Scritto per Il Fatto Quotidiano del 21/02/2015
La legge del taglione impera in
Libia: dopo la cruenta offensiva egiziana di terra e aria su Derna, mercoledì, i
tagliagole del sedicente Stato islamico provocano una cinquantina morti ad al
Qubah, con un triplice attentato; e la strage non resta senza risposta, perché
in serata aerei libici – si ignora di quale fazione – bombardano Sirte, dove è
in vigore il coprifuoco, mentre unità egiziane le pongono un blocco navale.
I terroristi integralisti sono
all'offensiva in Libia e in Somalia, mentre subiscono rovesci in Nigeria, dove
le forze regolari da giorni stanno infliggendo pesanti perdite ai guerriglieri
di Boko Haram. Attacchi aerei su diverse postazioni avrebbero causato numerose vittime tra i miliziani jihadisti.
Ieri, un attacco kamikaze degli al-Shabab,
ribelli islamici in qualche modo affiliati al califfato, ha scosso Mogadiscio:
un veicolo
imbottito d’esplosivo è saltato in aria davanti al Central Hotel, vicino al
palazzo presidenziale, e un uomo ha attraversato i cancelli e si è fatto esplodere.
Almeno una ventina le vittime, secondo la Bbc, e decine i
feriti. Tra i morti, il vice-sindaco della capitale, Mohamed Aden, e un
deputato. Le
esplosioni sono state seguite da una sparatorie.
La Libia e la Somalia, due ex colonie italiane, due Stati ‘collassati’ –
abbiamo un record mondiale di ex colonie andate a male, a oltre mezzo secolo
dall'indipendenza -, sono l’’epicentro di giornata del terrorismo integralista.
Ad al Qubah, che sta nell'Est del
Paese, tra Derna, roccaforte del Califfato, e Beida, dove il governo di
al-Thani, espressione del Parlamento di Tobruk, ha la sua sede, due kamikaze si
fanno esplodere a bordo delle loro auto – davanti all'abitazione del presidente
del Parlamento e vicino a una sede delle forze di sicurezza -, mentre una terza
autobomba viene azionata a distanza: le vittime sono soprattutto civili in fila
in auto per fare rifornimento a una stazione di servizio.
Attribuendosi la strage, lo Stato islamico
proclama di volere “vendicare le famiglie dei musulmani di Derna e rivalersi sul
governo di Tobruk che cospira per ucciderli": il riferimento è alle oltre
60 persone uccise nei raid aerei eseguiti da Egitto e forze libiche dopo l'esecuzione
di 21 cristiani copti egiziani.
Gli attentati, condotti - pare - da
un saudita e da un libico, miravano a colpire le unità del generale Khalifa
Haftar, che guida le operazioni contro gli jihadisti. Il successivo
bombardamento non avrebbe invece fatto vittime, secondo fonti del Califfato
intercettate dal Site.
Sul fronte diplomatico, l’Occidente
si dice convinto che la via del negoziato è l’unica percorribile. Ma gli
islamisti che controllano Tripoli e l’Ovest del Paese escludono nuovi negoziati
mediati dall'Onu. Il loro premier Omar al Hasi ritiene l’argomento chiuso, dopo
i raid egiziani sulla Libia, sia pure diretti contro gli jihadisti. Al Hasi accusa
i gruppi di ex gheddafiani per la presenza degli integralisti a Sirte, la città
del Colonnello. Un membro del Parlamento di Tobruk, che intanto rifiuta un
governo di unità nazionale, afferma che europei e occidentali avrebbero chiesto
l'allontanamento del generale Haftar, la cui controversa figura ostacolerebbe
il dialogo.
Infine, da Washington giunge notizia
che sono 1.700 i foreign figters russi che combattono in Iraq con l’Is, il
doppio rispetto allo scorso anno. E il numero globale di jihadisti stranieri
sarebbe salito da 13 a 20 mila. A dirlo è il direttore dei servizi di sicurezza
russi Aleksandr Bortnikov, a margine del vertice per la sicurezza: Bortnikov è
colpito da sanzioni dell’Ue e del Canada, non degli Usa.
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