Scritto per Il Fatto Quotidiano del 16/02/2016
All'America
insofferente della politica e del politichese, che si beve le sparate di Donald
Trump ed i sofismi di Ben Carson, i partiti offrono in pasto un classico
tormentone Casa Bianca / Congresso: la sostituzione del giudice della Corte
Suprema Antonin Scalia può segnare tutto l’ultimo scorcio della presidenza
Obama e può anche rivelarsi un passaggio pericoloso per i candidati
democratici, in vista dell’Election Day dell’8 Novembre. Se vorrà davvero
designare il successore di Scalia, Barack Obama dovrà lavorare di mediazione
col Senato controllato dall'opposizione repubblicana, che deve confermare la
nomina: se ci va di punta, lo scontro rischia di fare danni e vittime.
Scalia,
79 anni, origini italo-americane, era l’anima conservatrice della Corte
Suprema, dove sedeva da quasi trent’anni – lo designò Ronald Reagan nel 1986-,
rispettato e stimato anche da chi non la pensava come lui: Bernie Sanders, il
senatore del Vermont che contende la nomination democratica a Hillary Clinton,
riconosce: “Era un uomo di valore”. Il magistrato è deceduto improvvisamente,
prima di una battuta di caccia a Marfa, in Texas.
Il nuovo
giudice sarà l’ago della bilancia d’una Corte Suprema i cui attuali otto membri
sono divisi in due campi: quattro sono stati designati da presidenti
repubblicani e quattro da democratici. George W. Bush scelse il presidente,
John G. Roberts, nel 2005 e Samuel Alito nel 2006, mentre Clarence Thomas fu
designato da George H. Bush nel 1991, e Anthony Kennedy da Ronald Reagan nel
1988, l’ultimo anno del suo mandato. Nella Corte con Scalia, Kennedy fungeva un
po’ da ago della bilancia, avendo spesso assunto posizioni liberal: in caso di
parità, pesa il voto del presidente.
I
giudici designati da presidenti democratici sono Ruth Bader Gingsburg e Stephen
Breyer, proposti da Bill Clinton nel 1993 e nel 1994, e Sonia Sotomayor ed
Elena Kagan scelte da Obama nel 2009 e nel 2010. Complessivamente, ci sono tre
donne, un nero, un ispanico: gli equilibri di genere e l’attenzione alle
minoranze sono già sostanzialmente rispettati. Se Obama provasse a sostituire
Scalia con una icona della diversità ‘liberal’ andrebbe a sbattere; se punta su
un moderato, può farcela. Il processo di ratifica può prendere anche tre mesi:
il tempo c’è, di qui alla fine del mandato il 20 gennaio 2017.
Difficile
anticipare le opzioni del presidente: la scelta è delicata, i giudici una volta
confermati lo sono a vita. Bisogna scandagliare le Facoltà di Diritto delle
Università più prestigiose e i tribunali federali e statali d’America. I
maggiori media americani snocciolano nomi, giudici bianchi e neri e ispanici,
uomini e donne, uno di origini indiane Srikanth Srinivasan, una nera di origini
asiatiche Kamala D. Harris.
La
successione di Scalia è già stata il tema principale del dibattito televisivo
fra gli aspiranti alla nomination repubblicana, sabato sera, a Greenville,
nella South Carolina: i candidati sono stati quasi unanimi, vogliono che non
sia il presidente Obama a designare il successore e sollecitano, trovando già
sponde, i senatori a impedire che ciò avvenga. Soltanto Jeb Bush riconosce che
il presidente può procedere alla scelta. Donald Trump e gli altri vogliono che
il successore di Scalia sia un clone di Scalia. Ovviamente, i democratici non
la pensano allo stesso modo. Hillary Clinton ricorda che la nomina del nuovo
giudice è un dovere costituzionale.
La tesi repubblicana, che non ha alcun fondamento giuridico, è che Obama a fine mandato non può prendere una decisione così condizionante a lungo termine. La tesi democratica è che pure il Senato ha il dovere di esprimersi e non può tirarla in lungo fino all’insediamento del nuovo presidente. Obama ha già detto che designerà un nuovo giudice, nonostante la minaccia di veto dei repubblicani.
La tesi repubblicana, che non ha alcun fondamento giuridico, è che Obama a fine mandato non può prendere una decisione così condizionante a lungo termine. La tesi democratica è che pure il Senato ha il dovere di esprimersi e non può tirarla in lungo fino all’insediamento del nuovo presidente. Obama ha già detto che designerà un nuovo giudice, nonostante la minaccia di veto dei repubblicani.
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