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venerdì 20 febbraio 2015

Libia: le ambiguità del Qatar incrinano fronte arabo

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 20/02/2015

Uno screzio tra il Qatar e l’Egitto viene a rompere l’unità di facciata del mondo arabo istituzionale e ‘moderato’ schierato a fianco dell’Occidente contro il terrorismo integralista delle milizie jihadiste. Intanto, a Washington, si consuma il rito del vertice per la sicurezza voluto dal presidente Obama: lì, le preoccupazioni per la Libia restano in secondo piano, come lo sono nell’agenda americana.

Obama sceglie il dialogo, non la minaccia: “Siamo uniti contro la piaga del terrore. Ma è falso dire che l’Occidente sia in guerra contro l’Islam”. Quasi con uno sberleffo, gli informatici del Califfo creano l’hashtag "Stiamo arrivando a Roma", intercettato dal Site che traccia i terroristi sul web.

Il delegato egiziano alla Lega araba Tariq Adel definisce il Qatar un sostenitore del terrorismo. E Doha richiama in patria per consultazioni l’ambasciatore al Cairo. L’accusa non è nuova: il Qatar avrebbe sostenuto e continuerebbe ad appoggiare, anche attraverso l’azione mediatica di al Jazira, l’estremismo integralista. Souad Sbai, giornalista e scrittrice esperta di mondo arabo, sostiene: “Dalle Primavere arabe a oggi, la mano di Doha dietro alle rivoluzioni e all’ascesa jihadista è sempre stata fortissima, non solo oggi in Libia, ma già prima in Siria, Tunisia ed Egitto".


Il Qatar –è la tesi- "controlla moschee, ufficiali e fai da te, centri culturali, organizzazioni e persino ospedali con un flusso di fondi incontrollato. Per bloccare il proliferare del radicalismo e prevenire lo jihadismo, occorre affamare la bestia bloccando chi le dà nutrimento. La guerra al terrorismo dev’essere prima di tutto di natura economica e finanziaria, perché la jihad senza denaro non si può fare".

Parole che rimbalzano a Washington, alla conferenza contro l’estremismo e il fanatismo religioso, dove la coalizione anti-terrorista appare forte d’una sessantina di Paesi. Quella contro gli jihadisti dello Stato islamico è "la terza guerra mondiale", afferma il ministro degli Esteri giordano Judeh: "Questi terroristi hanno dimostrato di non avere limiti per quanto riguarda brutalità, barbarie e ferocia. Per quanto tempo ancora il mondo permetterà loro di crescere ed espandersi?".

Per l’Alto Rappresentante dell’Ue per la politica estera e di sicurezza, Federica Mogherini, sarebbe “questione di giorni e non di settimane”. La Mogherini si riferisce a una soluzione alla crisi libica: “E’ chiaro che dobbiamo affrontare il terrorismo dall’angolo della sicurezza interna, ma dobbiamo innanzitutto risolvere il caso della Libia”, che “sta per esplodere”.

A margine del vertice di Washington, l’Unione europea, fuori da tutti i giochi negli ultimi giorni, innesca un incontro sulla Libia con il segretario di Stato Usa Kerry, il ministro degli Esteri egiziano Shukry e il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. La Mogherini vi illustra il suo progetto, che suona ottimista: “un più pieno sostegno di tutti gli attori internazionali e regionali a che il dialogo interno libico porti a un governo di unità nazionale". ".

Sul terreno, non pare ci siano i presupposti. Le Brigate di Misurata, islamiste e che si battono contro il governo legittimo del premier al-Thani, ma pure contro gli integralisti del Califfato, annunciano che Sirte "è circondata" e invitano gli abitanti della città ad "allontanarsi dai luoghi dove si concentrano" i miliziani, che sono "obiettivi di bombardamenti".

Sarebbe imminente un assalto della "Brigata 166", forte di 2.800 uomini, per liberare la località dagli jihadisti. Il che significa che, nonostante l’offensiva degli islamici, gli integralisti hanno preso il "completo controllo” della città, occupando l’Università e gli edifici pubblici che erano ancora fuori dal loro controllo.

E l'Egitto sta pianificando nuovi raid aerei contro le posizioni dello Stato islamico a Derna e a Sirte. Incntrando, mercoledì, i comandanti militari al valico di frontiera di Salloum, il presidente al Sisi, un generale, ha pianificato le ulteriori azioni. Anche nelle prossime incursioni, i caccia egiziani saranno accompagnati da quelli libici fedeli al governo rifugiato a Tobruk. La notizia del rapimento di una dozzina di egiziani a Tripoli viene diffusa dal Cairo, ma poi smentita.

Ma, Egitto a parte, il disegno di un intervento militare internazionale in Libia non suscita consensi. Il presidente tunisino Essebsi vuole favorire la stabilità della Libia e cercare una soluzione politica alla crisi, ma è contrario a un intervento armato straniero. "La Tunisia sosterrà gli sforzi per trovare una soluzione politica alla crisi libica attraverso il dialogo e il consenso fra tutte le parti".

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