Scritto per www.GpNewsUsa2016.eu e Formiche.net il 10/03/2016
Il Super Sabato e, poi, il ‘mini Super Martedì non
sono stati giorni allegri per Hillary Clinton; e possono avere cambiato
l’inerzia della campagna, fin qui quasi ineluttabilmente a suo favore.
Assistiamo a due movimenti uguali e contrari, fra i democratici e i
repubblicani: Donald Trump annacqua le sue posizioni populiste e comincia a
recitare da moderato; l’ex first lady, invece, deve inseguire per sentieri di
sinistra il suo rivale Bernie Sanders.
Lo showman è un carrarmato: non lo ferma nessuno,
anche se resta lontano dalla nomination, se si conta il numero dei delegati ne
ha poco più di un terzo dei necessari -. L’ex segretario di Stato, invece,
inciampa in tutti gli ostacoli, una la vince e una la perde, ma è ben oltre la
metà dei delegati che ci vogliono per la nomination e, se vince martedì in
Florida e Ohio, due Stati grossi, dove chi è primo prende tutti i delegati,
vede il traguardo.
Se vince: è avanti nei sondaggi, con un rapporto di
forze dell’ordine di 2 a 1, ma l’ex first lady s’è già fatta rimontare e il
senatore del Vermont ha dalla sua l’entusiasmo. Inoltre, a livello nazionale,
Hillary resta prima, ma con un vantaggio risicato di sette punti per un
rilevamento recente.
Per la Clinton, le ultime non sono state tappe
allegre: ha vinto le primarie in Louisiana e Mississippi confermandosi la
regina del Sud, ma ha perso le assemblee – che le riescono proprio male: non ne
azzecca una - in Kansas, Nebraska e Maine e ha perso pure le primarie nel
Michigan, dove pure era favorita (d’un soffio, ma le ha perse).
Un brutto colpo, se dopo il New England pure la Rust
Belt e il MidWest le preferiscono Sanders. L’elettorato democratico bianco,
anche etnico – il Michigan è Stato di forte immigrazione slava -, ha voglia di
riscatto e s’abbarbica ai messaggi di sinistra di Nonno Bernie, anche se tra zia
Hillary e un repubblicano non dovrebbe poi esitare a votare l’ex first lady.
Specie se il repubblicano sarà Trump. Cosa che, per
quanto inverosimile, è sempre più probabile: dopo gli ultimi voti, ha vinto in
15 Stati – martedì in Michigan, Mississippi e Hawaii -, lascia qualche briciola
a Ted Cruz – martedì, l’Idaho -, mentre Marco Rubio non vince (quasi) mai – ha
due successi, finora - e fa persino peggio di John Kasich, che in Michigan
finisce testa a testa con Cruz sul podio.
Per il senatore della Florida e il governatore
dell’Ohio martedì 15 è l’ultima chiamata: o vincono ciascuno nel proprio Stato
o devono lasciare. E i sondaggi non sono per loro incoraggianti: Trump è
davanti, nettamente in Florida, meno in Ohio.
In termini di delegati, la sconfitta in Michigan non è
gravissima, perché i 148 delegati democratici dello Stato vengono ripartiti con
la proporzionale, così come i 41 del Mississippi, dove Hillary è sopra l’80%. E
Michael Bloomberg si tiene in disparte per favorirla. Ma il messaggio e che
Sanders fa più presa di lei dove la crisi ha più lasciato il segno: l’economia
del Michigan si dice sia stata “rasa al suolo”.
La Clinton, parlando ai supporter a Cleveland, dopo la
sconfitta nel Michigan e prima del dibattito con Sanders a Miami la scorsa
notte, non fa riferimento ai risultati ma attacca i repubblicani, la cui “retorica
scende sempre più in basso”, mentre “la posta in gioco in queste elezioni
diventa sempre più alta. La corsa per la presidenza non dovrebbe essere fatta
di insulti, ma di risultati". E il capo della sua campagna John Podesta
trova pure “irrispettoso” i toni di Sanders verso l’ex first lady.
Trump, invece, festeggia a modo suo, cioè con
tracotanza: “Chi mi attacca cade”, dice dei rivali, riferendosi a Rubio, che da
qualche tempo ne ha fatto il suo bersaglio principale. E bolla la Clinton come
“un candidato difettoso”, che gli sarà “facile battere” all’Election Day: “sono
imbattibile – afferma -, se il partito si compatta dietro di me” (invece di
mettergli i bastoni tra le ruote).
L’avvertimento è anche un’apertura: “Io sono un
conservatore … non sto cambiando il partito … posso essere più presidenziale di
chiunque…”. Anche l’establishment fa un passo: Paul Ryan, presidente della
Camera, lo chiama e chiude uno dei tanti incidenti di questa campagna. Trump
subito ne apre un altro con l’ennesima polemica per un presunto saluto nazista
(che lui nega).
Lo showman dice: "Ho prevalso nonostante i 38
milioni di dollari in valore di orribili bugie" spesi contro di lui in
spot vari. Esibendo prodotti del brand Trump, vini e bistecche compresi,
scimmiotta Cruz che sostiene d’essere l'unico che può batterlo ("ma
raramente ci riesce"), mentre Marco Rubio in versione "ostile"
non ha funzionato. I sondaggi, però, dicono che Cruz lo sta avvicinando e che
parte degli elettori lo giudicano “disonesto”,
Carly
con Cruz, Schwarzy con Kasich - Carly Fiorina, ex
aspirante alla nomination repubblicana e unica donna fra i candidati
conservatori, ritiratasi il 10 febbraio, ex ceo di Hp, appoggia Cruz, texano
come lei: i due si sono incontrati dopo la vittoria del senatore nell’Idaho. La
Fiorina, nell’occasione, ha annunciato il suo voto, criticando sia Trump che la
Clinton, due facce – ha detto - della stessa medaglia.
Invece, l’attore, ed ex governatore della California, Arnold Schwarzenegger sta con Kasich e lo dichiara con un video su Snapchat: “ha fatto un lavoro straordinario nell’Ohio e ha Washington c’è bisogno di una leadership di questo tipo”. Una volta si prestavano d’ambizioni presidenziali a ‘Schwarzy’, che, però, non può coltivarle, essendo nato in Austria come cittadino austriaco. (gp)
Invece, l’attore, ed ex governatore della California, Arnold Schwarzenegger sta con Kasich e lo dichiara con un video su Snapchat: “ha fatto un lavoro straordinario nell’Ohio e ha Washington c’è bisogno di una leadership di questo tipo”. Una volta si prestavano d’ambizioni presidenziali a ‘Schwarzy’, che, però, non può coltivarle, essendo nato in Austria come cittadino austriaco. (gp)
Nessun commento:
Posta un commento