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mercoledì 22 gennaio 2014

Siria: conferenza di pace, tanti pasticci, poche ambizioni

Scritto per Il Fatto Quotidiano del 22/01/2014

Mesi di faticosi sofisticati preparativi diplomatici; e, proprio la vigilia, un pasticciaccio che rischia di fare saltare tutto. O, forse, no, perché, in fondo, le attese, per questo incontro che mette insieme, per la prima volta, il regime siriano e la galassia dell’opposizione, sono modeste: se va bene, passi avanti sul fronte umanitario –e ce n’è bisogno-. Inutile illudersi che, qui, oggi, scoppi la pace.

L’esclusione dell’Iran, chiesta dagli Stati Uniti e decretata dall’Onu tra lunedì e martedì, consente lo svolgimento a Montreux, in Svizzera, della cosiddetta Ginevra 2, la conferenza di pace sulla Siria. Mosca giudica l’accondiscendenza dell’Onu verso gli Usa “un errore”, ma “non una catastrofe”. E Teheran, facile cassandra, annuncia un fallimento delle trattative in sua assenza. Emma Bonino parla di una “auto-esclusione temporanea”.

Sul terreno, le forze del presidente Assad assistono allo scontro interno all'opposizione tra jihadisti e moderati, che ha già fatto centinaia di vittime. E Damasco si mostra interlocutore affidabile, portando avanti le operazioni di smantellamento degli arsenali chimici: il prossimo mese, l’Italia ne sarà teatro per 16 ore, il tempo del trasbordo a Gioia Tauro da una nave danese a una americana. L’inquietudine nella zona resta alta, nonostante le rassicurazioni del governo.

E il conflitto siriano continua a fare vittime pure oltre le frontiere del Paese. Ieri un attentato a sud di Beirut, in una roccaforte del movimento sciita Hezbollah, ha causato quattro morti e 35 feriti. E’ il sesto in sei mesi e il terzo in un mese contro gli Hezbollah: lo firma il Fronte libanese al-Nosra, costola d’un gruppo siriano vicino ad al Qaeda.

Le ore della vigilia sono state concitate. Lunedì sera, il segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon aveva ritirato l’invito rivolto in extremis all’Iran, dopo le proteste degli Occidentali e la minaccia della delegazione dell’opposizione siriana, già a lungo incerta sul da farsi, di boicottare la riunione.

Washington, Londra e Parigi, tutte favorevoli all'uscita di scena del presidente Assad, volevano che Teheran accettasse l’idea di una transizione democratica. Ma l’Iran appoggia da sempre il regime, nel conflitto che, in quasi tre anni –scoppiò nel marzo 2011, nella stagione delle Primavere arabe-, ha fatto oltre 130 mila vittime.

Ma più che l’enormità della cifra, o lo spettro dell’uso dei gas l’estate scorsa, che portò gli Usa sull’orlo dell’intervento militare, l’immagine di Assad è oggi macchiata dal racconto e dalle foto d’un disertore: detenuti torturati e uccisi a migliaia. Il tribunale dell’Aja sta vagliando il materiale per formulare accuse.

Le polemiche della vigilia esprimono la fragilità del processo di pace. L’invito di Ban a una trentina di Paesi, fra cui l’Italia, affermava esplicitamente che l’obiettivo della conferenza di Montreux è “l’insediamento di un governo di transizione con pieni poteri”, citando le conclusioni di Ginevra I. E per evitare passi indietro su quel punto, la conferenza non dovrebbe adottare un nuovo testo: Ban si limiterà a fare, questa sera, una sintesi dei lavori.

Le discussioni di oggi preparano la riunione di venerdì a Ginevra, presenti solo le due delegazioni siriane e l’inviato speciale dell’Onu per la Siria Lahkdar Brahimi.

I contatti preliminari sono proseguiti fino all'ultimo: ieri sera, un colloquio tra Lavrov e il segretario di Stato Usa John Kerry –e pure una telefonata tra Obama e Putin-, mentre Ban vedeva Brahimi e la responsabile della politica estera europea Catherine Ashton. Lunedì, a Bruxelles, i ministri dei 28 avevano allentato le sanzioni contro l’Iran, nel rispetto dei negoziati sui programmi nucleari iraniani –lunedì, l’Iran ha sospeso l’arricchimento dell’uranio-.

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