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sabato 19 marzo 2011

Libia: venti di guerra, ultimatum a Gheddafi, vattene o ti cacciamo

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 19/03/2011

Venti di guerra ‘alla Kosovo’ sulla Libia. E l’Italia, che della Libia di Gheddafi era l’amica più intima, si scopre il Paese più esposto alle ritorsioni del Colonnello: un Paese sulla linea del fronte, quello che gli aerei libici possono raggiungere più facilmente. Con l’autorizzazione del Parlamento, il governo di Roma intende “aderire alla coalizione dei volenterosi”, una quindicina di Paesi finora pronti a fare rispettare la risoluzione 1973 approvata la scorsa notte dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu: l’Italia non mette a disposizione solo le sue basi , ma anche i suoi mezzi, aerei e navali.

E’ l’ennesima ‘capriola’ di questa crisi: eravamo partiti evitando di telefonare a Gheddafi “per non disturbarlo in un momento difficile”; poi, abbiamo fatto resistenza alle sanzioni internazionali, prima di aderirvi; abbiamo detto no all’azione militare, poi abbiamo parlato di mettere a disposizione delle basi, ora siamo per una partecipazione attiva.

Dicono bene i presidenti. Quello italiano, Giorgio Napolitano: “Nelle prossime ore, ci attendono decisioni difficili. Ma non possiamo rimanere indifferenti alla repressione delle libertà fondamentali” di un intero popolo, “non possiamo abbandonare la speranza di un risorgimento arabo”. E quello americano, Barak Obama, che chiede a Gheddafi “immediatamente” la tregua, la fine dell’assedio alle città della Cirenaica, l’apertura di corridoi umanitari. “Se questo non verrà fatto –dice Obama, con i toni dell’ultimatum- non ci sarà trattativa: useremo la forza per proteggere i civili e riportare la pace” in Libia.

Dicono bene, i presidenti. Ma dicono forse tardi. La comunità internazionale, che a fine febbraio, quando Gheddafi era sulla difensiva e la sua permanenza al potere pareva appesa a un filo, non ebbe la determinazione di dargli la spallata finale, che nessuno, a cose fatte, avrebbe contestato, anche perché “è lecito uccidere il tiranno”, si muove ora, quando è molto tardi e, quando, in ogni caso, le difficoltà dell’operazione sono maggiori, il costo sarà più elevato. Il Colonnello stava perdendo: gli abbiamo lasciato il tempo di riprendersi e lo abbiamo lasciato arrivare a un passo dalla vittoria. Ora, rovesciarne il regime è molto più complicato.

Il D-Day di questa crisi è sempre il giorno dopo: il sì del Consiglio di Sicurezza all’impiego della forza per proteggere i civili, con l’esclusione, però, d’azioni sul territorio libico, sembrava preludere ad azioni immediate, almeno da parte di Gran Bretagna e Francia, che, a parole, paiono tornate ai tempi della crisi di Suez dell’autunno 1956.

Ma non è successo nulla, anche perché la fretta non è mai buona consigliera nelle opzioni militari. E, nell’impasse, Gheddafi gioca la carte del ‘cessate-il-fuoco’: se in Libia non si combatte più, se lui smette di sparare sulla sua gente, manca l’ossigeno all’intervento internazionale, che già nasce azzoppato dall’astensione collettiva, all’Onu, dei Paesi del Bric (Russia e Cina, che però evitano il veto che avrebbe bloccato tutto, e Brasile e India), ma anche dalla divisione in seno all’Ue, con la Germania astenuta sulla mozione franco-britannica.

In un succedersi di evocazioni storiche più o meno felici, il Kosovo, Suez, torna pure la coalizione dei volenterosi, il nome dato ai Paesi che, al di fuori di ogni legalità internazionale, si unirono agli Stati Uniti di George W. Bush nell’attacco all’Iraq nel 2003. Ma le carte sono tutte rimescolate: dentro, stavolta, ci sono la Francia di Sarkozy e la Spagna di Zapatero, che da quella combriccola, invece, si tirò fuori, ed anche alcuni Paesi arabi, dopo che, a chiedere la ‘no fly zone’, cioè l’interdizione di volo sulla Libia, così da intercettare i caccia del rais in missione contro i ribelli, è stata proprio la Lega Araba.

La macchina da guerra anti-Gheddafi è in allestimento, se non proprio in movimento. Oggi, a Parigi, ci sarà un vertice internazionale, l’ennesimo, dopo quello europeo dell’11 marzo e l’incontro dei ministri degli esteri del G8 in settimana: una riunione convocata dalla Francia, che ha la presidenza di turno del G8 e del G20 e che si colloca alla testa della coalizione dei volenterosi.

L’incontro si svolgerà all’Eliseo, presente il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon. Gli Usa ci saranno, come ci sarà David Cameron, il premier britannico, che va a braccetto con il presidente francese in questa fase, e anche Angela Merkel, il cancelliere tedesco, nonostante l’astensione all’Onu. L’obiettivo è stringere un’alleanza fra gli occidentali ‘volenterosi’ e i Paesi arabi ed africani: la Lega araba sarà rappresentata dal segretario generale Amr Moussa, l’Unione africana dal suo presidente Jean Ping.

“Tutto è pronto” per un’azione militare in Libia, ripete il ministro degli esteri francese Alain Juppé. Ma bisogna valutare l’impatto pratico e politico del ‘cessate-il-fuoco’ decretato da Gheddafi. “Non ci lasceremo impressionare dalle parole del Colonnello”, dice il segretario di Stato Usa Hillary Clinton. “Vogliamo vedere come vanno le cose sul terreno”, aggiunge, prima di chiedere ancora una volta a Gheddafi di lasciare il potere. E un suo collaboratore esalta il ruolo che l’Italia può avere nel Nord Africa.

La Nato, intanto, accelera la pianificazione militare in vista di un’eventuale partecipazione a un intervento internazionale sulla Libia, proprio mentre Parigi dice di volerla tenere fuori dall’azione, non giudicandone il coinvolgimento dell’Alleanza in azioni contro un Paese arabo “un segnale positivo”.

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