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domenica 30 maggio 2010

SPIGOLI - Caro Benedetto, lascia che il mio don mi sposi

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 30/05/2010

“Caro Benedetto, lascia che i preti vivano da uomini fra gli uomini e provino i sentimenti dei loro simili, amino e siano amati”. E’ un passaggio della lettera che decine di ‘amanti segrete’ di preti o frati cattolici hanno scritto a Papa Benedetto XVI, chiedendo l’abolizione della regola del celibato per i religiosi. Un passo cui The Guardian ha dedicato molto spazio, ricordando che il tema era stato già sollevato a marzo, quando l’arcivescovo di Vienna, il cardinale Christoph Schoenborn, affermò che l’abolizione del celibato potrebbe ridurre i casi di abusi sessuali nella Chiesa. La lettera risale a fine marzo, cioè proprio all’epoca della sortita del cardinale, respinta dalla Curia, ma è stata resa pubblica solo ora da un’agenzia internazionale online, la globalPost. Le firme in calce sarebbero una quarantina, ma solo tre, fra cui quella di un’italiana di 42 anni, Stefania Salomone, sono state rese pubbliche. L’attenzione per la lettera conferma la sensibilità della stampa internazionale per le vicende vaticane: in questi giorni, il NouvelObs e vari siti Usa insistono sugli abusi, citando “almeno 100 casi in dieci anni in Italia”, mentre El Mundo rileva che “il clero italiano afferma di non essere obbligato a denunciare i casi di pederastia”.

sabato 29 maggio 2010

Berlu-mussolinismo: fascino malsano dei Cavalieri sulla stampa estera

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 29/05/2010

Non capita tutti i giorni, nè a tutti i leader, di ottenere la ‘Quote of the Day’, la citazione del giorno sul sito del Time. Silvio Berlusconi c’è riuscito: merito, più che suo, di Benito Mussolini, che continua a esercitare sui media anglosassoni, come nel ventennio, un fascino malsano. Accanto a una foto del premier così curata da sembrare ritoccata, Time riporta tra virgolette “Io posso solo dire al mio cavallo di andare a destra o a sinistra. E di questo posso essere contento”. La didascalia spiega che il presidente del Consiglio italiano citava “i diari del dittatore fascista –falsi, ndr-, lamentando quella che ha definito la sua mancanza di poteri nel sistema politico italiano”.

Il riferimento a Mussolini colpisce anche la stampa francese (Nouvel Obs: “Berlusconi deplora l’assenza di poteri e cita Mussolini”) e spagnola (El Mundo e pure Abc, El Economista e altri). L’eco sarebbe stato molto più larga, perché Mussolini resta un prodotto di esportazione come Mr B – essere Cavaliere fa richiamo all’estero, evidentemente -, se la battuta non fosse stata fatta a sera.

Le agenzie di stampa mondiali hanno raccolto la ‘provocazione’ berlusconiana (o mussoliniana?): prima l’Afp, che giocava in casa, perché Mr B parlava a Parigi, poi la Reuters. E la frase è pure finita sull’Efe spagnola e su varie altre. L’agenzia francese definisce la citazione “un riferimento storico inconsueto”, ignorando che Berlusconi non esita a ispirarsi al Ventennio, e nota che Mr B parlava accanto ad altri leader, fra cui l’israeliano Benjamin Netanyahu (che del regime fascista, con le sue leggi anti-semite, non deve certo avere rispetto). Il premier –scrive l’Afp- “è spesso accusato da opposizione e intellettuali d’instaurare un regime che ricorda il fascismo”.

La Reuters integra il passaggio sul potere dei politici con la nostalgia dell’ex imprenditore (“Talora come uomo d’affari, con 56mila dipendenti, talora ebbi la sensazione di potere decidere”) e rileva: “Le battute di Berlusconi dal sesso alla religione hanno spesso suscitato controversie”. L’agenzia ricorda l’intervista del 2003 al periodico The Spectator, quando Mr B aveva detto che Mussolini non aveva mai ammazzato nessuno e mandava la gente in vacanza al confino. Allora, insorsero i grandi storici internazionali del fascismo, l’inglese Denis Mack Smith e il francese Pierre Milza.

Sotto il titolo ‘Mai dire mai’, il Washington Post, tempo fa, scriveva: “Faulkner disse che ‘il passato non è morto, non è neanche passato'. Non stava parlando dell'Italia, ma … avrebbe potuto farlo”, con Berlusconi, il premier più a lungo in carica dopo Mussolini, sempre in sella. Quando, nel 1994, Mr B andò al potere, Mack Smith concluse così un’intervista al Corriere della Sera: “Auguri, Italia”. Ce n’è bisogno ancora oggi.

