Scritto per AffarInternazionali.it lo 04/02/2015
Il Tour d’Europa del premier greco Alexis Tsipras inizia con tappe di
pianura, a Parigi e a Roma, prima d’affrontare i tapponi delle grandi salite a
Bruxelles e a Berlino. E la prossima settimana ci sarà la prova a squadre: il
Consiglio europeo del 12 e 13, deciso per discutere del ‘piano Juncker’, sarà
pure l’occasione per un confronto collettivo con il leader della sinistra
radicale il cui successo è una condanna della troika, che pare sul punto di
sciogliersi –Bce e Fmi vorrebbero sfilarsi- e dell’austerità.
“L’Europa deve riprendere fiato”, proclama Tsipras. E, nei primi contatti, trova
sponde in Francia e in Italia. Ma la spinta più convinta al partito della
crescita arriva dal presidente Usa Barack Obama –e non è una sorpresa-. “Stop all’austerity”,
dice Obama, presentando una finanziaria che aumenta le tasse ai ricchi e alle
multinazionali e prevede sgravi alle famiglie e un rilancio delle
infrastrutture. “L’America torni a spendere”; e lo faccia pure l’Europa.
Tsipras, che percorre l’Unione in tandem
con il ministro dell’economia Yannis Varoufakis, l’ideologo marxista già
divenuto lo spauracchio dei colleghi, chiede tempo, se non soldi. E l’Italia
pare disposta a concederglielo: il premier Matteo Renzi è pronto a dare una
mano al collega greco, anche se ciò non significa necessariamente dargli
ragione. Anzi, dopo avere dato la sensazione d’accarezzare l’idea di un partito
europeo dei leader giovani, senza cravatta e in maniche di camicia –ma quella
di Tsipras non è quasi mai bianca-, Renzi prende un po’ le distanze: ad Alexis,
regala una cravatta, “Mettila –gli dice- quando la crisi sarà finita”. Forse il
premier italiano s’è reso conto che di quel partito non sarebbe lui la guida.
Fra i due leader, in conferenza stampa,
non mancano le battute. Renzi la mette sullo storico: "Grecia e Italia sono
'superpotenze' del passato e sapranno collaborare in futuro". E poi
scherza: "Mi metto alla tua sinistra, anche se non è facile". E
quando Tsipras dice “parliamo una lingua comune”, l’italiano ammicca: "O
il liceo classico non serve, o il greco moderno è molto diverso dall’antico...".
Varoufakis raccoglie risultati più
concreti. Il ministro francese Michel Sapin promette: “Aiuteremo la Grecia, che
resterà nell’euro … A tutti servono crescita e investimenti”. Con il ministro
italiano Pier Carlo Padoan, si progetta un “prestito ponte”, in attesa di un nuovo accordo tra Ue e Grecia, che rimpiazzi i piani di
aiuti degli ultimi anni. Idee da approfondire quando Varoufakis incontrerà
prima il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi e poi il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble.
Dopo il colloquio con Renzi, Tsipras
afferma: "L'Europa è davanti a un crocevia. La Grecia vuole contribuire al
cambiamento. Ci serve tempo per un progetto di ripresa economica a medio
termine, che richiederà riforme a tutto campo". Tsipras aggiunge: “In
Grecia abbiamo avuto clientelismi, corruzione, ma vogliamo cambiare, senza creare
nuovo deficit e con equilibrio nei bilanci, senza rinunciare alle riforme e
garantendo i servizi sociali. Serve un'agenda di crescita che porti a strutture
pubbliche più funzionali e adeguate alle esigenze dei cittadini ".
Il premier italiano si schiera al suo
fianco: "Darò il massimo supporto al premier Tsipras, in termini di
disponibilità al dialogo in tutte le sedi e di cooperazione bilaterale". I
concetti del leader greco, del resto, echeggiano tesi care a quello italiano,
che nell’esito del voto in Grecia legge il messaggio “di speranza di un'intera
generazione che chiede più attenzione e riguardo per chi subisce la crisi”.
"Serve un cambio in Europa –incalza
Tsipras-: dobbiamo portare coesione e crescita dove c’è paura e incertezza".
"La nostra generazione –aggiunge, rivolgendosi a Renzi - è stata bersaglio
di scelte politiche sbagliate, una generazione che ha sofferto e che è dovuta
emigrare per sognare e vivere con dignità. Dobbiamo lottare per farla sperare
in prospettive migliori".
Davanti, però, c’è la trattativa con i
partner europei su debito e misure. E, qui, il premier italiano si fa
istituzionale: "Tutti vogliamo che nell’Unione si rispettino le regole, ma
anche che si riconoscano i valori comuni … Credo che si possa trovare un punto
di intesa con le istituzioni europee".
Il greco, che dopo le elezioni alterna
massimalismo e prammatismo, e che strizza l’occhio alternativamente a Bruxelles
e a Mosca, non forza: "Siamo aperti ai suggerimenti dei partner, ma siamo
contro la logica che ha portato al fallimento … Siamo pronti a vagliare tutte
le alternative, purché si vada verso la crescita e non verso l'austerità".
E i creditori italiani –rassicura- non temano per i loro soldi.
I partner europei vogliono soprattutto capire quali sono gli obiettivi greci.
La Commissione appare per il momento dialogante: “Troveremo una soluzione
–assicura il responsabile dell’Economia Pierre Moscovici-. Ma Atene rispetti
gli impegni”. La permanenza della Grecia nell’euro e nell’Ue è condivisa dalla
Germania, contraria però a tagliare il debito e disponibile a forme di
solidarietà solo in presenza di riforme da parte di Atene.
Renzi la vede così: "Ci sono due questioni
diverse sul tappeto. Una è la direzione dell'economia nell’Unione: dobbiamo
portare l'Europa a parlare di crescita e non di austerità. Non si costruisce
una prospettiva di sviluppo sul deficit, ne pagherebbero le conseguenze le
prossime generazioni". "Il secondo tema –prosegue il premier - è la
situazione dei nostri Paesi. Ovunque nell'Unione occorre fare le riforme … La
Grecia deve potere risolvere i suoi problemi con la politica di riforme a medio
termine che Tsipras progetta".
Sul palco mediatico del successo della sinistra
radicale in Grecia, dietro
la folla di chi sale sul carro del vincitore, c’era un coro di prefiche che intonavano il ‘de
profundis’ dell’Ue e dell’integrazione. Invece, il voto in Grecia è, anzi, un
trionfo dell’Europa e della democrazia che proprio ad Atene venne inventata e sperimentata
2500 anni or sono: l’Unione non è morta –la troika magari sì- e Tsipras non ne
sarà il killer; anzi, la vittoria di Syriza potrebbe risvegliare un’Europa che
langue.
Ora, c’è chi prova a sfruttare l’opportunità per
accelerare il cambiamento di rotta nell’Unione verso la crescita, gli
investimenti, l’occupazione; e chi s’appresta a disporre paletti e cavalli di
frisia su questo percorso, per evitare sprechi e sciali, per innescare
efficienza e competitività. Una dialettica che è dentro la storia
dell’integrazione.
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