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mercoledì 3 dicembre 2014

Russia: petrolio giù, lo zar sull'orlo del crac

Scritto per Il Fatto Quotidiano dello 03/12/2014

La Russia rischia di morire annegata nel suo petrolio, soffocata dal suo gas. L’America d’Obama ed i suoi alleati, spesso tenuti in scacco politicamente da Putin negli ultimi tempi, gli puntano contro l’arma delle sanzioni e dell’energia. E, poi, un petrolio a basso prezzo è “buono per la ripresa”, dice l’Fmi.

C’è anche questo, dietro la guerra Ue/Russia sul South Stream. Stretta nella morsa delle sanzioni per l’Ucraina, del prezzo del petrolio che scende e del rublo che va giù, Mosca taglia drasticamente le stime del Pil per il 2015, da una crescita dell'1,2% a un calo dello 0,8%. Lo dice il vice ministro dell'economia, Alexey Vedev, citato dalla Bloomberg, indicando le sanzioni come "elemento d’instabilità" strutturale e geopolitica. L’inflazione vola al 9%, resterà alta al 7,5% nel 2015.

Il crollo del rublo apre Financial Times e Wall Street Journal, dopo che la valuta russa è scesa sotto quota 54 sul dollaro e ha registrato la peggior caduta intra-giornaliera dalla crisi finanziaria russa del 1998. Per FT,  'Il rublo trema con il crollo del petrolio e cresce la pressione sulla Russia'. WSJ titola 'Il declino del rublo si avvicina al 40%'. E la prospettiva è quella d’un rublo sotto i 50 dollari.

Washington manda alla guerra del petrolio, che può mettere in ginocchio la Russia, l’Arabia Saudita e gli altri suoi amici Opec, che non abbassano la produzione e lasciano calare i prezzi, mettendo pure in difficoltà il Venezuela –altro Paese sulla lista nera degli Stati Uniti-.

Ma la pressione è forte pure dalla Nato, che sostiene che la Russia e i separatisti violano gli accordi di Minsk, mentre Mosca fa notare che Kiev è indietro nei pagamenti dell’energia. Obama telefona al polacco Tusk, appena insediatosi alla presidenza del Consiglio europeo, e parla della crisi ucraina e di “possibili ulteriori azioni necessarie per rispondere all’opera di destabilizzazione compiuta dalla Russia" in Ucraina e Crimea.

E c’è pure l’ipotesi tutta americana di colpire la Russia per la sua cooperazione nucleare con l’Iran, visto che i ‘5+1’ non hanno suggellato l’intesa con Teheran. Mosca mette le mani avanti, giudica una mossa del genere “illegittima” e continua a perseguire un’intesa ‘oil for good’.

L'Arabia Saudita si dice pronta a considerare la possibilità di un taglio delle sue quote produttive, ma soltanto se anche i paesi al di fuori dell'Opec, a partire dalla Russia, aderiranno ai nuovi limiti. Ma Mosca non può oggi rinunciare ai proventi del petrolio e deve anzi pomparne sempre di più, visto che il prezzo scende.

Infatti, la produzione petrolifera mensile in Russia è aumentata, a novembre, arrivando a 10,63 milioni di barili al giorno (43,5 tonnellate), un livello già toccato nel dicembre 2013, il picco dell'epoca post-sovietica. Mosca non ha intenzione di contribuire ad arginare la caduta del prezzo del barile a livello mondiale: il greggio, con il gas naturale, la cui produzione è pure salita a 2 miliardi di metri cubi al giorno da 1,71 di ottobre, costituisce una parte troppo importate del bilancio statale.

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