Scritto per www.GpNewsUsa2016.eu lo 09/02/2015
2015/02/09 - Sabba di guerrafondai intorno al presidente
Obama, sui fronti caldi della guerra al terrorismo, e quindi al Califfo, e del
conflitto, ‘a bassa intensità’, ma esplosivo, tra Ucraina e Russia, dove l’obiettivo
è ‘zar’ Putin . Iraq/Siria - Nonostante la Casa Bianca s’attenga per ora
alla dottrina
"no boots on the ground" (nessun soldato sul terreno), i vertici del
Pentagono stanno raccogliendo tutte le informazioni possibili sulle difese degli
jihadisti a Mosul, per decidere se raccomandare l'invio d’un contingente al
fianco dell'esercito iracheno. Lo dice la Cnn, citando fonti del comando centrale
che da Tampa in Florida coordina le azioni contro lo Stato Islamico: l’offensiva
per riconquistare Mosul, seconda città irachena, nel Nord del Paese, presa
dagli integralisti nel giugno scorso e proclamata capitale, potrebbe scattare ad
aprile. Intanto, la Giordania continua a martellare da giorni con raid aerei le
postazioni degli jihadisti in Siria dopo la barbara uccisione del pilota giordano Muath al Kasessbeh, arso vivo. Gli
Emirati Arabi Uniti hanno inviato in Giordania uno squadrone di F-16, ma non è
chiaro chi piloti i caccia, perché gli EAU si sarebbero sfilati dalla
coalizione. L’ipotesi di truppe sul terreno era stata evocata a dicembre dal
capo di Stato Maggiore Usa, generale Martin Dempsey, e ripresa a gennaio dal
comandante del Centcom generale Lloyd
Austin. Ucraina - Se sull’Iraq la
pressione è soprattutto dei militari –ma il Congresso a guida repubblicana
s’appresta ad autorizzare il presidente al ricorso alla forza-, cresce a Washington
il partito politico che chiede di fornire a Kiev armi “letali” perché possa
“difendersi”. Fra le voci più sonore e più influenti, c’è quella del senatore repubblicano John McCain,
candidato alla presidenza nel 2008, prigioniero di guerra in Vietnam. Ma,
secondo fonti di stampa, anche stretti collaboratori di Obama la penserebbero
allo stesso modo. Per McCain, la strategia attendista di Usa e Germania
"non ha senso e non sta funzionando”. “Il momento di fornire armi
all'Ucraina è passato da tempo", gli fa eco il senatore Ted Cruz. E il
senatore Bob Corker dice che gli Usa avrebbero fatto "la stessa cosa con
l'opposizione siriana, li abbiamo illusi e poi li abbiamo lasciati
appesi". Diversi alti esponenti repubblicani ne fanno una questione più
generale di politica estera, sostenendo
che un intervento pro Ucraina manderebbe "un messaggio" all’Iran e ad
altri. "E’ una lotta tra una democrazia e una dittatura autocratica e dovremmo
schierarci", afferma il senatore Lindsey Graham. Ashton Carter, segretario
alla Difesa ‘in pectore’, s’è schierato: "Dobbiamo aiutare gli ucraini a
difendersi" e "sono incline a fornire loro armi, pure armi
letali", ha detto in un'audizione alla Commissione del Senato che deve
confermare la sua nomina. Il segretario di Stato John Kerry non ha "dubbi"
che gli Usa daranno "ulteriore assistenza" all'Ucraina, "economica
e di altro tipo". Il più determinato è il vice d’Obama Joe Biden:
"Troppe volte il presidente Putin ha promesso pace e ha consegnato carri,
armi e soldati”; "Noi crediamo che
gli ucraini abbiano il diritto di difendersi" e "continueremo a
fornire all'Ucraina assistenza per la sicurezza". La decisione, però, spetta
al presidente, che la deve ancora prendere: una decisione tra le più difficili
del suo mandato, che rischia di riportare le relazioni Usa – Russia alla Guerra
Fredda (non che ne siano ora molto lontane). Obama ne parlerà alla Casa Bianca
oggi con la cancelliera Angela Merkel, contraria alla fornitura di armi e impegnata
in una navetta di pace tra Russia e Ucraina. (gp)
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