Comparso, in versioni diverse, lo 03/02/2016 su AffarInternazionali.it, Il Fatto Quotidiano, Metro, www.GpNewsUsa2016.eu e Formiche.net
Cambio di scena: dallo Iowa rurale, nel MidWest, al
New Hampshire liberal, lo Stato del Granito, nel Nord-Est del New England, Sono
già tutti lì, almeno quelli che contano e che ancora ci credono: Donald Trump
ha catechizzato nelle ultime ore i suoi volontari (e se l’è al solito presa con
i media); Jeb Bush è stato raggiunto da Mamma Barbara; Bernie Sanders ha
raccolto in poche ore tre milioni di dollari, segno che i suoi sostenitori sono
galvanizzati.
Dopo avere speso in Iowa più tempo di quanto non
avrebbero mai desiderato – per fare due esempi, 140 visite Sanders, 104 Hillary
Clinton -, gli aspiranti alla nomination per la Casa Bianca, democratici e repubblicani,
hanno lasciato lo Iowa, in questi giorni un’unica distesa di neve e gelo: due
di essi ci torneranno per fare campagna fra otto mesi, dopo le convention; gli
altri, forse, non ci torneranno mai più, lo hanno ormai visto in lungo e in
largo.
Nello Iowa, fra i democratici, c’è stato un equilibrio
non aritmetico, ma sostanziale: la Clinton (49,8%) e Sanders sono risultati alla
fine divisi da uno scarto dello 0,3%, il che consente all’ex first lady di
cantare vittoria e al senatore del Vermont di dichiarare “un pareggio
virtuale”. In qualche assemblea, è stata la monetina del sorteggio a dare il
successo all’una o all’altro. C’è chi evoca una verifica, di fatto impossibile
perché il voto avviene per crocchi – il più numeroso vince – e non per schede.
I dati confermano che i giovani hanno peferito Sanders –ben quattro su cinque-
e le donne di misura Hillary.
Fra i repubblicani, vincono Ted Cruz, che è primo, e
pure Marco Rubio, che è terzo. Perde di sicuro Trump: l’Iowa per lui è una
campagna di Russia dove il magnate dell’immobiliare lascia, tra la neve e il gelo,
l’aura di sicumera e di imbattibilità che s’era costruito con il suo stile
aggressivo e urticante. Il Daily News già lo liquida come “dead clown walking”,
bruciando i tempi. E lui ammette che l’avere saltato l’ultimo dibattito in
diretta televisiva con i suoi rivali, per uno screzio con la Fox, può essergli
costato caro.
La gente dello Iowa ce l’ha, da sempre, con i
battistrada, quelli troppo sicuri di sé o troppo forti; e, spesso, li castiga.
Talora, sono lezioni che lasciano il segno: nel 2008, Hillary Rodham Clinton
perse e non si risollevò più. Talora, sono batoste d’un giorno: nel 2012, Mitt
Romney fu battuto, ma poi ottenne la nomination.
Che cosa comporti il risultato di lunedì per Trump è
difficile dirlo: lo showman ne esce con la coda fra le gambe, anche se non lo
ammette, ma non ha ancora esaurito il suo repertorio. Cruz e Rubio emergono
come candidati possibili dei Tea Party e degli evangelici – il senatore del
Texas - e dell’establishment repubblicano moderato – il senatore della Florida -.
Rubio in particolare è ormai destinato ad assumere a pieno il ruolo che i
pronostici attribuivano a Jeb Bush, l’ex governatore della Florida, ancora una
volta deludente (ma non rassegnato: afferma che “la vera corsa comincia ora”).
Il quarto uomo repubblicano è per ora un ‘Mister X’,
che potrebbe farsi largo fra la mezza dozzina di comprimari più o meno
folkloristici, dal guru nero Ben Carson, ex neurochirurgo, che dà però
l’impressione di non crederci –parte per la Florida invece che per il New Hampshire,
spiegando “lì fa più caldo”- allo stesso Jeb, passando per i governatori del
New Jersey Chris Christie e dell’Ohio John Kasich, senza dimenticare, per
cavalleria, l’unica donna, Carly Fiorina.
Le assemblee dello Iowa, i caucuses, che aprono la
stagione delle primarie per designare i candidati dei due maggiori partiti alla
Casa Bianca, in vista delle convention di luglio e dell’Election Day dell’8
novembre, creano sorprese – la sconfitta di Trump è inattesa - e fanno vittime:
si ritirano così il democratico Martin O’Malley, ex governatore del Maryland,
sempre irrilevante nei sondaggi – e ora pure nei voti -; e l’ex governatore
dell’Arkansas Mike Huckabee, che nello Iowa vinse nel 2008 (questa volta, ha
preso il 2% dei voti e nessun delegato).
I risultati dello Iowa ricevono un’attenzione persino
sproporzionata al loro peso effettivo: assegnano infatti solo 44 delegati
democratici (su un totale di 4.763) e 30 delegati repubblicani (su 2.472).
Salvo variazioni in sede di verifiche, quelli democratici sono andati 23 a
Hillary e 21 a Sanders; quelli repubblicani sono andati 9 a Cruz (28% dei voti),
7 a Trump (24%), 7 a Rubio (23%); e poi 3 a Ben Carson (9%) e uno ciascuno a
Rand Paul (5%), Jeb Bush (3%), John Kasich (3%) e Carly Fiorina (3%). Christie,
Huckabee, Rick Santorum e Jim Gilmore sono rimasti a secco.
Nel New Hampshire, la partita repubblicana è apertissima: Trump è davanti nei sondaggi, Rubio spera di fare meglio di Cruz (e vorrebbe poi vincere in South Carolina). Quella democratica è apparentemente già decisa: Sanders, che gioca quasi in casa, dovrebbe vincere; Hillary dovrebbe poi rifarsi in Nevada e South Carolina, prima del Super-Martedì, il 1° marzo, con 14 Stati in lizza.
Nel New Hampshire, la partita repubblicana è apertissima: Trump è davanti nei sondaggi, Rubio spera di fare meglio di Cruz (e vorrebbe poi vincere in South Carolina). Quella democratica è apparentemente già decisa: Sanders, che gioca quasi in casa, dovrebbe vincere; Hillary dovrebbe poi rifarsi in Nevada e South Carolina, prima del Super-Martedì, il 1° marzo, con 14 Stati in lizza.
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