Scritto per www.GpNewsUsa2016.eu lo 03/02/2015
2015/02/03
- Tutto come detto nel discorso sullo stato dell’Unione del 20 gennaio: nella
sua nuova finanziaria, il presidente Usa Barack Obama mette a bilancio più
tasse per multinazionali e super-ricchi, aiuti e sgravi alle famiglie e alla
classe media e interventi per il rilancio delle infrastrutture. Fra le novità,
un’imposta del 19% sui futuri profitti esteri delle aziende statunitensi. Il
messaggio vale anche per l’Europa, in particolare dopo le elezioni in Grecia: basta con
l'austerity, è ora di pensare alla crescita, di tornare a spendere – il tema
tornerà nell'incontro con la cancelliera tedesca Angela Merkel, alla Casa
Bianca lunedì 9 febbraio-. E’ una finanziaria di svolta: una manovra da 4 mila
miliardi di dollari. "Non accetterò più una legge di bilancio di meri
tagli – ammonisce Obama - perché sarebbe un male non solo per la crescita della
nostra economia, ma anche per la sicurezza". Un avvertimento ai
repubblicani, maggioranza in Congresso, perché cerchino il compromesso e non lo
scontro muro contro muro: ai conservatori, non conviene presentarsi come il
partito dei tagli e del rigore alla campagna elettorale per le presidenziali 2016.
I numeri dell’economia sono dalla parte del presidente e inducono a voltare
pagina perché tutti gli americani, e non solo i più ricchi, possano trarre
vantaggio dall'uscita dalla crisi. Nello specifico, le proposte di Obama
prevedono, oltre all'aliquota del 19% sulle aziende che fanno profitti
all'estero, una una tantum del 14% per le società che riportano i capitali in
patria. Per tutte le altre imprese, l'aliquota scenderebbe dal 35% al 28% (e al
25% per il settore manifatturiero). Previsto anche un aumento delle royalty per
le trivellazioni e l’estrazione del gas. Gli introiti serviranno per finanziare
un piano di investimenti da 428 miliardi di dollari e sgravi fiscali per la
classe media da 277 miliardi di dollari. Il deficit dovrebbe collocarsi sui 475
miliardi di dollari (un 2,5% del pil) e salire poi a 684 miliardi entro il
2025. Il debito crescerebbe al 73,3% e arriverebbe al 75% in dieci anni, il
livello più elevato nel dopoguerra. (dispacci d’agenzia – gp)
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