SPIGOLI - Emma batte Silvio, dal podio e sulla stampa

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 29/05/2010

Emma Marcegaglia piace al Financial Times: si era già capito giovedì e si capisce meglio ora che “la Lady di Ferro italiana” –ci risiamo: Guy Dimore dopo Paul Betts- “critica il governo”: il discorso senza peli sulla lingua del presidente degli industriali “costringe Berlusconi sulla difensiva di fronte a un pubblico di imprenditori”. E quando Silvio prova ‘la ripartenza’, come predicava il suo prediletto Arrigo Sacchi, finisce in fuorigioco: oichi raccolgono l’invito a votare la Marcegaglia ministro. “Mentre il governo quasi al completo siede a disagio in prima fila”, Emma sillaba: “La politica dà lavoro a troppa gente in Italia ed è l’unico settore che non conosce né crisi né surplus di personale”. L’assemblea di Confindustria ha titoli anche su Les Echos (“Il padronato si preoccupa per la perdita di competitività del Paese”) e sulla Afp (“Sì dagli industriali all’austerità, ma con le riforme”). El Pais non perde di mira Mr B: dedica l’editoriale alla ‘legge bavaglio’ (“Berlusconi mette la museruola alla stampa... non gli basta controllare tre dei quattro principali canali tv privati...”) e dà una stilettata a Piersilvio: “Berlusconi chiede tagli, suo figlio si compra una barca da 18 milioni”. Beh, anche nel giorno di Emma , Silvio uno spazio internazionale se lo conquista

venerdì 28 maggio 2010

Afghanistan: rappresaglia o 'solo' azione militare, è guerra

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 28/05/2010

ROMA – All’alba di martedì 18 maggio, alpini paracadutisti, insieme a marines e a commandos afgani, attaccarono un accampamento talebano non lontano da Bala Murghab, nella stessa zona dove, meno di 24 ore prima, era scattata la trappola letale contro il convoglio alleato in cui c’era il blindato Lince del sergente Massimiliano Ramadù e del caporalmaggiore Luigi Pascazio. Poi intervenne l'aviazione statunitense, che colpì gli insorti ormai in rotta.

L’operazione militare del 18 maggio è così ricostruita dal settimanale L'Espresso oggi in edicola: una normale azione anti-talebani, magari quella per cui la colonna di Ramadù e Pascazio era in movimento?, o una rappresaglia, per fare capire ai talebani che anche gli italiani sanno rispondere colpo su colpo? Per L’Espresso, l'autorizzazione all’attacco venne direttamente dal ministro della Difesa Ignazio La Russa, che replica e precisa che quel tipo di operazioni "non vengono concordate con il ministro della Difesa, ma sono iniziative dei capi dell'Isaf, iniziative che, tra l'altro, si svolgono quasi tutti i giorni e tutte le settimane".

Il settimanale riscontra una traccia dell’operazione nel bollettino del comando Usa che coordina le operazioni aeree in Afghanistan: "Un bombardiere B1 Lancer ha sganciato ordigni di precisione contro postazioni nemiche... L'azione e' stata dichiarata un successo dagli osservatori sul terreno quando è cessato il fuoco nemico". Il blitz avrebbe seguito una tattica standard: gli incursori prendono posizione nel buio e attaccano al sorgere del sole; l’offensiva spinge i talebani verso passaggi obbligati, dove altre unità Nato, dotate di puntatori laser, dirigono sui bersagli le bombe dal cielo.

Che l’attacco fosse previsto da tempo o che sia stato deciso a caldo, dopo l’uccisione di Ramadù e Pascazio e il ferimento di altri due alpini, cambia, in fondo, poco: il fatto à che, in Afghanistan, si combatte una guerra, anche se c’è chi si ostina a parlare di "missione di pace". Ma le affermazioni de L’Espresso suscitano subito reazioni politiche: Rosa Calipari, vice-presidente dei deputati del Pd e vedova di un caduto in Iraq, chiede a La Russa di smentire; e l’Idv chiede al Governo di riferire in aula, perché l’episodio fa cadere, è la tesi, la foglia di fico della missione di pace.

Le notizie de L’Espresso arrivano in un giornata afgana di consueta violenza: lo scoppio d’un Ied (un ordigno come quello su cui saltarono Ramadù e Pascazio) costa la vita a un militare della Nato nel Sud –e fanno 219 nel 2010, in tragica media coi 520 del 2009, l’anno più cruento dall’intervento nel 2001-; e fonti di stampa segnalano che 400 famiglie hanno abbandonato distretti della provincia di Helmand, sottraendosi alla recrudescenza degli scontri nella zona. Eppure, tre mesi or sono l’offensiva Mushtarak, Insieme, avrebbe dovuto ripulire l’area dai talebani.

L’Afghanistan è stato uno dei temi della missione a Washington del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che –mercoledì sera, prima di ripartire per Roma- aveva detto di avere avuto “conferma di quanto il contributo italiano sia apprezzato negli Stati Uniti”. Richard Holbrooke, rappresentante speciale di Barack Obama per Afghanistan e Pakistan, ci torna su: è “impressionato” dallo sforzo “non solo militare” dell’Italia, “determinante pure nella ricostruzione”. Gli americani vogliono che gli italiani “assumano un ruolo politico nell’Ovest”, come i tedeschi nel Nord e loro nel Sud. Ma, sul terreno, Holbrooke dice: “Non sono sicuro che abbiamo fermato i talebani”.

