudonimo Adriano Metz
Consigliere comunale a Lorient, una
base di sottomarini in Bretagna, 64 anni, vedova, Joelle Gergeeron Guerpillon è la figura
chiave della VIII legislatura del Parlamento europeo. O, almeno, lo è stata
nella faticosa fase della formazione dei gruppi euroscettici. Che dovevano
essere due, l’un contro l’altro schierato; e che, invece, sono solo uno, almeno
per ora.
Eletta nelle liste del Front National
di Marine Le Pen, partito in cui milita da quarant'anni, Joelle si sarebbe rifiutata
di cedere il seggio a Strasburgo a un altro candidato –circostanza smentita dal
FN-: ha lasciato il partito e ha aderito al gruppo che Nigel Farage e Beppe
Grillo cercavano di formare. Risultato, Farage e Grillo hanno il loro gruppo;
mentre la Le Pen e la Lega Nord, che, con i loro alleati olandesi, erano certi
di formarlo non ce l’hanno e sono finiti tutti nel gruppo misto, niente o quasi
fondi, cariche, tempo di parola.
Il Parlamento uscito dalle elezioni
europee di maggio si riunirà in plenaria per la prima volta martedì 1° luglio a
Strasburgo: eleggerà il suo presidente –sulla riconferma di Martin Schulz, c’è
l’intesa fra popolari e socialisti- e i suoi quadri. Fra i vice-presidenti, ci
sarà il pd David Sassoli, mentre Gianni Pittella sarà il capogruppo socialista.
Roberto Gualtieri punta alla Commissione Affari economici e monetari, Antonio
Tajani alla Commissione industria e trasporti.
Due settimane dopo, a metà luglio,
l’Assemblea di Strasburgo voterà l’investitura del presidente della Commissione
europea: dopo un mese di tiramolla, una larga maggioranza dei leader dei 28 ha
sostenuto l’ex premier lussemburghese, ed ex presidente dell’Eurogruppo,
Jean-Claude Juncker, un popolare. Coagulato intorno al premier britannico David
Cameron, il ‘fronte del no’ a Juncker s’è ridotto a poca cosa: britannici e
ungheresi, 41 voti nel Consiglio europeo, quando ce ne vogliono 93 per una
minoranza di blocco.
Attribuiti presidenza della Commissione
e posti che contano in Parlamento, la partita delle nomine continuerà con
l’assegnazione dei portafogli nell’Esecutivo e sulle scelte dell’Alto
Rappresentante della Politica estera e di sicurezza comune e delle presidenza
del Consiglio europeo – un’ipotesi, la danese Helle Thorning-Schmidt, una
socialdemocratica che piace alla Merkel -
e dell’Eurogruppo –il finlandese Jyrki Katainen o il francese Pierre
Moscovici -, in un’alchimia di competenze, nazionalità, appartenenze e genere.
L’Italia punterebbe, in prima istanza, al ‘ministero degli esteri’ europeo con
Federica Mogherini, ma, in alternativa, non disdegnerebbe gli Affari Interni e
l’Immigrazione.
In attesa delle mosse dei governi, i
deputati europei hanno definito gli assetti politici dell’Assemblea, che
potranno però variare a ogni momento. Alla chiusura delle trattative per la
formazione dei gruppi, il 24 giugno, la sorpresa è stata il flop dell’alleanza
euroscettica costruita, fin da prima del voto, intorno alla Le Pen, mentre Ukip
e M5S sono riusciti a mettere insieme ‘Europe
for Freedom and Direct Democracy’ (Efdd), scegliendo David Borrelli (M5S) e lo
stesso Farage come copresidenti. Già spezzata in gruppi fra di loro diversi e
spesso eterogenei al loro interno, l’onda alta degli ‘anti euro’ ed ‘anti Ue’
ha perso forza parlamentare.
La
Le Pen s’è fermata a cinque partiti di diversi Paesi –ne servono almeno sette-
e a 38 deputati –ne bastano 25-: il Front National (Francia, 24), la Lega
Nord (Italia, 5), il Partito della Libertà Fpoe (Austria,
4), il Partito della Libertà Pvv (Olanda,
4) e Vlaams Belang (Belgio, uno).
La
versione ufficiale è che "preferiamo, per ora, non avere un gruppo perché
vogliamo un progetto politico stabile". Per questo, la porta è rimasta
chiusa ai polacchi del Kongres Nowej Prawicy
– “abbiamo preferito la qualità politica" – e non s’è mai socchiusa agli
estremisti anti-semiti dichiarati di Alba Dorata (Grecia), Jobbik (Ungheria),
Bulgaria senza censura ed ai neo-nazisti tedeschi. Ma restano dei ‘cani
sciolti’ nella terra di nessuno dei non iscritti: comunisti greci a parte, ci
sono unionisti britannici, un’indipendente romena e altri.
Delusi,
ma ottimisti sulla possibilità di costituire presto un gruppo, i leghisti tessono
l’elogio della coerenza e denunciano l’ammucchiata –“destinata a non durare”-
cui si sarebbero prestati i grillini, il cui ‘matrimonio di convenienza’ con
l’Ukip è stato sancito da un voto online. Borrelli la vede così: “Su certe cose,
noi e Farage le pensiamo in maniera opposta e voteremo di conseguenza perché
questo gruppo ci permetterà di farlo, mentre altri gruppi ci avrebbero
obbligati ad assumere una posizione comune”. Tra M5S e Ukip, ci sono pure
“punti in comune”: “Ci batteremo per abolire il Patto di Stabilità e per una
maggiore partecipazione dei cittadini europei”.
Il
gruppo conta sette nazionalità e 48 deputati: 24 dell'Ukip, 17 del M5S, due del
partito lituano Ordine e Giustizia, uno ceco del partito dei Cittadini liberi,
due svedesi degli Svedesi democratici e un lettone dell'Unione dei verdi e dei
coltivatori. Oltre, naturalmente, alla decisiva Joelle.
Complessivamente,
il nuovo Parlamento inclina a destra, oltre che all’euroscetticismo. Il gruppo
dei conservatori, l’Ecr, è diventato il terzo per dimensioni, con 69 deputati,
scavalcando Verdi e liberali grazie alla decisione dei separatisti fiamminghi
di lasciare i Verdi e di migrare fra i conservatori.
Il
Ppe ha 221 deputati ed è il gruppo più numeroso, nonostate una perdita di 56
seggi rispetto al 2009. Il Pse con 191 –pochi in meno che nel 2009- è il
secondo gruppo, davanti all’Ecr, che, malgrado la disfatta dei conservatori in Gran
Bretagna, cresce di 12 seggi, grazie a un mix di 18 partiti di 13 Paesi.
Dietro,
i liberali (67), che attenuano le deluzioni elettorali con la campagna acquisti:
due partiti spagnoli e un portoghese entrano nei ranghi; poi la Sinistra unita
(52), i Verdi (50), l’Efdd (48). Attendono collocazione i 53 non iscritti: lì
dentro, c’è quella che doveva essere l’Alleanza della Le Pen.
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