Scritto per Il Fatto Quotidiano del 13/02/2015
Fragile e lacunosa, l’intesa di Minsk va bene a tutti, perché per tutti le
alternative erano peggio. L’Ucraina è stremata dal conflitto; la Russia dalle
sanzioni, dal rublo debole, dal petrolio giù. E senza accordo l’Ue brandiva la
minaccia di inasprire le misure, ma ne paventava le ritorsioni; e negli Usa un
riluttante Obama avrebbe dovuto fornire armi letali all'esercito ucraino, ingigantendo
con Putin le tensioni da Guerra Fredda. Vincitori e vinti, distinguerli è
difficile: Mosca e Kiev non ne escono trionfanti; Bruxelles e Washington
restano in panchina; Parigi e Berlino sono mallevadori dell’accordo, eroi
diplomatici per almeno un giorno.
Non è neppure detto che la tregua di Minsk prepari la pace, anche se
sperarlo non è vietato. Prevale la prudenza, nelle reazioni a caldo: l’accordo,
maturato in 16 ore di negoziati andati avanti tutta una notte, prevede un
cessate il fuoco che scatterà alla mezzanotte di sabato, mentre il ritiro dal
fronte delle armi pesanti dovrà avvenire entro 15 giorni –creando una zona
cuscinetto di 50/70 km- e la liberazione dei prigionieri entro 19.
Il comunicato finale riafferma il pieno rispetto
dell'integrità territoriale dell'Ucraina, che dovrà però garantire alla
province ribelli decentramento e statuto speciale –non l’autonomia, però-.
Neppure i protagonisti della trattativa si fanno illusioni. Angela Merkel:
“Restano grandi ostacoli”, ma c’è “un barlume di speranza”. Hollande: “Un
sollievo per l’Europa, una luce per l’Ucraina”. Poroshenko ammette: "Non è stato per
niente facile" arrivare a un compromesso, "ci hanno messo di fronte a
condizioni inaccettabili di ogni tipo, concessioni, ritiri". Putin, per la
tensione, spezza una matita durante la trattativa: l’immagine diventa virale
online.
Le zone grigie sono ampie. Che ne sarà
di Debaltsevo, nodo ferroviario strategico tra Donetsk e Lugansk? Putin
dice: "I miliziani filorussi s’aspettano che le truppe accerchiate
depongano le armi". Poroshenko resta vago. E della presenza militare russa
nel Donbas? La Casa Bianca chiede che Mosca ritiri i soldati e smetta di
foraggiare i ribelli, ma le fonti ucraine, spesso non attendibili, denunciano
l’ingresso di altri 50 carri armati e blindati russi in territorio ucraino.
Da
Minsk a Bruxelles, la Merkel e Hollande portano le notizie dell’Ucraina al
Vertice europeo, che diventa crocevia di tutte le crisi: la lotta al terrorismo
e il conflitto all’Est, i drammi dell’immigrazione e la ‘questione greca’. I
leader dei 28 non sciolgono i nodi, ma avallano l’operato di Francia e
Germania. Il premier Renzi parla di "un ottimo risultato". Il
‘ministro degli esteri’ europeo Federica Mogherini toglie dal tavolo il tema
delle sanzioni, anche se l’intesa “non è risolutiva”; il presidente del Vertice
Tusk nota che "la speranza è importante, ma non basta". L’Fmi allarga
i cordoni della borsa con Kiev.
C’è
l’attesa che le parti in causa fermino il bagno di sangue e avviino un processo
di pace vero e sincero il prima possibile. Ma che cosa può indurci a credere
che questo cessate il fuoco sia più solido di altri?, di quello di settembre di
continuo violato? La mobilitazione della diplomazia internazionale è stata,
questa volta, eccezionale.
A Minsk, in un palazzo sovietico
nell'architettura e nella ritualità, le trattative erano cominciati mercoledì
alle 18,30 italiane, prima fra i soli leader, poi con delegazioni allargate, presenti
i capi delle province secessioniste. I negoziati sono proseguiti fino a ieri mattina,
quando la situazione pareva compromessa; poi s’è sbloccata.
Le fasi che precedono l’entrata in vigore di un cessate il fuoco sono
sempre tragiche. Dopo l’intesa di Minsk, i morti sul terreno sono già una
quindicina. E la conta va avanti.
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