Scritto per Il Fatto Quotidiano del 26/08/2011
Jibril chiede e Berlusconi sgancia senza abbozzare. Anzi, Mahmoud Jibril, capo del governo del Consiglio nazionale transitorio di Bengasi, Mahmoud Jibril, non deve neppure chiedere troppo, perché il presidente del Consiglio italiano lo previene con una pletora di concessioni. A Milano, in Prefettura, Jibril, che, ieri, a Parigi, aveva visto il presidente francese Nicolas Sarkozy, appare soprattutto preoccupato degli impegni finanziari cui la ‘nuova Libia’ deve fare fronte: l’incontro con Berlusconi si svolge nella tarda mattinata e dura poco più di un’ora, ma è denso di risultati.
Mentre a Tripoli e altrove in Libia si combatte ancora, Gheddafi resta uccel di bosco e la vicenda del sequestro di quattro giornalisti italiani si conclude presto e bene, il premier del Cnt sostiene che il rischio di destabilizzazione sarebbe forte soprattutto se i salari e i servizi (infrastrutture, scuole, sanità, trasporti, energia, etc.) non fossero ripristinati in fretta: la Libia, ha spiegato Jibril, ha bisogno di aiuti urgenti, “soprattutto per quelle persone che da mesi non sono retribuite”, fra cui anche militari e apparati di sicurezza, specie quelli nel campo degli insorti. E il premier si rivolge all’Occidente. “Dateci una mano”.
Di fronte all’emergenza, il Cavaliere gioca d’anticipo sull’Onu e sull’Ue, che proprio in queste ore stanno discutendo come sbloccare gli averi libici congelati: l’Italia mette sul tavolo una prima fetta di aiuti, 350 milioni di euro freschi (o quasi). Perché, spiega il ministro degli esteri Franco Frattini, si tratta solo di un anticipo sullo sblocco dei beni libici nelle banche italiane: un modo per aggirare le lungaggini delle autorizzazioni delle organizzazioni internazionali.
Tramite l’Eni, inoltre, l’Italia fornirà il gas e la benzina di cui la popolazione libica ha bisogno, senza farselo pagare subito. L’amministratore delegato dell’Eni Paolo Scaroni non indica quantità, ma precisa che le consegne ore fatte saranno pagate “in futuro” con forniture di petrolio e gas libici. Un’intesa in tal senso sarà formalizzata lunedì a Bengasi: essa prevederà, inoltre, da parte dell’Eni, forme di assistenza tecnica al Cnt per rimettere in funzione il più presto possibile le installazioni petrolifere nell’est del paese. Scaroni indica che le forniture di gas riprenderanno per prime, mentre quelle di petrolio potrebbero richiedere tra i 6 e i 18 mesi.
L’Italia e la Libia, inoltre, creeranno “un comitato di collegamento” dove concordare risposte rapide alle esigenze libiche in questa fase di transizione e di confusione. Frattini ne sarà a capo per l’Italia: obiettivo, “affrontare senza burocrazia e in modo duttile e rapido le esigenze della ricostruzione”.
Il governo Berlusconi, insomma, non vuole cedere il passo alla Francia e alla Gran Bretagna, che co-presiederanno la conferenza degli amici della Libia il 1.o settembre, a Parigi, nella corsa a chi sarà il migliore amico della nuova leadership. E, per farsi perdonare il peccato originale di essere stato il miglior amico del colonnello Gheddafi, oltre che le esitazioni sull’atteggiamento da tenere all’inizio dell’insurrezione, il Cavaliere punta a che l’Italia sia il paese “che dà di più alla Libia”. Nel contempo, Bengasi si mostra rassicurante verso le imprese che operano laggiù: l’accordo d’amicizia del 2008, ora sospeso, resta valido e “le nuove autorità rispetteranno tutti i contratti”. Roma non vuole neppure lasciare a Parigi e Londra la supremazia militare: se mercoledì s’era saputo che forze speciali francesi, britanniche e del Qatar operano sul terreno in Libia, ieri Frattini ha rivendicato la presenza da due mesi a Bengasi di addestratori italiani.
Jibril, per il momento, accetta l’amicizia di tutti: ringrazia, si dice pronto a negoziare con i lealisti e dà assicurazioni che gli insorti non indulgeranno a vendette e rivalse. Poi, parte per Istanbul, dove c’è una riunione del Gruppo di Contatto. E nel fine settimana sarà a un incontro della Lega araba.
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