L’Afghanistan è fra i temi obbligati della nuova strategia di sicurezza nazionale presentata ieri, che cancella la formula bushiana della ‘guerra al terrorismo’, ma non rinnega la guerra: “Non siamo in guerra contro una tattica, il terrorismo, né contro una religione, l'Islam. Siamo in guerra contro un gruppo specifico, al Qaida, ed i suoi affiliati”. La guerra per l'America continua; e per l'Italia anche.

SPIGOLI - Manovra, bomba ad orologeria sotto dolce vita

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 28/05/2010

Una “bomba ad orologeria” –Les Echos- minaccia “la dolce vita” dell’economia italiana –FT, citando Emma Marcegaglia-. La manovra, con i suoi strascichi di commenti e di polemiche, resta nel mirino della stampa internazionale: la “bomba” è quella del deficit e degli sprechi delle finanze pubbliche italiane, con un potere d’acquisto 2009 sceso al di sotto di quello 2000. Proprio mentre Daniel Cohn-Bendit, leader francese dei Verdi al Parlamento europeo, smonta su Le Monde la tesi che la ‘stretta’ serva all’Ue e all’euro -“I piani di rigore hanno qualcosa di ipocrita”, dice-, gli italiani scoprono che non stavano meglio ieri, ma dieci anni fa –nel frattempo, oltre sette anni di potere del centro-destra-. La sortita critica della ‘lady di ferro’ italiana –Paul Betts paragona la presidente di Confindustria a Margareth Thatcher- attira l’attenzione al pari dei commenti dei sindacati “irritati contro il piano d’austerità” (Ft, Independent, Telegraph e altri) e della prospettiva di uno sciopero generale il mese prossimo, mentre Mr B “cerca di sdrammatizzare”. Eppure, non stanno tranquilli neppure gli evasori fiscali e i proprietari di mega-barche: El Mundo ci fa sapere che “il bebè di Briatore non è tranquillo”, citando, incurante dello smentite, mamma Elisabetta Gregoraci-.

giovedì 27 maggio 2010

SPIGOLI: il 'due senza' sgrassa lo Stivale

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 27/05/2010

L’attenzione internazionale sulla manovra italiana: la ‘terapia del due senza Berlusconi-Tremonti’ è inserita, specie dalla stampa americana, in una più ampia strategia europea (NYT, LAT, WSJ, l’Ap, mentre Time si chiede “quanto l’euro può andare giù” e ne spiega l’impatto). El Pais è fra i giornali più critici: riscontra “alta tensione tra Berlusconi e Tremonti” e scrive che “l’Italia vara un aggiustamento fiscale senza precedenti” e che, “contrariamente alle assicurazioni, la politica sociale sarà colpita”. L’FT osserva che la manovra “arriva in un momento difficile per il governo in calo di popolarità”. Secondo il quotidiano economico, “la regioni saranno costrette ad alzare le tasse, anche se Berlusconi ne esclude aumenti”. La Bbc anticipa l’impatto sociale: “I lavoratori stanno già protestando”, mentre Libération ricorre a un’espressione tra il geografico e il militare (Berlusconi “sgrassa lo stivale”) e il Guardian è apocalittico: “L’Italia taglia il deficit per evitare il destino Grecia.”. Sul piano europeo, Les Echos scrive che “l’Euro è malato di governance”, mentre PierCarlo Padoan, economista di fiducia di Massimo D’Alema, oggi all’Ocse, afferma su Le Figaro: “L’Euro non è a rischio di doppia recessione”.

mercoledì 26 maggio 2010

Napolitano da Obama: euro ed Ue, caffè amaro e nero

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 26/05/2010

Caffè amaro, e naturalmente nero, alla Casa Bianca per Giorgio Napoletano: l’ordine del giorno dell’incontro con Barack Obama è difficile da mandare giù, a partire proprio dal “colpo di coda della crisi economica”, con le difficoltà dell’euro e dell’Ue. Se l’atmosfera a Washington è ottima, di amicizia e di rispetto, i temi caldi del dialogo tra i presidenti statunitense e italiano sono molti:
la questione mediorientale e la missione libanese; il fronte afgano che vede americani e italiani impegnati sul terreno insieme; il dossier iraniano e il disarmo nucleare. Tutti temi trattati anche nei colloqui del ministro degli esteri Franco Frattini con il segretario di Stato Hillary Clinton e l’inviato Usa per l’Afghanistan Richard Holbrooke.

Ma la convinzione di Napolitano è che il rapporto tra Stati Uniti e Italia è più forte delle difficoltà dell’attualità internazionale: “Nulla –dice-, neppure la globalizzazione può cancellare o indebolire il nostro forte legame, nulla può rompere le relazioni transatlantiche”. E aggiunge: "Sono qui per riaffermare il ruolo primario delle relazioni transatlantiche anche in un mondo in cui gli equilibri sono radicalmente cambiati e in cui il baricentro si va via via allontanando dall'Europa".

