Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 02/02/2016
Il nome stesso è una testimonianza d’impotenza: si
chiama ‘small group’, cioè ‘piccolo gruppo’, ma è composto di ben 23 Paesi, che
sarebbero i maggiormente impegnati della “ben più ampia coalizione globale” –
recita un comunicato della Farnesina – contro il sedicente Stato islamico. Ci
sono dentro gli Usa e l’Arabia saudita e altre monarchie sunnite del Golfo
sospettate di foraggiare gli jihadisti; gli occidentali ‘volenterosi’ e pure la
Turchia, che con il Califfo fa traffici a gogò; ma non ci sono i russi, gli
iraniani, i curdi che non hanno uno Stato, cioè gli unici che alle milizie
fanno vedere i sorci verdi, dal cielo o sul terreno.
La riunione ministeriale si tiene oggi alla
Farnesina, co-presieduta dal ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni e
dal segretario di Stato Usa John Kerry – i due si sono parlati al telefono
domenica-. Ci sarà pure l'Alto rappresentante Ue Federica Mogherini.
Quello di Roma è il terzo vertice ministeriale dello
'Small Group', dopo quelli di Londra (gennaio 2015) e Parigi (giugno 2015), e
cade a un anno dalla creazione di questo formato, cui sulla carta spetta un
ruolo di guida politica e strategica dello sforzo anti-Califfo. Peccato che l’incontro
coincida con lo stallo dei negoziati di Ginevra per la transizione verso il
dopo-Assad in Siria, al cui sblocco non basterà di sicuro il pieno sostegno che
sarà liturgicamente espresso dai ministri. E siamo pure in una fase di forti
tensioni fra i ‘nemici’ del Califfo, che siano o meno parte di questa coalizione
- Russia contro Turchia, Arabia saudita contro Iran -. Lo ‘Small Group’
reitererà, inoltre, il proprio sostegno al premier iracheno al-Abadi,
nonostante il suo governo deve ancora dare prova di efficienza e integrità.
La riunione farà un bilancio dell’azione condotta
nell’ultimo anno - il territorio sotto il controllo delle milizie è stato in
qualche misura delimitato, ma non significativamente ridotto - e vorrebbe
servire a rafforzare e accelerare lo sforzo collettivo, anche se nessuno ha
l’intenzione d’impegnarsi in azioni sul terreno. E certo, a margine della
riunione, si parlerà pure di Libia, dove il Califfo non c’era e ora è una
minaccia-.
L'Italia, che non partecipa ai raid né in Iraq né in
Siria, ma compie voli di ricognizione sull’Iraq, e che ha di recente ricevuto
sollecitazioni a fare di più dalla Nato e dagli Usa, si auto-presenta come “uno
dei Paesi più impegnati della coalizione”: contribuisce a formare le forze di polizia
irachene, contrasta il finanziamento degli integralisti, prova a intercettarne i
foreign fighters e la propaganda.
A Ginevra, intanto, la delegazione dell’opposizione
ha messo in tavola le sue richieste umanitarie, accettando di mettere piede nel
palazzo dell’Onu per la prima volta: la fine dei bombardamenti e degli assedi,
il rilascio dei detenuti. E l'Alto Commissariato Onu per i diritti umani
ammonisce che comunque vadano i negoziati non dovrà esserci amnistia per i
responsabili di crimini di guerra o contro l'umanità.
Nel week-end, una delegazione americana ha visitato
la regione di al-Jazira, una delle principali enclave curde della Siria, dove
ha avuto contatti a Kobane con membri dell'alleanza curdo-araba che combattono
contro gli jihadisti: hanno studiato piani militari. Eppure, i turchi non
vogliono i curdi a Ginevra perché sono terroristi.
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