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mercoledì 31 agosto 2011

Libia: Gheddafi, la caccia, un remake di Osama e Saddam

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 31/08/2011

Lo danno dovunque, ma non lo prendono mai da nessuna parte: nel suo bunker e sulla Piazza Verde; alla Sirte e in Algeria; cento chilometri a sud-est di Tripoli e “in un buco nel deserto”. Da quando, domenica 21 luglio, Tripoli è nelle mani dei ribelli, il dittatore Muammar Gheddafi è una primula rossa: gli insorti e, dal cielo, gli aerei della Nato cercano di snidarlo, o di ammazzarlo, per ora senza successo.

Accadeva lo stesso con Osama bin Laden, il capo di al Qaida. Dopo l’invasione dell’Afghanistan e il rovesciamento del regime dei talebani, gli americani credevano d’averlo imbottigliato nel dicembre 2001 fra le montagne di Tora Bora, lungo il confine con il Pakistan. Non s’è mai saputo con certezza se Osama fosse davvero lì, ma lo videro fuggire a piedi, a dorso di mulo, in sella a una moto. A conti fatti, non lo presero; e ci sono voluti altri nove anni e mezzo perché la caccia al terrorista si concludesse, il 1.o maggio di quest’anno, in Pakistan ad Abbottadab.

E accadeva lo stesso a Saddam Hussein, il rais iracheno: caduta Baghdad e abbattute le sue statue, il 9 aprile 2003, devastati i suoi palazzi e presi molti dei suoi fidi, Saddam riuscì a sottrarsi alla cattura per oltre otto mesi, fino al 14 dicembre, quando due soldati americani lo scovarono, quasi per caso, in un buco nel terreno vicino a Tikrit, la sua città, a nord della capitale. Prima, due suoi figli, Udai e Qusai, e un ragazzino di quest’ultimo, 14 anni, erano caduti in un conflitto a fuoco a Mosul.

Le latitanze di Saddam e di Osama durarono a lungo, malgrado le taglie cospicue poste dagli Usa sul loro capo –fino a 25 milioni di dollari, per il terrorista-. Nulla a che vedere con gli ‘appena’ due milioni di dinari, neppure 1,5 milioni di euro, promessi a chi consentirà di prendere Gheddafi “vivo o morto”. Dopo l’insurrezione e durante il conflitto, il colonnello dittatore ha più volte sfidato gli insorti e gli aerei della Nato, comparendo in pubblico, persino sulla Piazza Verde, o mostrandosi in tv.

Ma è soprattutto dal 21 agosto che Gheddafi e i suoi figli eludono la caccia dei ribelli e si fanno beffe degli annunci di cattura e/o di uccisione. Ricostruiamo alcuni degli episodi salienti:

22 agosto – Seif al-Islam, figlio del dittatore, dato per catturato con due suoi fratelli, si fa intervistare da Cnn e Bbc e, con un blindato, fa una capatina all’hotel dei giornalisti, affermando che suo padre è a Tripoli.

23 agosto – I ribelli razziano il quartier generale del regime a Bab al-Aziziya. Del colonnello nessuna traccia. Gheddafi annuncia d’averlo lasciato “per ragioni tattiche” e, in messaggi audio, sostiene di avere passeggiato in incognito per le vie della capitale.

25 agosto – Il dittatore, in un messaggio audio, invita alla resistenza. La Libia, afferma, “non è né della Francia né degli Stati Uniti”.

27 agosto – Un convoglio di sei Mercedes blindate entra in Algeria: a bordo, si ipotizza, Gheddafi con familiari e funzionari. Algeri smentisce, mentre il Cnt intima al colonnello di consegnarsi, “o rischia un’esecuzione sommaria”.

28 agosto – Il dittatore è alla Sirte, la sua roccaforte, dicono fonti Nato, mentre i ribelli puntano sulla città. Gheddafi fa sapere di essere pronto a trattare la transizione dei poteri. Il Cnt replica: “Prima arrenditi”.

29 agosto - Gheddafi è a cento km a sud-ovest di Tripoli con il figlio Saadi, dicono fonti diplomatiche; il resto della famiglia è in Algeria. Il figlio Khamis sarebbe stato ucciso da un elicottero Nato –notizia tuttora incerta-, vicino a Tarhouna, 80 km a sud di Tripoli. Pure ucciso nello stesso episodio, forse, Abdallah Senoussi, capo dell’intelligence.

30 Agosto – Algeri ammette di avere accolto familiari di Gheddafi: la moglie, due figli –Hannibal e Mohamed- e la figlia Aicha, che dà alla luce una bimba, Safia. Il Cnt critica l’Algeria e vuole la consegna dei congiunti del dittatore.

30 Agosto – Napoli, la Nato dice che Gheddafi riesce ancora a guidare le truppe a lui fedeli.

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