Scritto per Il Fatto Quotidiano del 23/02/2016
Fu terreno di scontro, a salvaguardia della sovranità
italiana anche davanti all’alleato americano; ed oggi è terreno di baratto:
trenta e più anni dopo, la base di Sigonella è di nuovo al centro delle scelte
anti-terrorismo di Washington e di Roma. Secondo il Wall Street Journal, che
cita fonti Usa, da lì, da gennaio, partono droni americani per operazioni
“difensive” nella guerra contro il sedicente Stato islamico, specie in Libia.
L’autorizzazione all’impiego della base sarebbe stata
data “con discrezione” dal governo italiano. E’ dal 2011, cioè dal tempo delle
primavere arabe e dell’intervento in Libia a sostegno dell’insurrezione contro Gheddafi,
che droni Usa e militari di supporto – oltre un migliaio, pare – sono di stanza
a Sigonella. Sulla pista della base, nell’ottobre del 1985, si rischiò lo
scontro a fuoco tra gli avieri della Vam e i carabinieri, da una parte, e
commando della Delta Force, dall’altra, perché Craxi e Reagan non trovavano l’accordo
su chi dovesse giudicare i dirottatori palestinesi della Achille Lauro, che
avevano ucciso un cittadino statunitense.
Secondo il WSJ, Obama sta ancora tentando di
convincere Renzi ad autorizzare l'uso dei droni anche in operazioni offensive,
come quella condotta venerdì scorso contro un campo d’addestramento degli
jihadisti a Sabrata, nel nord-ovest della Libia, quasi al confine con la
Tunisia. Quell’attacco, partito dalla Gran Bretagna, ha ucciso decine di
miliziani e avrebbe pure eliminato l’organizzatore degli attentati al museo del
Bardo di Tunisi e sulla spiaggia di Sousse, ma ha anche causato la morte di due
ostaggi serbi.
I droni sono spesso oggetto di trattativa tra Roma e
Washington, che solo a novembre autorizzò l’Italia ad armare i propri, usati
per lo più in operazioni di ricognizione. Il no di Renzi a fare partire da
Sigonella missioni offensive nasce – sostiene il WSJ – dal timore di alimentare
l’opposizione alla guerra, specie se i droni facessero vittime civili.
L’autorizzazione data dalle autorità italiane non è
necessariamente prodromo – si precisa a Roma - a un’operazione militare in
Libia, da attuare, comunque, solo dopo che il governo d’unità nazionale si sarà
insediato – il Parlamento di Tobruk s’appresta a votare -. Secondo fonti di
stampa Usa, l’Italia avrebbe già espresso la disponibilità a inviare in Libia
fino a 5mila uomini e Gran Bretagna e Francia sarebbero pronte ad agire. Ma
resta da definire il mandato dell’operazione, se mai si farà, in un territorio
in parte controllato dagli jihadisti, non solo alla Sirte e a Derna.
Su un altro fronte della guerra agli integralisti
islamici, i sanguinosi attentati di domenica in Siria, forse i più letali del
conflitto, hanno indotto Usa e Russia a stringere i tempi per un accordo: Obama
e Putin si sono parlati, dopo che Kerry e Lavrov avevano concordato che la
tregua, che doveva già partire venerdì scorso, scatterà venerdì 26. C’è pure
l’intesa delle opposizioni al regime di Assad, riunite a Riad. Il
‘cessate-il-fuoco’, che non riguarderà le operazioni contro il Califfato e le
milizie di al Nousra, dovrebbe
consentire la distribuzione alle popolazioni di aiuti umanitari, lo scambio dei
prigionieri e la ripresa delle trattative a Ginevra sulla transizione politica
siriana.
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