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martedì 31 maggio 2016

Usa 2016: Donald & Hillary, messaggio all'Europa 's'impegni di più'

Intervista raccolta da Angelo Sferrazza per 'le Fiamme d'Argento', rivista dell'Associazione Nazionale Carabinieri, numero di marzo/aprile 2016

“O per la prima volta una donna, esperta di politica come pochi al mondo per essere stata first lady, senatrice, segretaria di Stato e già candidata alla nomination. O di nuovo un uomo espressione d’un’America bianca ormai minoritaria, totalmente digiuno di politica non avendo mai ricoperto un ufficio pubblico. Questa è l’alternativa tra Hillary Clinton, democratica ‘doc’, e Donald Trump, repubblicano atipico”, verso le elezioni presidenziali Usa l’8 novembre.

E’ la sintesi di Giampiero Gramaglia, giornalista, già corrispondente da Washington, che racconta Usa 2016 sul suo blog www.gpnewsusa2016.eu e che è autore dell’ebook ‘Usa 2016, alla fine rimasero in due Hillary e Donald’. Lo abbiamo intervistato.

La stagione delle primarie si avvia a conclusione, verso le convention di luglio che sanciranno le nomination. I giochi sono fatti?

“Fra i democratici, la vittoria della Clinton è acquisita ed è già stata riconosciuta dal suo rivale Bernie Sanders, senatore del Vermont che si autodefinisce ‘socialista’ e che resta in corsa perché vuole spostare a sinistra la piattaforma del partito alla convention”.

“Fra i repubblicani, Trump è nettamente avanti, ma i rivali superstiti, il senatore del Texas Ted Cruz, ultra-conservatore, e il governatore dell’Ohio John Kasich, moderato, non mollano. Il magnate e showman, alfiere dell’anti-politica, divide i repubblicani, ma suscita anche consensi entusiastici: nessuno aveva mai avuto tanti voti alle primarie”.

La Clinton o Trump, che cosa cambierà per l’Europa?, e per l’Italia?


“Nella campagna americana, si parla poco d’Europa e per nulla d’Italia, salvo incursioni di Renzi pro-Hillary e di Salvini pro-Trump. Con la Clinton, cambierà poco e nulla, rispetto agli otto anni della presidenza Obama. Trump promette una politica estera muscolare, ma al contempo predica una sorta di neo-isolazionismo. Su un punto sono entrambi d’accordo: gli europei devono fare e pagare di più per la sicurezza comune”.

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