Sulle schede elettorali per la presidenza degli Stati
Uniti, l’8 Novembre non ci saranno solo i nomi dei candidati democratico e
repubblicano: ci saranno, non in tutti gli Stati, candidati di altri partiti
minori. Tradizionale la presenza del candidato del Partito libertario, che ha
anch’esso le primarie per scegliere il proprio candidato. In lizza per la
nomination, ci sono quest’anno Austin Petersen, imprenditore e attivista, John
McAfee, esperto di cyber-sicurezza, e da pochi giorni Gary Johnson,
imprenditore, politico e idealista, già candidato nel 2012. Non è escluso che
scenda in campo pure Jesse Ventura, ex lottatore, ex governatore del Minnesota,
ex commentatore politico, personaggio tanto estroso quanto improbabile.
Annunciando la propria candidatura, Johnson, che è
stato governatore del New Mexico due volte e che si definisce “un liberale classico”,
ha affermato di volere rappresentare “la voce della ragione” tra democratici e
repubblicani. Nel 2012, il nome di Johnson era sulle schede in 48 dei 50 Stati
e raccolse 1.275.971 suffragi, appena al di sotto dell’1%, lo 0,99%. Il Partito
libertario non aveva mai fatto meglio come voti ottenuti e solo nel 1980 fece
meglio in percentuale (Ed Clark ebbe l’1,1%). Ed era dal 2000 che un candidato
terzo rispetto ai due maggiori non otteneva tanti suffragi: allora, c’era Ralph
Nader e i suoi Verdi, la cui presenza fu letale per il candidato democratico Al
Gore.
La candidatura di Johnson, 62 anni, era attesa: dal
2012, ha mantenuto attiva la sua organizzazione ‘Our America Initiative’, che chiede
fra l’altro che nei dibattiti fra i candidati alla presidenza vi sia maggiore
accesso per candidati altri che il democratico e il repubblicano. Attualmente,
per essere presente in quei dibattiti, che si svolgono in genere tra settembre
e ottobre, un candidato deve avere il 15% delle intenzioni di voto nei
sondaggi.
Johnson ha radici repubblicane, che lui non rinnega.
Negli Anni Novanta, ottenne, come repubblicano, due mandati da governatore del
New Mexico, uno Stato tendenzialmente democratico, divenendo “il governatore
Veto”, perché pose il veto su 750 leggi Statali, e battendosi con decenni di
anticipo per la legalizzazione della marijuana (Johnson è stato anche presidente
e amministratore delegato della Cannabis Sativa, che tratta prodotti derivati
dalla marijuana).
Il suo percorso politico è in qualche misura inverso a
quello di Ron Paul, senatore del Texas, che fu candidato libertario nel 1998 e
nel 2008 prima di cercare di ottenere la nomination repubblicana – quest’anno,
ci prova il figlio Rand, senatore del Kentucky -. Johnson, nel 2012, aveva inizialmente
tentato di inserirsi nella corsa alla nomination repubblicana, senza successo.
Nel presentare in interviste e in un video la sua candidatura, Johnson polemizza con Donald Trump, che fa presa sullo stesso elettorato cui lui si richiama, e ridicolizza l’idea di un altro Clinton o Bush alla Casa Bianca. (fonti vv - gp)
Nel presentare in interviste e in un video la sua candidatura, Johnson polemizza con Donald Trump, che fa presa sullo stesso elettorato cui lui si richiama, e ridicolizza l’idea di un altro Clinton o Bush alla Casa Bianca. (fonti vv - gp)
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