Il presidente scaccia il dubbio che con la globalizzazione “le relazioni fra Europa e Stati Uniti, o fra l'Italia, che non ha un miliardo e mezzo di abitanti, e gli Usa possano declinare”. Pensarlo è “sbagliato": "Gli Stati Uniti rimangono sempre il nostro più grande alleato. E, in questo rapporto, noi italiani abbiamo molte carte da giocare”. Napolitano vuole chiarire l'orientamento dell’Italia, che Governo e Parlamento stanno seguendo “in questo momento molto difficile per l'Europa".

Dell’euro e dell’Ue, di cui Obama vuole sapere, il presidente italiano ammette che “siamo a un punto molto critico”, perché “è stata messa in questione la sovranità della moneta unica”, ma aggiunge subito: “Non temo per il mantenimento dell’Unione, che non è costruzione così fragile da potere correre rischi mortali”. La crisi è l’occasione per fare quei passi avanti, verso un’integrazione più stretta, che non si era riusciti a fare prima”.

Sono parole che riflettono i molti ruoli del presidente Napolitano in questa visita: capo dello Stato italiano, ma anche ‘inviato dell’Europa’ alla Casa Bianca, con un’investitura diretta del presidente della Commissione europea Josè Manuel Durao Barroso, e amico e interlocutore dell’America che gode fiducia e credito. Il ‘percorso americano’ di Napolitano è lungo ormai 32 anni: iniziò nell’Italia del rapimento Moro e della lotta contro il terrorismo delle Br. Richard N. Gardner, ambasciatore degli Usa In Italia, ebbe con lui incontri segreti, a casa del presidente dell’Istituto Affari Internazionali Cesare Merlini. Passato l’esame, Napolitano fu il primo leader Pci a ottenere un visto d'ingresso negli Usa, proprio quando si accostava nello IAI all'idea europea, di cui ora è interprete presso Obama.

Oggi, prima di lasciare Washington, il presidente farà visita alla speaker della Camera Nancy Pelosi e pranzerà coi giudici della Corte Suprema. In serata, sarà a una cena di gala italo-americana.

SPIGOLI - Mr B è sempre in mezzo

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 26/05/2010

Altro che Napolitano da Obama. La ‘super-star’ italiana della stampa internazionale è sempre lui, Mr B. Se ne parla in tutte le salse: la manovra economica, la ‘legge bavaglio’, le beghe televisive, i guai familiari. A sfogliare bene lo si trova ovunque, anche sulle pagine sportive, ora che l’amico Vlady gli cerca un po’ di soldi per rattoppare il Milan. E la Reuter dice che la popolarità del premier è in caduta libera. La ‘berlusconeide’ è ricchissima. Di manovra, parlano un po’ tutti: tagli fino a 26 miliardi per rassicurare gli investitori e tacitare gli speculatori (WSJ e molti siti Usa, da una notizia Bloomberg; Le Figaro e varie testate francesi; Expansion). La ‘legge bavaglio’ resta un bersaglio di El Pais, mentre Abc intervista il presidente della Fnsi Roberto Natale. Le beghe televisive sono seguite dagli ‘economici’, come FT e WSJ, per il duello Mediaset-Sky, mentre The Independent tratta l’impari confronto al Tg1 tra Maria Luisa Busi e il suo direttore Augusto Minzolini. Nouvel Obs si occupa del divorzio con Veronica Lario, che avverrebbe “a condizioni eque” –Mr B dixit-. Ma come?, neanche uno scandalo? El Mundo colma la lacuna: “Berlusconi –titola il quotidiano spagnolo- paga una regata con denaro dei fondi europei”.

Napolitano da Obama: i fantasmi italiani

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 25/05/2010

I fantasmi italiani, che fanno più spavento di quelli dei castelli scozzese, inseguono a Washington il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che sbarca negli Usa dopo avere mostrato il cartellino giallo al governo per i ‘decreti omnibus’ e dopo avere chiesto di “chiarire i lati oscuri” sulle stragi di mafia.

Ma il presidente non si lascia impressionare e non si morde la lingua: per affrontare la crisi “in tutta Europa occorre ridurre il debito pubblico, occorrono sacrifici distribuiti con equità tra i cittadini”, dice, parlando dell’Ue, ma pensando alla manovra che si prepara in Italia e di cui ha voluto essere informato dal premier Silvio Berlusconi e dal ministro delle finanze Giulio Tremonti.

Di fronte alla National Gallery of Art, Napolitano aggiunge: “E’ importante che le decisioni” sulla manovra “siano prese dalla maggioranza in modo responsabile e siano condivise dall’opposizione in Parlamento nel comune interesse”, anche se “bisogna metter in conto le proteste, che fanno parte della democrazia”. Le parole del presidente rimbalzano in Italia e creano consenso nell’opposizione e imbarazzo nella maggioranza.

