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sabato 16 aprile 2016

Germania/Turchia: Erdogan ordina, la Merkel esegue, la satira è censurata

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 16/04/2016

Ci sono Paesi dove i comici e gli showman diventano leader politici e, magari, si vedrà, presidente; e Paesi dove ci provano senza riuscirci, come in Francia Coluche, e poi cambia il vento e se fai satira sul terrorismo di ritrovi indagato e arrestato, come Dieudonné; e Paesi dove nessuno fa satira perché non è proprio aria. E poi ci sono Paesi dove, se sei un comico, ti ritrovi sotto processo perché hai fatto la satira di un leader straniero autoritario e repressivo, che conculca la libertà d’espressione in patria, manipola la lotta al terrorismo, fa affari con il califfo, baratta gestione dei rifugiati e aiuti.

Un Paese così lo cerchereste, sulla carta geografica, lungo i confini dell’ex Impero sovietico o là dove, nel Mondo arabo, teocrazia e oscurantismo ancora s’intrecciano. Affondato? Macché, acqua! Andate a cercarlo nel cuore dell’Europa dei valori e dei diritti: è la Germania di Angela Merkel, cancelliera compassionevole, che ha aperto le porte a oltre un milione di rifugiati siriani nel 2015 e che ora apre, metaforicamente, ma non troppo, le porte della galera a un comico della Zdf, una sorta di Rai, Jan Boehmermann, reo di avere composto e diffuso una poesia satirica sul presidente turco Recep Tayyip Erdogan. C’è il rischio di una condanna a cinque anni.

L’annuncio ufficiale è venuto ieri, dalla stessa cancelliera. Ma è stata una decisione collegiale, non il colpo di testa, o di sole, di un’unica persona: un comunicato precisa che la decisione è stata presa e condivisa dal vice-cancelliere Sigmar Gabriel, socialdemocratico, e dai ministri di Esteri, Interno e Giustizia. Anche se non tutti erano proprio convinti: la stampa tedesca attribuisce al responsabile degli Esteri Frank-Walter Steinmeier, socialdemocratico anch’egli, forti esitazioni.

Ora, va detto che la decisione era quasi obbligata, perché il paragrafo 103 del codice penale tedesco prevede, in caso di denuncia di un capo di Stato estero per offese ricevute, che il governo autorizzi un procedimento penale. E va anche aggiunto che la Merkel ha già impegnato il governo ad abolire quel paragrafo del codice penale.

Però, ha pure spiegato la cancelliera, in uno Stato di diritto, non tocca al Governo vagliare il confine tra diritto della persona e libertà di opinione e di espressione artistica, ma alla procura e ai tribunali. E l’autorizzazione del governo non significa in nessun modo un giudizio di condanna preventivo.

Ma, pur con tutti questi distinguo, la decisione suona lo stesso male. Tant’è che la stessa Merkel l’ha bilanciata con un palese sgarbo al governo turco: oggi, non sarà a Kilis, Anatolia meridionale, per l'inaugurazione di un nuovo centro di accoglienza dei profughi provenienti dalla Siria, la cui frontiera dista appena 3 chilometri. Il portavoce della Cancelleria Steffen Seibert non s’è fatto scrupolo di smentire il premier turco Ahmet Davutoglu, che aveva invece annunciato la presenza all’evento “di leader europei, con in testa la signora Merkel” – ma la missione è solo posposta d’una settimana, al 24 aprile, con il presidente del Consiglio europeo Donald Tusk -.

Con il papa a Lesbo, a predicare l’accoglienza, non era proprio il caso di mostrarsi a Kilis, dove, spesso, piovono obici dalle postazioni in territorio siriano del sedicente Stato islamico. La Merkel deve bilanciare, in questo momento, la linea dell’apertura ai rifugiati con le scadenze elettorali – l’anno è fitto di consultazioni regionali – e con la ‘real politik’ nei confronti di Ankara, di cui s’è già fatta paladina nell’Ue a più riprese.

La bussola della cancelliera è il dialogo, quali che siano le tare dell’interlocutore: dialogo con Putin, durante la crisi ucraina; e dialogo con la Turchia, anzi apertura di credito a Erdogan prima del voto del 1° novembre 2015, con una visita da molti giudicata quanto meno inopportuna, e poi appoggio nel negoziato con l’Ue sfociato nell'accordo del 17 marzo, un ‘accordo della vergogna’, di cui, però, la cancelliera è stata mediatore e mallevadore.

Boehmermann, 35 anni e una discreta popolarità, suggeriva, nel suo poema satirico, che Erdogan abbia rapporti sessuali con le capre e guardi film pedo-pornografici mentre reprime le minoranze, prende a calci i curdi e picchia i cristiani. Non è la prima volta che il leader turco va su tutte le furie per un programma televisivo tedesco, ma, questa volta, sfruttando la legge tedesca, ha querelato e chiesto l’incriminazione. Del resto, la giustizia turca s’era già messa in moto autonomamente, dopo avere ricevuto una ventina di querele da parte di cittadini, e la Zdf aveva sospeso la trasmissione.

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