Scritto per gli Appunti del blog di Media Duemila lo 05/02/2016
La fonte è
affidabile; e il dato è magari scontato, ma non per questo è meno deprimente:
nella lista dei media, nuovi o tradizionali, più letti e più influenti a
Bruxelles, hanno spazio soltanto quelli scritti in inglese. Lo dice una ricerca
condotta da due importanti e ben note agenzie attive nel campo della
comunicazione, la ComRes e la Burson-Marsteller,
Il
Financial Times è il media più influente fra chi a Bruxelles prende le
decisioni e contribuisce a formare le opinioni pubbliche, mentre Bbc e
Politico, un sito ‘made in Usa’ da poco affacciatosi sulla scena europea, sono
le fonti più consultate. Ai primo posti troviamo pure il portale d’informazione
europea EurActiv e il settimanale The Economist. Fra i social media, Facebook
è preferito a Twitter e a tutti gli altri.
I risultati
della ricerca non stupiscono e, anche per questo, appaiono credibile: logico
che, in una comunità di decine di migliaia di eurocrati, diplomatici, lobbisti
provenienti da decine di Paesi diversi, i media che utilizzano una lingua
veicolare siano più diffusi e utilizzati e ‘ascoltati’ di quelli che utilizzano
una lingua nazionale.
E se siamo
della scuola ‘mal comune mezzo gaudio’ possiamo consolarci con il fatto che in
quella classifica non mancano solo i media italiani: non vi sono neppure Le
Monde, o Der Spiegel, o El Pais, testate leader in Francia, Germania, Spagna;
né c’è il Wall Street Journal Europe, ‘cavallo di Troia’ del business
statunitense nell’Ue.
Ma invece che andare a caccia di premi di consolazione sarebbe meglio correre ai ripari: perché il problema non è di bandiera, ma di approccio. Il Financial Times, Politico, EurActiv sono media scritti in inglese, ma non sono media inglesi – il Financial Times ha ormai da decenni una dimensione internazionale che va ben oltre le sue origini-. Essere influenti oggi, in Europa e nel Mondo, comporta la capacità di esprimersi in inglese, ma comporta, a monte, la capacità di non pensare in termini nazionali o – peggio ancora - di giochi di potere nazionali.
Quella comunità bruxellese è il nucleo, magari al momento elitario, d’un’opinione pubblica europea la cui nascita è stata finora preclusa proprio dalle barriere linguistiche. Se le si vuole parlare, bisogna sì esprimersi in inglese, ma bisogna pensare europeo. A noi italiani, di questi tempi, riesce persino meglio la prima cosa della seconda.
Ma invece che andare a caccia di premi di consolazione sarebbe meglio correre ai ripari: perché il problema non è di bandiera, ma di approccio. Il Financial Times, Politico, EurActiv sono media scritti in inglese, ma non sono media inglesi – il Financial Times ha ormai da decenni una dimensione internazionale che va ben oltre le sue origini-. Essere influenti oggi, in Europa e nel Mondo, comporta la capacità di esprimersi in inglese, ma comporta, a monte, la capacità di non pensare in termini nazionali o – peggio ancora - di giochi di potere nazionali.
Quella comunità bruxellese è il nucleo, magari al momento elitario, d’un’opinione pubblica europea la cui nascita è stata finora preclusa proprio dalle barriere linguistiche. Se le si vuole parlare, bisogna sì esprimersi in inglese, ma bisogna pensare europeo. A noi italiani, di questi tempi, riesce persino meglio la prima cosa della seconda.
Nessun commento:
Posta un commento