Scritto per www.GpNewsUsa2016.eu e Formiche.net il 23/02/2016
Prima Ted Cruz, ora Marco Rubio: Donald Trump cerca di
mettere fuori gioco i rivali al momento più pericolosi, contestandone il diritto
a diventare presidente che la Costituzione riconosce soltanto a chi nasce cittadino
americano. Cruz è nato in Canada da padre cubano e madre americana, che poteva,
quindi, trasmettergli immediatamente la cittadinanza; Rubio è nato a Miami, da
genitori cubani divenuti cittadini americani solo quattro anni dopo (ma chi
nasce sul suolo statunitense è automaticamente cittadino, valendo lo ius soli).
Gli esperti di diritto sono inclini a ritenere che sia Cruz che Rubio abbiano i
requisiti per divenire presidenti, ma Trump solleva lo stesso la questione (e
contro Cruz c’è pure una causa in corso nell’Illinois).
La polemica si riaccende nel giorno delle assemblee
repubblicane nel Nevada – quelle democratiche ci sono state sabato scorso -,
mentre Hillary Clinton e Bernie Sanders fanno già campagna altrove: nella South
Carolina – dove i democratici votano sabato 27 – e negli Stati contesi nel
Super-Martedì il 1° marzo: l’ex first lady, che ieri ha ricevuto l’endorsement
dimostrativo di Matteo Renzi, cerca, specie al Sud, un successo netto, che ne
legittimi, definitivamente, le ambizioni di nomination.
Trump, che nei sondaggi per il Super-Martedì è avanti
in 10 Stati dei 14 dove votano i repubblicani, persino nel Texas di Cruz, parla
già di Hillary come della sua avversaria l’8 Novembre (“se non sarà incriminata”
per l’ ‘emailgate’, aggiunge). E i bookmakers la danno favorita in un confronto
con lo showman.
Il battistrada repubblicano ha appena reclutato nella
sua squadra Rudolph Giuliani, il sindaco ‘Law and Order’ di New York, un’icona
dell’11 Settembre 2001 e una sorta di antidoto alla candidatura come
indipendente di Michael Bloomberg – se mai l’ipotesi si concretizzasse -.
Trump è il favorito nel Nevada, dove Rubio punta a
essere di nuovo secondo, cioè a fare di nuovo meglio di Cruz. Rubio sta
emergendo come l’avversario più temibile del magnate dell’immobiliare (e l’attacco
sulla cittadinanza indica che il pericolo viene percepito): il senatore della
Florida, che ha appena avuto l’appoggio di Bob Dole, candidato repubblicano
sconfitto nel 1996 da Bill Clinton, potrebbe coagulare i voti dei moderati e
dell’establishment e raccogliere i suffragi di Jeb Bush, che s’è ritirato, e pure
di John Kasich e di Ben Carson, quando si ritireranno –anche se il governatore
dell’Ohio spera ancora d’insidiargli il ruolo -.
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