Sulla ruota di Las Vegas, esce il terno di Donald Trump, che, dopo le primarie di New Hampshire e South Carolina, si aggiudica pure le assemblee del Nevada, col 45% dei suffragi circa. Dietro di lui, il senatore della Florida Marco Rubio è ancora secondo, battendo quello del Texas Ted Cruz, 24 a 20%. Ben Carson è al 6%, John Kasich al 4%.
Ai suoi fans, lo showman promette
che la nomination sarà cosa fatta “in meno di due mesi”, anche se il traguardo
dei 1237 delegati necessari per ottenerla resta molto lontano: con quelli
ottenuti in Nevada, Trump non arriva a cento.
Ma il 1° marzo, nel
‘Super-Martedì’, con 14 Stati alle urne, e poi a metà marzo, con i voti in
alcuni grandi Stati, fra cui i cruciali Florida e Ohio, i delegati in palio
saranno quasi la metà del totale e spesso non varrà il criterio proporzionale
ma quello maggioritario: chi è primo se li aggiudica tutti. Se uno degli
avversari di Trump non emerge con forza, il magnate dell’immobiliare ha davanti
a sé un’autostrada per la nomination.
L'appuntamento in Nevada era un test interessante perché lo
Stato del gioco e dei matrimoni facili, tendenzialmente repubblicano, conta
circa il 40% di ‘latinos’ su una popolazione di oltre 3 milioni di abitanti: la
retorica ‘anti-immigrati’ di Trump poteva danneggiarlo, ma a conti fatti non è
stato così. E nel discorso di celebrazione della vittoria il magnate
dell’immobiliare ha ribadito l’intensione di alzare un muro al confine con il
Messico (e di mantenere aperto il carcere di Guantanamo, contro le intenzioni
di nuovo manifestate dal presidente Obama).
I leader ispanici repubblicani del Nevada appoggiavano Jeb
Bush e, dopo il suo ritiro, hanno probabilmente optato per Rubio. (fonti vv - gp)
Nessun commento:
Posta un commento