Scritto per Il Fatto Quotidiano del 12/02/2015
Dura
solo un’ora e mezzo, il vertice a quattro a
Minsk tra Putin, Poroshenko, Hollande e la Merkel: troppo poco, per una
rottura; ma troppo poco anche per un accordo dettagliato. Dopo le foto di rito,
senza troppi sorrisi, ma senza neppure evidenti rigidità, i leader di Russia,
Ucraina, Francia e Germania raggiungono le delegazioni del gruppo di contatto
al completo nella sala delle plenarie -
ci sono pure l’Osce e i rappresentanti dei ribelli -: lì, si lavora a una
dichiarazione congiunta che ribadisce la necessità di rispettare gli accordi di
Minsk del settembre scorso, sempre violati. Intanto obici ucraini cadono
sull'ospedale di Donetsk e fanno vittime.
La pace, era troppo
chiedere. Ma una tregua più solida del cessate il fuoco attuale era il minimo.
Senza, la crisi va fuori controllo, avverte Poroshenko. Ma lo sanno tutti,
coloro che sono a Minsk; come lo sa il presidente Obama, che s’è speso in
lunghe telefonate –ruvida, quella con Putin-.
Dei potenziali
protagonisti di questa trattativa, da cui dipende la sicurezza di tutto il Continente,
militare, politica, economica, energetica, manca solo l’Unione europea. Troppo
deboli le sue voci - l’italiana Mogherini -, o troppo di parte - il polacco
Tusk, o la lettone Straujuma -, per stare qui.
La trattativa
s’articola intorno ai ‘desiderata’delle parti in causa. Un piano presentato
dagli insorti del Donbass al Gruppo di Contatto prevede un cessate il fuoco
effettivo dalle 10.00 di oggi, giovedì 12 febbraio; una riforma costituzionale che
dia un’autonomia speciale ad alcuni distretti di Sud-Est, da individuare entro
il 20 febbraio; e la fine dell’isolamento economico con Kiev che dovrebbe
tornare a pagare pensioni e sussidi agli abitanti delle aree sotto il controllo
dei ribelli.
Ma l’idea di
‘federalizzare’ l’Ucraina non piace né al presidente Poroshenko né al governo
ucraino. E c’è chi torna a evocare la formula Alto Adige. Se ne continuerà a
discutere.
Secondo fonti di stampa
dell’insurrezione, i separatisti chiedono anche il ritiro delle armi pesanti
dalla cosiddetta 'linea di contatto’ segnata negli accordi di settembre; e un’amnistia.
Il controllo della frontiera russo-ucraina potrebbe essere affidato all’Osce, l’Organizzazione
per la sicurezza e la cooperazione in Europa.
L’incontro cruciale comincia alle 18.30 ora
italiana, preceduto da bilaterali e trilaterali. Hollande e Merkel sono giunti coi
ministri degli Esteri Fabius e Steinmeier. E ci sono i leader delle repubbliche auto-proclamate di Lugansk e
Donetsk Alexander Zakharchenko e Igor Plotnitsky. Fonti tedesche intravvedono “un barlume di speranza” di mettere
fine a un conflitto che ha già fatto 5.400 morti civili e 1.600 militari –dati
ucraini-.
Hollande e la Merkel intendono “fare di tutto"
per arrivare come minimo a un cessate il fuoco, che possa poi consentire la
ricerca di formule di pace più durature. Poroshenko s’attende che a Minsk
l’Ucraina e gli europei parlino "con una voce sola" – il che, però,
ne inficia il ruolo di mediatori -. Se qui va male, Kiev è pronta ad introdurre
la legge marziale, l’Ue a inasprire le sanzioni e gli Usa ad armare gli ucraini
–e ha già deciso di addestrarne alcune unità-. Ma il ministro degli Esteri
russo Lavrov riferisce di "notevoli progressi": Putin, che aveva
condizionato la sua presenza a passi avanti nei preliminari, c’è.
Nelle ultime ore, i combattimenti sono
stati virulenti e hanno fatto vittime. Martedì, negli scontri e sotto le bombe,
erano morte almeno 37 persone. Ieri, a Donetsk, oltre l’ospedale, sono stati
centrati un mini-bus, la stazione centrale, una fonderia: molte le vittime.
Il comandante delle truppe Usa in Europa, generale
Ben Hodges, accusa i russi d’essere intervenuti contro lo snodo ferroviario di
Debaltsevo e teme che muovano verso Mariupol, sul Mare d'Azov. Per Hodges, i
russi hanno 10 battaglioni al confine con l'Ucraina. Non è invece chiaro quante
siano le truppe russe in territorio ucraino.
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