Scritto per Il Fatto Quotidiano del 05/03/2011
Quindici e più anni non bastano a cancellare gli orrori e gli strascichi di una guerra che insanguino’ i Balcani dal 1992 al 1995 e che ha lasciato ferite e recriminazioni aperte nei due campi, dopo avere fatto decine di migliaia di vittime. Se il ‘ricercato numero 1’ di quel conflitto resta il generale serbo bosniaco Ratko Mladic, la cui mancata consegna alla giustizia internazionale è uno degli ostacoli al cammino della Serbia verso l’Ue, la polizia austriaca ha arrestato, giovedi’, all’aeroporto di Vienna, lo Schwechat, il generale bosniaco Jovan Divjak, colpito da un mandato di cattura serbo per crimini di guerra. Il generale stava effettuando uno scalo a Vienna perchè era diretto da Sarajevo a Bologna.
Tra sollecitazioni serbe e proteste bosniache, le une e le altre immediate, il ministero dell’interno austriaco ha confermato che il generale ormai in congedo –ha 74 anni- è stato consegnato all’autorità giudiziaria perchè si pronunci sulla richiesta d’estradizione della Serbia. Ieri, il tribunale di Korneuburg, nella Bassa Austria, ha confermato la detenzione di Divjak per 14 giorni, una decisione contro cui il generale puo’ fare ricorso. Ma l’esame della pratica di estradizione potrebbe richiedere mesi. Manifestazioni più o meno spontanee si sono svolte ieri a Sarajevo davanti alle ambasciate di Austria e Serbia ed altre ne sono annunciate per oggi.
Mentre a Vienna giungono messaggi diplomatici di segno contrastante –la Bosnia denuncia il tentativo di Belgrado di relativizzare le sue responsabilità, la Serbia annuncia la formalizzazione della richiesta d’estradizione-, anche a Belgrado, dove pure Divjak è considerato un traditore, c’è chi critica l’arresto: varie ong sostengono che le autorità serve farebbero meglio ad arrestare e consegnare alla Corte dell’Aja Mladic e anche Goran Hadzic, gli ultimi due criminali di guerra serbi ricercati dalla giustizia internazionale.
Il generale arrestato è uno dei 19 ufficiali bosniaci accusati dalla magistratura serba per l’attacco a una colonna dell’allora esercito jugoslavo a Sarajevo, nel maggio 1992, agli albori del conflitto. Secondo la ricostruzione serba, 42 soldati jugoslavi furono uccisi, 73 feriti e 215 catturati nell’azione lanciata dall’esercito bosniaco contro la colonna jusoslava, nonostante il convoglio fosse scortato da forze dell’Onu e gli fosse stato garantito di potere lasciare la città indenne. Dopo quell’episodio, le forze serbo bosniache cinsero d’assedio Sarajevo per 43 mesi: almeno 14 mila le vittime.
Il mionistero della giustizia serbo ha confermato di avere emesso un mandato di cattura internazionale per Divjak, un serbo che diserto’ dall’esercito jugoslavo dopo il bombardamento di Sarajevo nell’aprile del 1992 e che passo’ alle forze armate bosniache, prevalentemente musulmane, di cui divenne vice-capo di Stato Maggiore.
Lasciata la divisa, Divjak, che in Bosnia gode il rispetto di tutti i gruppi etnici, ha messo su un’organizzazione non governativa, ‘L’istruzione costruisce la Bosnia’, che ha permesso a centinaia di orfani di guerra bosniaci di ottenere borse di studio.
Non è la prima volta che un alto responsabile bosniaco è arrestato all’estero, in esecuzione di un mandato di cattura serbo per fatti che risalgono al conflitto serbo-bosniaco. L’anno scorso, a Heathrow, il maggiore aeroporto di Londra, venne bloccato Ejup Ganic, membro della presidenza di guerra bosniaca, ma una corte britannica lo rilascio’ per mancanza di prove a suo carico. E il sindaco di Tuzla nei giorni del conflitto, Ilija Jurisic, fu arrestato a Belgrado nel 2008 e rilasciato l’anno scorso, dopo oltre due anni di detenzione, anch’egli per mancanza di prove.
La questione dei crimini di guerra commessi nei conflitti dei Balcani negli Anni Novanta continua a trubare i rapporti tra le repubbliche della ex Jugoslavia, in quegli anni nemiche l’una dell’altra. Giovedi’, ad esempio, la Serbia ha lasciato cadere, sempre per mancanza di prove, le accuse mosse contro un croato arrestato in Bosnia su mandato di cattura di Belgrado.
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