Scritto per Il Fatto Quotidiano dell'11/02/2016
L’ultima volta fu nel 2007-’08 – ambasciatore
Marcello Spatafora: fummo i più votati, pari merito con il Sud Africa-. Ma
nella leggenda della diplomazia è entrato il biennio 1995-’96, quando prendemmo
più voti della Germania: l’ambasciatore era Francesco Paolo Fulci, mitica
feluca, che portò a casa consensi persino dispensando allenatori di calcio
nostrani a improbabili nazionali d’arcipelaghi polinesiani.
Questa volta, la campagna elettorale è affidata
all'ambasciatore Sebastiano Cardi e al suo vice, pure ambasciatore di rango,
Inigo Lambertini: una coppia d’assi, messa insieme proprio per tornare -
sarebbe la settima volta - nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu nel biennio
2017-’18 come membri non permanenti. Si decide a fine giugno e i nostri
avversari sono Svezia e Olanda, Paesi che un po’ s’elidono a vicenda – entrambi
del Nord Europa, entrambi ‘piccoli’ almeno come popolazione, entrambi attenti
ai diritti dell’uomo, l’uno però neutrale e terzomondista, l’altro atlantico e
spesso interventista -.
La candidatura italiana è uno dei motivi, se non il
motivo principale, della visita al quartier generale delle Nazioni Unite del
presidente Mattarella, che è negli Usa da sabato e che concluderà il viaggio al
centro spaziale di Houston dove ci saranno gli astronauti italiani. A New York,
Mattarella incontra il segretario generale Ban Ki Moon e il presidente
dell’Assemblea generale, il danese Mogens Lykketoft; e invita a un ricevimento
gli ambasciatori dei Paesi dell’Onu. Nei colloqui, come già a Washington, alla
Casa Bianca e al Congresso, si parla di lotta al terrorismo, Libia, crisi dei migranti,
crescita in Europa e negoziati per una zona di libero scambio transatlantica.
L’Italia, da 60 anni al Palazzo di Vetro – vi entrò
nel 1955 -, è in lizza per uno dei due seggi rotanti del cosiddetto ‘gruppo
Europa occidentale e altri’. La ricerca di consensi suggerisce atteggiamenti non
urticanti in questa fase, anche verso Paesi non particolarmente virtuosi, ad
esempio, nel rispetto dei diritti dell’uomo. E una tragedia come quella al
Cairo di Giorgio Regini è delicata da gestire, anche se poi il premier non si
fa scrupolo di distribuire schiaffi ai partner dell’Ue: così, dico per dire, avremo i voti di
Egitto e Azerbaigian, se ci mancheranno Germania e Finlandia.
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