La partenza di Napolitano per gli Stati Uniti non è stata accompagnata dal radizionale annuncio del passaggio dei poteri alla seconda carica dello Stato, il presidente del Senato Renato Schifani, forse perché il decollo dell’uno ha quasi coinciso con il rientro dell’altro da Madrid, dov’era andato per la finale di Champions tra Inter e Bayern. Il passaggio sarebbe, però, avvenuto regolarmente. E la ‘guardia del corpo’ costituzionale del presidente, il ministro degli esteri Franco Frattini, minimizza gli screzi tra il Colle e il governo.

Napolitano porta a Washington anche una sorta di messaggio europeo affidatogli dal presidente della Commissione di Bruxelles José Manuel Durao Barroso, che venerdì gli aveva fatto visita al Quirinale. Barroso, che di Napolitano conosce e rispetta l’impegno europeo, lo ha invitato a spiegare a Barack Obama il momento difficile dell’euro e dell’Ue. Il presidente italiano se ne fa subito carico: prevede “uno scambio molto amichevole su temi europei al centro dell’attenzione anche negli Usa: l’euro e le turbolenze economiche e monetarie. Darò il mio personale contributo sulla prospettiva da perseguire insieme, Ue e Usa: quella di un’Europa più unita e più integrata, che sia sempre interlocutore fondamentale degli Stati Uniti”.

Oltre al caffè alla Casa Bianca, nel pomeriggio di oggi – ora Usa, tarda sera in Italia -, il programma prevede incontri al Congresso, fra l’altro con la speaker della Camera Nancy Pelosi, e – domani - una colazione con i giudici della Corte Suprema (due dei nove sono di origine italiana), oltre che vari momenti con la comunità italo-americana.

La visita di Napolitano a Washington è attesa con particolare attenzione, non solo perché il voto italo-americano può servire al partito del presidente nelle elezioni di ‘midterm’ del 2 novembre, ma anche perché Obama ha una stima particolare per quel vecchio comunista italiano che, un’estate fa, a Roma per il Vertice del G8, salutò come “un leader mondiale”. E la Casa Bianca, annunciando l’incontro, ha sottolineato “il forte aiuto dell’Italia alle operazioni di pace nel Mondo” e notato che “Usa e Italia sono Paesi guida nell’Alleanza atlantica”.

In un’intervista al Corriere della Sera, Richard Perle, uno dei ‘falchi’ neo-cons della prima parte della presidenza Bush, non esclude che Obama possa deliberatamente giocare la carta Napolitano per tenere Berlusconi a una certa distanza: Barack e Mr B sono “personalmente e politicamente molto diversi: “Non credo che Berlusconi possa avere con Obama l’amicizia che ebbe con Bush, anche se l’alleanza e la collaborazione tra Usa e Italia trascendono i loro leader”.

Un pensiero che il vice-presidente del Senato Emma Bonino condivide: "E' evidente che Obama ha scelto come suo interlocutore italiano Napolitano e non Berlusconi. Gli Usa alternano momenti d’ attenzione per l’Europa a momenti di disattenzione, ma credo vogliano capire cosa accade nell’Ue” perché temono una crisi che porti al fallimento del progetto.

SPIGOLI - Venduta l'Ambasciata d'Italia vecchia a Washington

Scritto per il Fatto del 25/05/2010

L’Ambasciata d’Italia a Washington, dove, tra ieri e oggi, si celebrano i riti della visita negli Usa del presidente Napolitano è uno splendido edificio su ‘the Embassy row’, al 3000 di Whitehaven Street, all’incrocio con Massachussetts Avenue, lungo il ciglio del creeck che spacca in due la capitale federale. Prima d’insediarsi in questo capolavoro dell’architetto italiano Piero Sartogo, che dall’esterno ricorda un palazzo del Rinascimento, l’Ambasciata stava al 2700 della 16.a Street, accanto all’imponente Tempio della massoneria di rito scozzese che Dan Brown, in The Lost Symbol, fa teatro dell’epilogo dell’ennesima improbabile avventura mozzafiato di Robert Langdon. Ora, il Washington Post ci dice che la vecchia ambasciata è stata venduta per 7,5 milioni di dollari, circa 2.500 dollari al mq. Valor Development, l’acquirente, un promotore immobiliare, vuole trasformare l’edificio a quattro piani in stile Renaissance, vecchio di 85 anni e creato per ospitare uffici, in appartamenti di lusso nel quartiere alla moda di Adams Morgan: l’insieme si chiamerà Flats at Il Palazzo. I primi appartamenti nella ex ambasciata che WP giudica ‘an historic landmark’ saranno pronti nell’estate 2011.

domenica 23 maggio 2010

Law and Order, l'America della giustizia 'liberal'

Scritto per Il Fatto Quotidiano dl 23/05/2010

ROMA – La Nbc cancella Law and Order e manda in archivio vent’anni di storia televisiva americana e non solo (in Italia, il telefilm è trasmesso dal 1993). L'ultima puntata, la 456/a,
della popolare serie che aveva debuttato nel settembre 1990 andrà in onda lunedì 24 maggio.

