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mercoledì 3 agosto 2016

Libia: nei comunicati ufficiali, la guerra d'agosto è una blitzkrieg

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 03/08/2016 

Nei bollettini ufficiali, la guerra d’agosto somiglia alla Blitzkrieg, la guerra lampo di tetra memoria: il giorno dopo i primi raid aerei Usa contro le postazioni jihadiste nella loro roccaforte libica, Sirte, le truppe del governo di unità nazionale Fayez al Serraj annunciano di essere riuscite ad avanzare nella città, conquistando il quartiere centrale di Al-Dollar.

Negli scontri con i guerriglieri del sedicente Stato islamico, sono caduti cinque soldati governativi e 17 sono rimasti feriti. L’offensiva per strappare Sirte agli uomini del califfo, che la tengono da oltre un anno, dal giugno 2015, è in corso da maggio. Dall'inizio delle operazioni oltre 300 soldati sono stati uccisi e oltre 1.500 sono rimasti feriti. Non si hanno stime attendibili delle perdite jihadiste.

 La caduta della città sulla costa, dove Gheddafi nacque e venne ucciso, sarebbe un colpo per l’Is, che sta già subendo rovesci sui fronti siriano ed iracheno. Gli jihadisti, che a un certo punto qui sarebbero stati alcune migliaia, si sarebbero ridotti a un migliaio, se non a poche centinaia: cifre che variano a seconda delle fonti e su cui il ministri degli Esteri italiano Gentiloni ha più volte mostrato scetticismo: i conti della guerra e quelli della propaganda non sempre tornano.

Scattata in un momento di torpore dell’opinione pubblica americana ed europea, e mentre la paura del terrorismo ottunde le resistenze all’intervento armato, la guerra dei raid in Libia è nel filone degli interventi militari ‘stile Obama’: in Pakistan, in Iraq, in Siria – in Afghanistan, il quadro è diverso perché restano militari sul terreno-, il nemico si combatte dal cielo, con raid e droni. Operazioni raramente decisive, ma che sono un paravento dietro cui schivare le accuse d’inazione – ma il tema è già diventato polemica elettorale tra Hillary Clinton e Donald Trump -.

 Obama ha per il momento autorizzato operazioni per 30 giorni. Sette i raid già compiuti. L’obiettivo è conseguire la stabilità della Libia e stemperare la crisi dei migranti.

 In questo caso, però, i raid risuscitano rivalità interne libiche e divisioni occidentali e non passano in proiezione la prova dell’Onu. Il Parlamento libico eletto, che siede a Tobruk e che non ha ancora riconosciuto il governo al Serraj, ritiene “inaccettabile l’intervento straniero” e giudica la richiesta da parte del premier “una violazione della Costituzione e dell'accordo politico". Il presidente dell’Assemblea Aguila Saleh, intervistato da Sky News Arabiya, chiede piuttosto “sostegno e aiuto alle nostre forze armate, guidate dal generale Haftar, nella lotta al terrorismo".

La Francia riafferma a denti stretti il "pieno sostegno" al governo al Serraj, che la scorsa settimana aveva chiesto conto della presenza in Cirenaica di commando francesi a fianco delle forze di Haftar appoggiate pure dall’Egitto. Ma Parigi mantiene un atteggiamento ambivalente: con il governo d’unità nazionale, ma non contro il Parlamento di Tobruk.

La Russia, alleata di fatto dell’Occidente nella guerra al terrorismo, boccia i raid: l’inviato di Mosca in Libia Ivan Molotkov li bolla come “illegali”. Il Pentagono replica citando il diritto all’autodifesa contro i terroristi. Su queste basi, un confronto nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu non promette bene, anche se fonti del Palazzo di Vetro giudicano l’azione americana “in linea con le risoluzioni.

L’Italia, nelle parole del ministro Gentiloni, si augura che l'intervento Usa in Libia sia "risolutivo”: Daesh a Sirte “è concentrato in 4-5 compound" e sradicarlo "sarebbe una messaggio molto forte contro il terrorismo e per la stabilizzazione della Libia", cui le autorità di Roma sono interessate perché "il 90% dei migranti in Italia arrivano dalla Libia". In una telefonata con al Serraj, Gentiloni ribadisce la disponibilità ad aiuti umanitari.

Oggi, le questioni intrecciate dei raid americani, della richiesta libica e del coinvolgimento italiano saranno discusse in Parlamento. Sull’eventuale utilizzo delle basi italiane, specialmente Sigonella, da parte dei caccia Usa impegnati nei raid, il ministro ha detto: "Valuteremo se ci saranno richieste; e, se prenderemo una decisione in questo senso, ne daremo informazione al Parlamento".

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