Scritto per Il Fatto Quotidiano del 20/02/2016
Truppe di terra americane non calcheranno mai il suolo
della Libia, fin quando sarà presidente Barack Obama. Ma se c’è da cogliere l’occasione
per eliminare un terrorista, con un drone o un missile, come già accaduto più
volte tra Pakistan e Yemen, o con un’azione delle forze speciali, come quando venne
ucciso in Pakistan Osama bin Laden, o con un raid aereo ‘classico’, la Casa
Bianca di Obama e il Pentagono non ci stanno certo a pensare troppo su, né si
fanno paralizzare da cavilli di legalità internazionale.
Così, all'alba di ieri, cacciabombardieri statunitensi
hanno colpito in Libia una base del sedicente Stato islamico: l’informazione è ufficialmente
confermata. Nel mirino, c’era – dice un portavoce -“un obiettivo di grande
valore”: un tunisino che sarebbe la mente della strage del Museo Bardo, compiuta
quasi un anno fa - 22 le vittime, fra cui quattro turisti italiani -, Noureddine
Chouchane, che "probabilmente" è stato ucciso.
Secondo quanto emerge da fonti americane, l’incursione
non ha nulla a che vedere con l’ipotesi d’un intervento in Libia, che, secondo
The Daily Beast, l’Amministrazione Obama ha appena respinto. Anche se la
diplomazia è in fibrillazione, l’azione contro Choucrane e i suoi accoliti non
è preliminare a operazioni più strutturate, che Washington intenderebbe
comunque lasciare, se mai saranno decise e attuate, ad alleati più vicini al
teatro d’intervento, come l’Italia. Che, dal canto suo, non sarebbe pronta ad
azioni militari così spregiudicate come quella di ieri: il tema sarà evocato
giovedì nella riunione del Consiglio Superiore di Difesa.
Il raid aereo ha bombardato un campo di addestramento
degli jihadisti a Sabrata, vestigia romane, 70 km a ovest di Tripoli, non
lontana dalla frontiera tunisina. Qui, una colonna di jihadisti, probabilmente
proveniente dalla Tunisia, aveva già compiuto a dicembre un’azione
dimostrativa, prendendo il controllo della città per alcune ore.
Secondo il sindaco di Sabrata, l’attacco è avvenuto
alle 03:30 di notte, ora locale: le bombe avrebbero fatto una quarantina di
vittime e numerosi feriti fra i miliziani, molti dei quali tunisini – e
nessuno, pare, libico -, e avrebbero interamente distrutto un edificio, una
casa colonica o un’abitazione – a seconda delle versioni -, in un’area residenziale
ad alcuni chilometri dal centro. Dentro, c'era un arsenale di armi leggere.
Trasferitosi in Libia dopo aver combattuto in Siria e
Iraq, Noureddine Chouchane era ritenuto legato ai due più sanguinosi attentati
in Tunisia, quella di marzo a Tunisi e quello di giugno, sulla spiaggia di un
albergo a Sousse – 38 le vittime, tutti turisti -. Secondo una fonte d’intelligence
citata dal NYT, Chouchane sarebbe stato la mente dei due colpi e uno dei leader
dello jihadismo nell’area.
Nelle stesse ore, sarebbe stato ucciso in Libia un
altro esponente di rilievo delle milizie jihadiste, Abou Abdallah, di origine
palestinese. Abdallah, noto anche col nome di battaglia di Mefieh Abou Azer,
sarebbe arrivato in Libia da un anno con moglie e due figli, venendo da Rafah, città
di confine tra Egitto e Striscia di Gaza.
Anche se un intervento militare esterno non pare
imminente, raid a parte, lo Stato islamico starebbe allestendo ospedali da
campo alla Sirte – due- e nei villaggi di al Nawafiliya e Ben Jawad, in vista d’attacchi
alle sue postazioni. Vi lavorerebbero medici e infermieri asiatici rapito nel
maggio 2015, dopo l’arrivo degli jihadisti, che si sono insediati anche a Derna
e in quartieri di Bengasi che forse libiche del generale Haftar starebbero
riprendendo.
Sul fronte politico, si attende sempre il via libera
dai Parlamenti contrapposti di Tobruk e Tripoli al governo di unità nazionale,
la cui lista dei ministri è stata presentata domenica scorsa in Marocco dal
premier incaricato Fayez al Sarraj.
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