Creata da Dick Wolf, Law and Order ha dato origine a due ‘spin off’, Special Victims Unit e Criminal Intent, che hanno superato in audience la ‘serie madre’. I negoziati per consentire
a Law and Order di battere il record di Gunsmoke, un western che andò in onda fino al 1975, sono falliti a una stagione dal primato.

E’ una stagione di sipari pesanti sui piccoli schermi degli Stati Uniti. Domenica finirà ‘Lost’, Abc, lasciando dietro di sé una ridda di misteri irrisolti, tanto la storia s’è complicata per continuare
a essere ‘intelligente’. E la scure dell’audience si abbatte su titoli meno cult, ma comunque popolari: la Abc chiude anche Flashforward e Scrubs, la Nbc pure Heroes. C’entra la crisi, ma c’entra pure l’erosione di modelli e di personaggi.

Law and Order s’era a lungo identificata, nell’area Law, con il pubblico ministero ‘Jack’ McCoy, alias Sam Waterston, già uscito di scena nel gennaio del 2009, dopo 333 apparizioni consecutive –roba che neppure Zoff in A-; era sopravvissuta alla morte di Jerry Orbach, il poliziotto sconfitto, nella vita, dal cancro; e aveva alimentato un'era di produzioni televisive tipicamente newyorchesi, identificandosi con la Grande Mela. E ora la Nbc chiede a Wolf di trasferire la serie a Los Angeles: quasi un’eresia.

Per vent’anni, Law and Order ha raccontato, con lo stesso schema, Americhe diverse: i due volti della giustizia, prima l’ordine, con il delitto e le indagini compiute a ritmo incalzante e con il gioco ‘buono / cattivo’ da due poliziotti; poi la legge, con il procedimento giudiziario. Il finale non era scontato: poteva succedere di tutto, che vincesse l’accusa, dal cui angolo la storia era sviluppata,
o la difesa; che giustizia fosse fatta o che, più raramente, non lo fosse in modo palese. Talora, restava il dubbio: a McCoy e allo spettatore.

Law and Order ha accompagnato e interpretato l’America uscita vincitrice dalla Guerra Fredda, l’America delle interferenze umanitarie internazionali e delle contraddizioni di Bill Clinton, l’America della paura del terrorismo dell’11 Settembre e di George W. Bush, l’America
della speranza di Barack Obama. Ha preso spesso i suoi casi a prestito dalle cronache più crude;
ha avuto i volti di poliziotti uomini e donne, multietnici, irlandesi e neri, italo-americani e ispanici, ‘vecchio stile’ e tecniche moderne.

La morale era quella che ti aspetti: il delitto non paga (quasi mai). Ma poliziotti e magistrati di Law and Order, anche perché vivevano a New York, erano più democratici e più progressisti della media dell’Unione: la pena di morte era bandita –nello Stato di New York non esiste-; i sospetti erano trattati con durezza, ma con correttezza; le leggi speciali anti-terrorismo erano applicate con riserve. A un certo punto, un procuratore generale troppo ‘liberal’ venne sostituito da Fred Thompson, attore ed ex senatore repubblicano, che progettò di fare della partecipazione alla serie il trampolino di lancio verso la Casa Bianca nelle primarie 2008: operazione fallita.

Per difendere il suo telefilm, New York s’è mobilitata: non solo gli attori e la gente di spettacolo, molti dei quali riescono a mantenersi a Broadway grazie al lavoro assicurato da Law and Order,
ma anche un’intera micro-economia cittadina, che sarà compromessa. Lo show e i suoi spin-off danno lavoro, direttamente o indirettamente, ad almeno 8.000 persone, con un giro di affari per le varie società coinvolte di circa un miliardo di dollari.

Per la Abc, Law and Order è stata una gallina dalle uova d’oro. Ma ora ha un pubblico di appena otto milioni di spettatori, la metà dell'audience di dieci anni or sono. La sentenza di morte, l’unica mai pronunciata in 456 puntate, pare senza appello. Però, c’è già chi ipotizza, senza conferme, traslochi nel mondo minore delle tv via cavo.

SPIGOLI - Roma torna caput mundi

Scritto per Il Fatto Quotidiano nel 23/05/2010

La Città Eterna vuole tornare a essere Caput Mundi. Ma come?, non lo è sempre stata? Articolo e photogallery a supporto della sua tesi, il Financial Times sostiene che Roma “è più conosciuta per le sue rovine” antiche e per i suoi tesori rinascimentali e barocchi che per l’arte contemporanea. Così, per colmare il ritardo, sono stati spesi almeno 150 milioni di euro. Risultato, venerdì prossimo il gotha dell’arte, e dello show-bizz, mondiale sarà all’apertura del Museo nazionale dell’Arte del XXI Secolo, il Maxxi, disegnato al Flaminio da Zaha Hadid. Con un pizzico di malignità e di scetticismo, FT nota che il Maxxi è, per dimensioni, la metà del New York's Museum of Modern Art, ma ammette che la festa del 28 sarà il maggiore appuntamento di questa stagione artistica. In realtà, si tratta di una sorta d’inaugurazione bis, perché un primo assaggio del nuovo museo era già stato offerto a un pubblico selezionato l’autunno scorso. Ma questa volta ci saranno proprio tutti, Sofia Loren e Miuccia Prada, i Borghese e gli Aldobrandini, quelli che hanno qualcosa da fare e quelli che hanno solo da farsi vedere. Il pubblico avrà accesso dal 30 maggio. Roberto Casiraghi, il direttore, ha ambizioni chiare: "Roma, Caput Mundi, ecco quell che vogliamo essere".

