Scritto per Il Fatto Quotidiano del 13/02/2016
C’è un barlume di speranza nella crisi siriana, dopo
cinque anni di guerra civile e quasi 500 mila vittime, secondo le stime
dell’Onu, e oltre sei milioni di rifugiati. La scorsa notte, Usa e Russia hanno
raggiunto a Monaco un accordo per l'invio immediato di aiuti umanitarie alle
città siriane assediate e affamate e per un cessate-il-fuoco che dovrebbe
scattare entro una settimana. Lo stop alle azioni belliche non riguarderà,
però, le misure difensive e le operazioni militari anti-terrorismo, in particolare
contro le milizie del Califfo e gli integralisti di al-Nousra.
Una settimana perché le forze lealiste del presidente
Assad, appoggiate dai russi, possano riprendere il controllo di Aleppo,
ottenendo un doppio risultato: consentire al regime di presentarsi più forte
alla ripresa delle trattative sulla transizione il 25 febbraio, dopo la falsa
partenza il mese scorso; e ridurre la pressione dei rifugiati alla frontiera
con la Turchia, dove si stima che cento mila persone premano. Inizialmente,
Mosca voleva che il cessate-il-fuoco partisse il 1° marzo, Washington e l’Ue,
tramite Federica Mogherini, chiedevano che scattasse subito.
Ma le incognite sulla tenuta dell’intesa, sulle
modalità d’attuazione e, soprattutto, sulla possibilità che essa diventi una
tregua più consistente e più duratura sono numerose. Anche perché l’accordo tra
il segretario di Stato Usa Kerry, il ministro degli esteri russo Lavrov e i
loro colleghi del Gruppo di Sostegno alla Siria (Issg) – 17 Paesi, c’era pure
il ministro italiano Gentiloni -, è stato raggiunto sotto la pressione di
minacce incrociate. La Turchia tiene chiuse le frontiere; e l’Arabia saudita
considera “definitiva” e “irrevocabile” la decisione d’inviare truppe tra Siria
e Iraq a combattere contro le milizie del Califfo – una presenza militare
sunnita assolutamente invisa al regime alauita, e quindi sciita, siriano -.
Sotto l’egida dell’Onu – c’era l’inviato per la Siria
Staffan de Mistura -, è stato costituito un gruppo di lavoro guidato da Washington
e Mosca, con l'obiettivo di giungere a una tregua "duratura".
"Abbiamo deciso un processo, fissato un calendario", spiega Kerry. Lavrov
sottolinea l’importanza della decisione di coordinare finalmente le operazioni
russe con quelle della coalizione a guida Usa, mentre tocca al governo siriano
e all’opposizione ‘moderata’ gestire il ‘cessate-il-fuoco’. E il leader
dell'opposizione Hidschab, capo del comitato delle Trattative, chiede che
"Assad e i suoi sostenitori – cioè i russi, ndr - fermino gli attacchi contro
i civili”, a scuole, ospedali e quartieri residenziali". Ma da Damasco il
regime proclama l’intenzione di riconquistare tutto il Paese.
Tutto resta appeso a un filo: appena poche ore prima
del fragile accordo, il premier russo Medvedev aveva avvertito, parlando a un
giornale tedesco, che il coinvolgimento dei Paesi arabi nel conflitto potrebbe
innescare una "nuova guerra mondiale”: “Dobbiamo costringere tutte le parti
a negoziare, invece di fare scoppiare un conflitto mondiale". Le parole di
Medvedev facevano quasi eco all'annuncio del portavoce della coalizione a guida
saudita che combatte i ribelli sciiti nello Yemen, generale Al-Assiri, circa la
decisione di Riad di inviare truppe di terra in Siria.
Nelle conclusioni della riunione di Monaco, si afferma:
"Abbiamo fatto progressi che miglioreranno la vita quotidiana dei
siriani”. De Mistura ha già riunito una task force, per tracciare un piano per gli
interventi umanitari, la cui distribuzione appare però rischiosa fin quando si combatte.
Se ne parlerà di nuovo a Ginevra la prossima settimana.
Per l’Italia, la soluzione non può essere militare:
"La tregua deve essere immediata, o almeno molto rapida – dice Gentiloni -
… L'escalation militare russa degli ultimi 15 giorni non ha risolto la crisi".
E il francese Fabius, al suo ultimo impegno, attacca il regime: "Assad è
responsabile della morte – dice - di 260 mila persone. La metà della popolazione
ha dovuto lasciare la casa, l'11,5% è stato ucciso o ferito”.
C’è sempre una certa schizofrenia, nello scenario mediorientale. A Bruxelles, il capo del Pentagono Carter illustra il piano per una nuova fase della campagna contro il sedicente Stato islamico in Siria e Iraq, che punta alla riconquista di Mosul –dove stanno per arrivare, a protezione d’una diga, militari italiani - e Raqqa: Carter chiede più contributi alle operazioni entro un mese, la Nato potrebbe impegnarsi come Alleanza.
C’è sempre una certa schizofrenia, nello scenario mediorientale. A Bruxelles, il capo del Pentagono Carter illustra il piano per una nuova fase della campagna contro il sedicente Stato islamico in Siria e Iraq, che punta alla riconquista di Mosul –dove stanno per arrivare, a protezione d’una diga, militari italiani - e Raqqa: Carter chiede più contributi alle operazioni entro un mese, la Nato potrebbe impegnarsi come Alleanza.
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