Scritto per www.GpNewsUsa2016.eu e Formiche.net lo 04/03/2016
Ora che la nomination di Donald Trump pare quasi
inevitabile, volano gli stracci fra i repubblicani, nel tentativo di fermalo. Ma
forse è tardi. Ci va giù pesante Mitt Romney, candidato repubblicano alla Casa
Bianca sconfitto nel 2012: "Trump è un falso, un ciarlatano, un impostore.
La sua politica interna ci porterebbe alla recessione. La sua politica estera
non è affatto intelligente", dice Romney, schierandosi contro il magnate
dell’immobiliare, senza però annunciare la discesa in campo ipotizzata.
Per Romney, se i repubblicani candidassero lo showman,
la vittoria di Hillary Clinton sarebbe sicura. La replica di Trump è pronta:
"Ciò che dice Romney è irrilevante: è un cadavere politico … Come candidato, fu un disastro, fece la
peggiore campagna da molti decenni in qua … Ha perso e adesso vuole tornare in
campo … Io sono quello che batterà Hillary".
Anche l’ex candidato repubblicano nel 2008 John McCain
e lo speaker della Camera, e candidato vice nel 2012, Paul Ryan si uniscono al
coro anti-Trump, mentre uno stuolo di esperti di estera ne denunciano la
pericolosità. Su cui Romney insiste: “Trump non può fare il presidente, i
nostri alleati sono allarmati”, mettendone pure in dubbio, lui imprenditore, le
qualità da uomo di affari: “Trump non è un genio del business, non ha creato
lui la sua ricchezza, l’ha ereditata; anzi, lui ha fatto bancarotta e
compromesso posti di lavoro”.
Dibattito
a Detroit fra gli aspiranti alla nomination – La notte scorsa,
il dibattito di Detroit è l’occasione del ritorno di Trump sulla Fox: l’ultima
volta, aveva disertato il confronto sulla rete dopo uno scontro con una dei
moderatori, la giornalista Megyn Kelly; adesso, c’è stato uno scambio di
convenevoli, “Come stai?, Megyn. Ti trovo bene”. Poi è iniziata la ridda di
attacchi incrociati: scintille soprattutto tra Trump e il senatore della
Florida Marco Rubio, mentre il senatore del Texas Ted Cruz assume il ruolo del
saggio. Ma alla fine tutti si sono impegnati a sostenere il candidato che
otterrà la nomination, fosse anche Trump.
Lo showman s’è dissociato dal sostegno ottenuto nei
giorni scorsi da esponenti del Ku Klux Klan e s’è rifiutato di rendere nota una
sua conversazione ‘off the record’ con il New York Times, su cui s’intrecciano
voci contraddittorie sulla sua fermezza nel volere alzare il muro anti-immigrati
tra Usa e Messico. Confermata, invece, la sua difesa di forme di tortura come
il waterboarding: “ci vuole quello e altro”, con i terroristi.
S’è parlato parecchio di politica estera. Trump ha
detto che sarebbe “non male” se Usa e Russia andassero d’accordo. Il
governatore dell’Ohio John Kasich pensa che gli Stati Uniti dovrebbero inviare “truppe
di terra” in Libia contro il sedicente Stato islamico; Rubio è favorevole a
raid aerei e all’invio “di un numero significativo di forze speciali”.
Come fa spesso, Hillary Clinton non è rimasta in
silenzio durante il dibattito: ha ‘twittato’ che “più il tempo passa” più i
discorsi repubblicani “diventano sinistri”.
Carson
medita ritiro - Giovedì sera, sul palco del dibattito
di Detroit, non c’è Ben Carson, che è sul punto di ritirarsi: "Non vedo
alcun percorso politico andando avanti, dopo il Super Martedì", dice il
guru in una nota, lasciando presagire l’addio. L'ex neurochirurgo nero, che in
autunno pareva lanciato, ma che s’è poi spento progressivamente, chiarirà la
sua posizione oggi alla Conservative Political Action Conference nel Maryland,
dove farà un discorso. A caldo, martedì notte, Carson aveva detto di volere
restare in corsa pur sapendo di non avere speranze: "La posta in gioco –
erano state le sue parole - è troppo alta ... Credo seriamente nell'America e
nella possibilità che possa tornare ai valori fondanti".
Hollywood,
cultura, media contro Trump - Trump è intanto il bersaglio d’una serie d’attacchi dello
spettacolo, della cultura, dei media. George Clooney, dichiaratamente
democratico, lo definisce un "opportunista, fascista e xenofobo", in
un’intervista a The Guardian. Clooney sostiene Hillary, alla cui raccolta fondi
contribuisce (nel 2012, in una sola serata portò a Obama oltre 12 milioni di
dollari per Obama).
E Richard Gere, altro democratico, ieri a Londra per
presentare un film e lanciare una campagna pro senzatetto, ha detto al London
Evening Standard che Trump "è Mussolini, è un demagogo": "Com’è
possibile che le persone lo supportino – s’è chiesto-? E’ perché sono disilluse,
amareggiate, confuse”, mentre Trump assicura "ci sbarazzeremo degli ebrei,
dei neri, di tutti quelli che sono ritenuti essere un problema”.
Il settimanale Time dedica la copertina a Trump,
definendolo “bullo, showman, guastafeste e demagogo”. L'inviato a bordo del ‘Trump
One’, il jet del magnate, scrive che il candidato comunica alla gente “su un
livello oltre la pura razionalità”: “Le sue frasi non sempre sono pensate, ma sono
un pugno. L'imprenditore attira applausi promettendo posti di lavoro,
denunciando gli stranieri e sbeffeggiando i burocrati federali".
Commentando la levata di scudi dei repubblicani dell’establishment
e dei conservatori moderati contro Trump, la Casa Bianca ha ieri osservato che “il
vuoto politico nel loro partito è stato creato da loro stessi”: nella serie,
chi è causa del suo male pianga se stesso. (fonti vv - gp)
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