sabato 22 maggio 2010

Legge bavaglio: Corte europea diritti uomo pronta a esame ricorso Sky

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 22/05/2010

La Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo è pronta a vagliare i ricorsi che arriveranno dall’Italia contro il disegno di legge sulle intercettazioni. Ma una delle condizioni di ricevibilità è che, prima, tutte le vie di ricorso interno siano state espletate ed esaurite. In linea di massima, dunque, e fatte salve circostanze straordinarie, perché un ricorso di Sky contro la ’legge bavaglio’ sia giudicato ricevibile bisognerà attendere che il gruppo televisivo di Rupert Murdoch abbia prima portato il caso di fronte a un tribunale italiano, salendo tutti i gradi del giudizio. Una volta esaurito senza successo l’iter nazionale, ci sono sei mesi di tempo per adire la Corte di Strasburgo.

Solo negli ultimi quattro anni, la Corte s’è pronunciata su almeno 80 casi riguardanti la libertà d’informazione e, in particolare, la protezione delle fonti giornalistiche, uno solo dei quali riguardava l’Italia, che ne uscì condannata. Nei casi che superano l’ammissibilità, la Corte tende a pronunciarsi a favore dei ricorrenti, e quindi a sanzionare una violazione dell’articolo 10. Neppure venti casi, cioè meno di uno su quattro, dalla metà del 2006 a oggi, hanno visto assolto lo Stato sotto accusa. Recentemente, al Corte s’è pronunciata a favore del Financial Times e contro il governo britannico, in un caso che ha destato scalpore e che fa giurisprudenza.

Giovedì, Sky Italia aveva annunciato l’intenzione di chiedere l’intervento di tutte le autorità internazionali competenti, ivi compresa la Corte di Strasburgo, contro il disegno di legge sulle intercettazioni, le cui norme rappresentano –a giudizio della televisione di Murdoch- “un grave attacco alla libertà di stampa e di espressione” e, soprattutto, costituirebbero “un’anomalia a livello europeo”.

La giurisprudenza della Corte di Strasburgo, che non è un’istituzione dell’Ue, sulla libertà di stampa e sulla protezione delle fonti giornalistiche è robusta, con sentenze diverse a seconda dei casi. Richiesti di un parere per analogia fra il provvedimento italiano e casi già discussi, i funzionari della Corte si trincerano dietro il fatto di non avere ancora letto il disegno di legge.

La Corte, presieduta dal francese Jean-Paul Costa, ha avuto di recente grande notorietà in Italia per un parere, in fase di riesame, sul Crocifisso nei luoghi pubblici e ha spesso condannato l’Italia, specie per l’anomala lunghezza dei procedimenti giudiziari, in base all’asserto che una giustizia (troppo) lenta è una giustizia negata

La Convenzione europea per la salvaguardi dei diritti dell’uomo fu firmata a Roma il 4 novembre 1950: se ne sta per celebrare in pompa magna il 60.o anniversario con un convegno in programma a Palazzo Barberini, dove si prevede la presenza del ministro della giustizia Angelino Alfano.

L’articolo 10, che protegge la libertà di espressione e quindi di stampa in tutti i Paesi che aderiscono alla Convenzione, afferma che ognuno ha diritto alla libertà di espressione e che tale diritto include la libertà di esprimere opinioni e di ricevere e diffondere informazioni e idee senza che le autorità possano interferire e senza che le frontiere possano costituire una barriera. L’esercizio di tali libertà può però essere soggetto a regole, condizioni, restrizioni e sanzioni in base alla legge e nella misura in cui esse sono necessarie in una società democratica, nell’interesse della sicurezza nazionale, dell’integrità territoriale e della salute pubblica, per prevenire disordini o crimini, per proteggere la salute o la morale, per tutelare la reputazione o i diritti altrui, perché non siano diffuse informazioni ottenute in segreto o per mantenere l’autorità e l’imparzialità del potere giudiziario.

Legge bavaglio: le preoccupazioni degli Usa

Scritto per il Fatto Quotidiano del 22/05/2010

“Non vorremmo mai che accadesse qualcosa che impedisse ai magistrati italiani di continuare a fare l’ottimo lavoro finora svolto: le intercettazioni sono uno strumento essenziale per le indagini”, specie nella lotta alla mafia. Forse, Lanny A. Brauer, sottosegretario alla giustizia dell’Amministrazione Obama, con delega alla criminalità organizzata internazionale, non si rende neppure conto d’intervenire a gamba tesa, con queste dichiarazioni, nelle polemiche italiane e ormai internazionali sulla ‘legge bavaglio’. E, infatti, Brauer, in Italia per colloqui sulla lotta al crimine, insiste: “La legislazione italiana finora è stata molto efficace”.

