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sabato 6 giugno 2015

Grande Fratello: Usa, se non li spia il loro, ci pensa quello cinese

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 06/06/2015

Se gli americani erano preoccupati di essere spiati dal Grande Fratello di casa loro, possono ora dormire sonni tranquilli: abolito il 1° giugno il Patriot Act e subentrato il 4 giugno il Freedom Act, le loro telefonate e le loro mail non possono più essere intercettate dall’Amministrazione federale, via National Security Agency e altre strutture d’intelligence, senza formali autorizzazioni. E, quindi, magari non è più vero quello che Edward Snowden, la talpa dell’Nsa, ripeteva ieri  a Liberation, non fidandosi dei sottili distinguo tra la legge di Bush il cattivo e quella di Obama il buono, che l’Amministrazione “prende nota di tutto quello che facciamo”.

Ma ‘sti poveri americani non possono mai stare sereni. Ché, se la loro intelligence ha forse smesso di spiarli senza timbri e visti, ci hanno pensato i cinesi, o chissà chi, a farlo, per hackers interposti. L’ennesima testimonianza della vulnerabilità delle difese cybernetiche della Super-Potenza Unica – meglio non pensare alla friabilità delle nostre -.

I dati personali di 4 milioni di persone negli Stati Uniti, dipendenti federali attivi o in pensione, sono stati compromessi da un attacco informatico contro l'Office of personnel management (Opm), l'agenzia che raccoglie le informazioni relative ai dipendenti federali, curricula, carriere, retribuzioni. Gli inquirenti sospettano che l’attacco sia stato condotto hacker cinesi, anche se Pechino ha subito smentito.

L'ambasciata della Cina a Washington respinge i sospetti categoricamente, definendo le accuse "irresponsabili e controproducenti". È difficile, afferma un portavoce dell'ambasciata, Zhu Haiquan, citato dalla Reuters, risalire al contrario i percorsi degli hackers ed è fuori luogo "ricavare conclusioni affrettate e fare accuse ipotetiche".

Le indagini sono condotte dall’Fbi, la polizia federale. Gli investigatori collegano l'attacco all’Opm a precedenti furti di dati ai danni di due compagnie di assicurazioni sanitarie, Anthem Inc e Premera Blue Cross. Ma non è chiaro che vantaggi la Cina possa trarre dalle schede personali dei dipendenti federali degli Stati Uniti.

L'Office aveva notato attività ostili nei suoi sistemi fin da aprile. Il Dipartimento della Sicurezza, una sorta di Ministero anti-terrorismo, ritiene che le intrusioni siano terminate a maggio.

Si tratta dell'ultimo, ed ennesimo, attacco cibernetico agli Stati Uniti, dopo quelli che hanno colpito le poste, il dipartimento di Stato e la Casa Bianca, arrivando in novembre a raggiungere - si ritiene che fossero hacker russi - l'ufficio del gabinetto di Barack Obama, fino a leggere la corrispondenza non classificata e l'agenda del presidente. E altri attacchi sarebbero venuti dall’Iran, dalla Turchia, fors’anche da Israele.

"Prendiamo sul serio tutte le potenziali minacce al settore pubblico e privato. E indagheremo ancora per portare davanti alla giustizia chiunque costituisca una minaccia nel cyberspazio", fa sapere l’Fbi in una nota. L'Opm ha adottato misure precauzionali supplementari nelle proprie reti e intende informare i quattro milioni di dipendenti i cui dati sono stati potenzialmente compromessi.

Hacker cinesi erano già stati sospettati d’incursioni nelle reti dell'Opm: secondo il New York Times nel luglio 2014 erano stati presi di mira decine di migliaia di dipendenti federali che avevano tutti chiesto dei nulla osta di sicurezza.

Di fronte ai ripetuti attacchi, il presidente Obama aveva lanciato in aprile un programma di sanzioni contro persone e gruppi fuori dai confini nazionali che minaccino con attacchi informatici la politica estera, la sicurezza nazionale o la stabilità economica degli Stati Uniti.

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