Scritto per il blog de Il Fatto Quotidiano il 19/06/2014
La Commissione europea apre la procedura di infrazione
contro l'Italia per mancata applicazione della direttiva sui ritardati
pagamenti della Pubblica Amministrazione. E subito si apre una partita tra la Dinamo di Peppone e la Gagliarda di
don Camillo. Anzi, neppure: siamo agli Scapoli contro Ammogliati della polemica
politica.
Perché fra quanti contestano il vice-presidente
dell’Esecutivo comunitario Antonio Tajani, il responsabile dell’industria che
ha messo in moto la procedura, e quanti lo difendono, ben pochi stanno ai fatti:
l’Italia non rispetta, non ha mai rispettato, la direttiva dell’Ue sui
pagamenti della PA nonostante una teoria di promesse che va di Governo in
Governo da Monti a Letta a Renzi.
Il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan e
il sottosegretario alle Politiche europee Sandro Gozi parlano di “decisione incomprensibile”
e denunciano la “strumentalizzazione” dell'Ue: Forza Italia difende il suo
campione, respingendo le critiche come “inconcepibili”.
Ora, è vero che Tajani è stato capolista di FI al Centro
nelle elezioni europee, è stato eletto e siederà, dal 1° luglio, nel Parlamento
europeo nel gruppo Ppe. E’ cioè agli sgoccioli del mandato e, con un po’ di
opportunismo, avrebbe potuto vivacchiare e lasciare la decisione sulla
procedura d’infrazione al suo successore. Ma davvero noi vogliamo in Europa
gente che vivacchi?
Negli ultimi mesi, moniti e avvertimenti erano fioccati sul
Governo italiano. E l’avvio ufficiale della procedura comunitaria non
può avere sorpreso nessuno. Né a Roma né a Bruxelles.
Che poi non si capisce neppure bene perché
prendersela tanto calda per una procedura in più: quelle a carico dell’Italia
sono 117 –dato ufficiale del Dipartimento delle Politiche europee: un record,
nell’Ue- e continuano ad aumentare (a maggio erano 114). Un biglietto da visita
non ideale per chi, il 1° luglio, assumerà la presidenza di turno del Consiglio
dell'Unione.
La direttiva sui pagamenti
della PA, in vigore
dal 16 marzo 2013, fissa un termine massimo tra i 30 e i 60 giorni, a seconda dei casi, per
liquidare i crediti delle
imprese. L’Italia ha formalmente recepito le regole ma di fatto non le osserva:
gli esiti del monitoraggio attivato da Tajani, tramite Ance e Confartigianato,
indicano che “in Italia le autorità pubbliche impiegano in media 170 giorni per
effettuare pagamenti per servizi o merci fornite e 210 per lavori
pubblici”. E passano i mesi senza che la situazione migliori.
Non basta. Bruxelles denuncia una serie di pratiche scorrette per
aggirare le regole comunitarie. Esempi, l’utilizzo di contratti nei quali gli interessi di mora sono liquidati in misura
inferiore rispetto a quanto impone la direttiva (il tasso di riferimento della Bce
aumentato dell’8 %); o vengono posticipati gli stati di avanzamento dei lavori
per ritardare i pagamenti alle imprese.
Allora, questa procedura d’infrazione ce la meritiamo o no? Se qualcuno al Governo ha dati che dimostrino il contrario, li esibisca, per favore. Prendere a pallonate di parole Tajani e l’Ue fa solo polverone.
Allora, questa procedura d’infrazione ce la meritiamo o no? Se qualcuno al Governo ha dati che dimostrino il contrario, li esibisca, per favore. Prendere a pallonate di parole Tajani e l’Ue fa solo polverone.
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