Il sottosegretario Usa sottolinea “l’eccellente cooperazione” tra autorità e inquirenti dei due Paesi nella lotta al crimine: “L’Italia ha fatto grandi progressi nel condurre le indagini e nel perseguire i gruppi mafiosi operanti entro i suoi confini”, anche se, insieme, “possiamo e dobbiamo fare di più”. Brauer non solleva il problema della libertà di stampa. E, quando s’accorge di essere spinto lontano, precisa: “Non spetta a me entrare nel merito di decisioni che riguardano l’Italia. E non conosco i provvedimenti in discussione”.

Ma polemiche e critiche su questo aspetto del provvedimento sulle intercettazioni hanno ormai una dimensione mondiale. La stampa se ne occupa con toni duri. In Francia, Nouvel Obs scrive che “media e magistrati italiani sono contrari alle limitazioni sulle intercettazioni”; in Spagna, El Pais e Abc fanno muro contro il disegno di legge; in Gran Bretagna, il Financial Times dà rilievo alla sfida di Sky Italia, la tv italiana dell’editore australiano Rupert Murdoch, contro “la legge Berlusconi”.

Il passo di Sky presso la Corte europea dei diritti dell’uomo, che ha sede a Strasburgo, deve ancora concretizzarsi: ci vorrà tempo perché esso possa essere avviato, bisognerà prima attendere l’esaurimento delle possibilità di ricorso nazionali. Da Bruxelles, la Commissione europea ricorda che non ha l’abitudine di commentare “disegni di legge in corso di elaborazione” e dice che “non farà un’eccezione in questo caso”. Il portavoce Olivier Bailly afferma: “Non abbiamo ricevuto nessuna protesta e non facciamo nessun commento”. Del resto, sulle violazioni dei diritti dell’uomo, la competenza è della Corte di Strasburgo e non degli organi dell’Ue.

A rispondere alle sollecitazioni dei giornalisti è la Freedom House, l’associazione no profit Usa che ogni anno pubblica una classifica mondiale della libertà di stampa: nell’ultima, l’Italia figura al 72o posto, in barba alle dichiarazioni di Mr B che qui da noi c’è troppa libertà di stampa. Una posizione destinata a peggiorare, se la ‘norma bavaglio’ dovesse passare. Karin Karkekar, di Freedom House, dà un’intervista alla Bloomberg: il disegno di legge italiano “penalizza la stampa ed è contrario agli standard internazionali, perché “potrebbe punire i giornalisti per avere riportato un’informazione pubblicamente disponibile o notizie che sono di pubblico interesse”. Per la Karlekar, ‘’Le misure con sanzioni così dure per i giornalisti sono fuori linea con le norme predominanti, che tendono a depenalizzare le pratiche illegali della stampa”.

Le dichiarazioni di Brauer rischiano di tradursi in uno screzio tra Italia e Stati Uniti, anche perché il ministro degli esteri Franco Frattini si schiera, invece, in prima linea nella difesa del disegno a’nti-intercettazioni’: “Tanti italiani –afferma- hanno sofferto la barbarie di vedere notizie private apparire sulla prima pagina dei giornali senza nessun filtro, una barbarie che deve finire”. Dopo di che, Frattini tira fuori una frase che dovrebbe rassicurare gli Stati Uniti: “Tutto quello che servirà per combattere le mafie, intercettazioni incluse,m non sarà né toccato né ridotto”.

La questione non è emersa, ieri, nell’incontro che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha avuto, al Quirinale, con il presidente della Commissione europea Josè Manuel Durao Barroso, presente il ministro delle politiche comunitarie Stefano Ronca. Ma potrebbe, invece, avere un’eco nella missione che Napolitano sta per intraprendere a Washington, dove, martedì, accompagnato proprio dal ministro Frattini, sarà ricevuto alla Casa Bianca dal presidente statunitense..

Barack Obama pare avere una considerazione particolare per quel vecchio comunista italiano che, l’estate scorsa, a Roma per il Vertice del G8, salutò come “un leader mondiale”, ringraziandolo
“per la sua leadership”.

Primo dirigente del Pci a sbarcare negli Usa 32 anni or sono, Napoletano continua a interessare
gli americani e a goderne la fiducia. La visita a Washington era prevista dopo l’estate, ma è stata anticipata su richiesta di Obama, e in tempi stretti: il presidente Usa vuole capire che cosa accade nell’Europa dei leader pavidi nella difesa della propria moneta. E, magari, vuole anche capire che cosa succede in Italia, tra scandali, corruzioni e ‘leggi bavaglio’.

Giampiero Gramaglia